la Repubblica, 10 novembre 2021
Riapre l’Oyster Bar di New York
Correva l’anno 1975, e le autorità di New York si erano messe in testa di abbattere la vecchia stazione ferroviaria di Grand Central, in modo da sostituirla con qualche scintillante e costoso edificio contemporaneo. Un grattacielo per uffici, assai più profittevole nel centro di Midtown. O magari una stazione più moderna seppellita nel sottosuolo, come è oggi l’anonima Penn Station sulla West Side. Jackie Kennedy però decise che era un delitto artistico, e convocò una conferenza stampa allo scopo di lanciare la sua campagna per salvare questa icona della città. La sede dell’incontro coi giornalisti era l’Oyster Bar, storico ristorante aperto nel 1913 per coccolare i viaggiatori nel lusso, sotto le volte coperte dalle mattonelle disegnate da Rafael Gustavino, e sopra i tappeti persiani adagiati lungo il pavimento.
Quasi mezzo secolo dopo, siamo felici di riportare non solo che Jackie era poi riuscita a risparmiare Grand Central, restituendola al suo splendore originale, ma anche che l’Oyster Bar è sopravvissuto pure al Covid, oltre alla Prima Guerra Mondiale, la Spagnola, la Grande depressione, la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra Fredda, Rudy Giuliani, Donald Trump, e tutto il resto capitato nel frattempo.
Il ristorante ha chiuso per diciotto mesi, perché tanto nessuno viaggiava più a causa della pandemia, e ha dovuto togliere dal menù il lobster roll, perché certe materie prime mancano a causa degli imbuti nella supply chain. Però è tornato a servire i clienti sulle tovaglie a scacchi rossi e bianchi, con i crab cakes da 40 dollari, e la notizia è parsa così incoraggiante agli affezionati della Grande Mela, che persino il Wall Street Journal ha deciso di stamparla in bella evidenza. Celebrare la sopravvivenza di un ristorante, quando invece la pandemia è costata la vita a migliaia di persone, può sembrare fatuo, superficiale, persino offensivo. Ed è giusto, perché la memoria deve andare prima di tutto al danno umano irreparabile, a cui hanno contribuito gli errori di parecchi altri umani. Però “New York Tough” significa proprio questo, come dopo l’11 settembre 2001, in tutti i modi possibili: mai dimenticare, ma neppure arrendersi.