il Giornale, 9 novembre 2021
Se pubblicare un capolavoro significa scrivere con l’asterisco
Una delle posizioni più sessiste che ci siano al momento è quella di un certo tipo di femministe, che del loro femminismo hanno fatto una carriera. Non sono femministe normali, sono maschiofobiche. È quel tipo di femminismo che ti garantisce una carriera, tant’è che al trenino ci si stanno attaccando tutti. Sulla locomotiva ci sono Michela Murgia e Chiara Tagliaferri (la Tagliaferri è moglie del potente Nicola Lagioia, e con la Murgia viene invitata ovunque, ottima combo; poi ci sono Chiara Valerio, Loredana Lipperini, book influencer che leggono solo libri di donne come Carolina Capria, e via dicendo), il cui nuovo libro, Morgana. L’uomo ricco sono io (Mondadori, pagg. 256, euro 19), è involontariamente comico. La tesi di fondo è che le donne per avere successo devono sposare un uomo ricco oppure fare molta fatica, e viene citata subito Virginia Woolf: «Una ragazza dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di 500 sterline all’anno, con questa frase apparentemente rivoluzionaria e di cui la memoria collettiva ha conservato solo la prima parte, Virginia Woolf lega strettamente il discorso dell’emancipazione femminile ai soldi».
Seguono esempi di donne che hanno avuto successo dovendo faticare per guadagnare, come se per i maschi non fosse stato lo stesso. Charles Bukowski ha lavorato per anni in una fabbrica di sottaceti e all’ufficio postale, José Saramago ha fatto il meccanico, Raymond Carver il benzinaio, Franz Kafka ha fatto l’impiegato di giorno e scriveva di notte (senza il successo della Murgia e della Valerio, scriveva capolavori), e gli esempi sarebbero moltissimi, quasi tutti, perfino tra gli italiani: Aldo Busi, tra i nostri più grandi scrittori, ha fatto il cameriere per anni, mentre Antonio Moresco, viceversa, ha sposato una donna che ha guadagnato per lui. Il vero problema è che se a queste femministe gli togliete questo femminismo talebano e ridicolo non resta niente, un po’ le capisco.
Ma tra le parti più divertenti ce ne sono due. La prima è il video di presentazione del libro: Murgia convoca la Tagliaferri a casa sua per dirle che ha avuto un’idea rivoluzionaria, e cioè scrivere tutto il libro con la schwa. «I grandi scrittori devono fare le rivoluzioni, se non le facciamo noi chi le fa?». La rivoluzione sarebbe quella, la schwa, mica scrivere il Finnegans Wake. L’altra è quando parlano di J.K. Rowling, che è entrata in conflitto con la comunità LGBTQ+ per aver detto che «i trans sono maschi con le gonne». I trans stanno boicottando perfino i film di Harry Potter come transfobici, ma siccome è donna Murgia e Tagliaferri la difendono dicendo che non sono d’accordo con lei, ma è solo perché è donna che viene attaccata così, se fosse uomo non lo sarebbe, e dunque le opinioni vanno rispettate. Davvero?
Peccato che la stessa cosa stia succedendo a un fantastico comico come Dave Chappelle (hanno cancellato un suo documentario per transfobia), a Jim Jefferies, a Ricky Gervais, a Louis C.K. (che non ha potuto lavorare per diversi anni a causa del metoo), e è successa perfino a me quando la stessa Murgia ha organizzato un boicottaggio per non far pubblicare i miei libri, facendo arrivare a Elisabetta Sgarbi centinaia di lettere di invasate (ma la Sgarbi se ne è fregata). Oltretutto, siccome c’è l’identità di genere, che le murgie tagliaferri lagioiose appoggiano, le talebane non si sono neppure sincerate come mi sentissi io, perché io mi sento donna, quindi sono misogine e sessiste loro.