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 2021  novembre 09 Martedì calendario

Ritorno a New York City

Si è riaperto il mondo. La “nostra” metà, almeno: quella occidentale. Spaccata ulteriormente in due dai divieti d’ingresso seguiti alla pandemia (a molti altri era proibita per motivi diversi). Ci era rimasta una “piccola mela”. Back in the U sa, canterebbero i nuovi Beatles, se esistessero: «Non sapete quanto siete fortunati ragazzi». C’era un oceano di mezzo e sembrava tornato quello di secoli fa: impossibile solcarlo, futuribile trasvolarlo. Nella statica del frattempo abbiamo restituito l’America all’immaginario: un mondo lontano da cui continuavano ad arrivarci resoconti, libri, canzoni. Serie tv: la Manhattan di The Undoing, la cintura di calamità di American Rust, il ghiaccio sciolto a Fargo 4. Saremmo stati ancora divisi quando fosse uscita la quinta stagione? Sarebbe esistita una nuova stagione? Abbiamo vissuto una lontananza forzata in cui il tempo del ricongiungimento era un’ipotesi e il modo un punto interrogativo. Tornare è un po’ rinascere. E chiedersi, come si fa in questi casi: dove eravamo rimasti?
Un convalescente rientra a casa dopo una lunga degenza, bussa alla porta e gli apre una sconosciuta. Fa un passo indietro e si accorge che pure l’edificio è differente. Non ha sbagliato indirizzo, anche gli altri lo guardano perplessi, perfino i muri hanno mutato posizione: qualcuno è crollato, un altro sta venendo su. È solo il tempo. Un anno e otto mesi sono una condanna al cambiamento.
Ho lasciato gli Stati Uniti a marzo del 2020. La notizia del virus si era trasformata in allarme. Già a febbraio in metropolitana si esitava: sedersi o no accanto a un cinese? E se fosse appena tornato da una visita ai parenti di Wuhan? A fine mese una telefonata dall’Italia annunciò il paziente zero a Codogno (sempreché lo fosse veramente, il primo caso). Il presidente degli Stati Uniti era Donald Trump, capace di smentire ogni pericolo con una scrollata delle spalle imbottite e un aggressivo tweet. I democratici lo affrontavano divisi, finché una chiamata di Obama radunò il campo intorno al suo ex vice. Le cose evolvevano in fretta. Il volo di ritorno recava ancora le insegne di Alitalia. Lo prendemmo senza immaginare se il motto delle hostess (“Arrivederci”) fosse credibile e che lasso di tempo indicasse. Alcuni passeggeri allo sbarco risultarono affetti dal Covid, che era molto più misterioso allora, e furono relegati in una quarantena dai contorni incerti.
Che cosa abbiamo fatto in (quasi) tutti questi mesi? Siamo andati a letto presto. C’era una volta l’America. Poi ci sono stati il lockdown, il coprifuoco, le zone rosse. Nella dinamica del frattempo alla Casa Bianca è entrato Joe Biden, accompagnato da un vice donna e afroamericana. Wall street è scesa e risalita, come fa nei suoi cicli, ma questo è stato imprevedibilmente rapido. Ancor più veloce, battendo ogni ottimismo, la scoperta dei vaccini che, di fatto, hanno riavvicinato le parti di mondo separate. A patto di credere nella scienza e nella propria coscienza, mettere il green pass plastificato tra le pagine del passaporto, farsi un tampone di garanzia e preparare il bagaglio a mano, scoprendolo già pronto.
C’era un piccolo trolley comprato l’ultimo giorno in un grande magazzino, destinato alla tratta del ritorno, con indumenti quattro stagioni e un libro per l’occasione, di Amor Towles: Rules of civility. In Italia è stato tradotto come La buona società, ma preferisco la versione letterale, Le regole della civiltà. Sono quelle che dovremmo imparare durante un’emergenza, per evitare che tutto vada a fondo, che tornando in superficie non ci riconosciamo perché abbiamo perduto il senso della convivenza virtuosa. Andrà tutto bene? Come ne verremo fuori? Ce lo siamo chiesti infinite volte. Ieri, all’aeroporto di Heathrow, i primi due voli verso il Jfk di New York sono decollati da piste parallele, insieme, alle 8 e 30. Portavano le insegne di compagnie diverse, British e Virgin, che hanno messo temporaneamente da parte la rivalità per celebrare l’occasione, dando veste formale a un significato profondo. Quando fra qualche giorno andrò a Fiumicino per seguire la stessa rotta mi attenderà un volo Ita Airways. Alitalia è nel frattempo sparita. Molti che ci lavoravano hanno perso il posto, altri l’hanno mantenuto, ma a condizioni peggiorate. È stato un destino condiviso, in Europa come in America, l’effetto di una ristrutturazione già progettata, che la pandemia ha accelerato e consentito. All’imbarco è chiesta ai passeggeri la documentazione che presuppone non siano contagiosi. In volo di tenere la mascherina sul volto e sostituirla ogni quattro ore. Alcuni tornano a casa, altri tornano in America. A volte è la stessa cosa anche se non lo è veramente. La prima delle regole di civiltà (e comportamento decoroso) elencate dal giovane George Washington era: «Ogni azione compiuta in presenza d’altri deve manifestare un segno di rispetto nei confronti di chi è presente».