la Repubblica, 10 novembre 2021
La General Electric si fa in tre
La General Electric si fa in tre, per cercare di sopravvivere e possibilmente generare valore in Borsa. Quella che un tempo era la capofila delle grandi multinazionali manifatturiere americane, ultimo membro originale dell’indice Dow Jones da cui era stata esclusa nel 2018, separerà la sezione sanità e quella energia dall’aviazione. Le prime due diventeranno aziende autonome attraverso lo strumento dello spinoff, mentre la terza resterà come l’attività su cui si concentrerà la compagnia originaria. La speranza è quella di costituire aziende più piccole, specializzate ed efficienti, visto che l’era dei grandi conglomerati sembra ormai finita, e nello stesso tempo recuperare terreno a Wall Street, dove in genere questo tipo di operazioni viene visto di buon occhio dagli investitori.
Fondata nel 1892 a Schenectady, nello stato di New York, la Ge ha una storia che risale all’epopea di Thomas Edison. Nel corso dei decenni era diventata una realtà onnipresente nella vita degli americani, a cui in pratica forniva tutto, dalle lampadine ai motori per gli aerei. Era anche un simbolo della potenza internazionale degli Usa e della capacità di creare una cultura imprenditoriale vincente, famosa per formare manager che poi crescevano in fretta e andavano ad occupare posizioni di leadership in altre aziende, concorrenti o di settori diversi. Negli anni Novanta il suo leader, Jack Welch, era in pratica assurto a guru del business Usa, prima che le compagnie digitali della Silicon Valley e dei social network diventassero dominanti.
Proprio la sua grandezza, però, alla fine si era trasformata in debolezza, in particolare quando la crisi del 2008 aveva messo in ginocchio la divisione dei servizi finanziari, costruita quando sembrava che i manager Ge non potessero sbagliare nulla. Allora nel portafoglio della conglomerata c’era di tutto, inclusa la televisione Nbc, perché l’idea era che per avere successo fosse indispensabile diversificare il più possibile. Non era più così, però, e l’ex colosso non si era più rialzato dalla crisi.
Poco alla volta aveva venduto o scorporato tutto, dalle locomotive agli elettrodomestici, passando per i servizi finanziari, il petrolio e il gas. Jeffrey Immelt aveva preso il timone, sostituito poi da John Flannery, ma nessuno era riuscito a trovare la formula magica per resuscitare. Così nel 2018 è arrivato il manager esterno Larry Culp, con l’incarico di cambiare decisamente rotta. Ha tagliato i costi e dimezzato i dipendenti, da oltre 300.000 nel 2014 ai 161.000 di oggi. Adesso l’operazione si completa, dividendo ciò che è rimasto di una compagnia del valore complessivo di circa 120 miliardi di dollari. Peter Arduini prenderà il controllo del settore sanitario, che fa soprattutto macchinari per gli ospedali. Scott Strazik gestirà la componente energia, fusa con quella delle rinnovabili, mentre John Slattery seguirà l’aviazione. Culp continuerà a fare il presidente e Ceo, per seguire il completamento degli spinoff, con la prospettiva poi di rimanere a guidare ciò che resterà della Ge, cioè la parte dedicata agli aerei. La fine di un’epoca nell’imprenditoria Usa, comunque andrà l’operazione.