Linkiesta, 8 novembre 2021
Leggendo il libro della cornuta Huma Abedin
I matrimoni degli altri ci appassionano più dei nostri, e i tradimenti degli altri sono la grande illusione su cui proiettare i nostri: a me non sarebbe mai potuto succedere.
Tuttavia, prima di parlare di adulterio come sembra inevitabile fare dovendo parlare dell’autobiografia di Huma Abedin, devo dirvi che la parte che fa cadere più la mandibola sul pavimento, leggendo “Both/And – A life in many worlds”, non è la scoperta che il marito andava a letto con altre o (peggio, peggissimo) mandava in giro foto del proprio arnese.
Nella biografia di colei che lavora come capo dello staff di Hillary Clinton, e che ha cominciato come stagista durante la presidenza di Bill Clinton, e che è del 1976, ovvero ha quarantacinque anni, nelle memorie di questa donna che ci è sempre sembrata disinvolta e con uso di mondo, il dettaglio più incredibile è buttato lì con aggraziata noncuranza a pagina 249, quando Huma racconta i suoi primi incontri con Anthony Weiner – prima dei tradimenti, prima delle foto del suo uccello distribuite con la disinvoltura degli auguri di Natale, prima che Hillary perdesse le primarie con Obama.
Inizia a prenderlo sul serio perché Weiner – ci racconta Huma chissà se cercando di vendercelo come un politico più acuto di quanto l’incontinenza delle sue mutande ci abbia lasciato sospettare, o chissà se dicendo semplicemente la verità – le dice che Hillary ha sbagliato a non dirsi a favore dei matrimoni omosessuali. È il 2007, e questo corteggiatore dice alla donna più vicina a Hillary «tra cinque anni saranno tutti a favore, tanto vale esserlo subito». La donna più vicina a Hillary riflette sul Corano (è musulmana) e ne conclude che non è poi detto che i sodomiti fossero puniti in quanto sodomiti, poi valuta il corteggiatore (è ebreo) chiedendosi come mai sia possibile stare con uno con cui non puoi condividere il ramadan, e lì, tra un dettaglio qualunque e l’altro, butta che sì, ogni tanto usciva con un uomo, ne aveva baciato qualcuno, ma intendeva perdere la verginità con l’uomo che avesse sposato.
È allora che dici ma quindi è “La ragazza con la pistola”. Quindi Huma è la Monica Vitti trentasettenne che interpreta una ventenne che dice «fredda come il mammo sono» al siciliano che le mette le mani addosso. Quindi esistono, le ragazze all’antica in carriere moderne. Una trentunenne che vive a New York e lavora nella politica, nel Ventunesimo secolo, vergine. Cosa potrà mai andar storto.
Certo, se una vergine ultratrentenne e un incontinente dell’autoscatto che s’immortala smutandato mandando il suo arnese barzotto a tizie che frequenta virtualmente col nomignolo di Carlos Danger (Huma, in più di cinquecento pagine di libro, non dà mai a Carlos Danger dignità di menzione), se due così li fai accoppiare in una sceneggiatura, il produttore te la lancia dalla finestra. La realtà è sempre più iperbolica di come la rappresentiamo.
Nel libro Huma svela di avere scoperto tradimenti dopo che lei e Anthony si erano già lasciati: sono andati in terapia di coppia da separati, per aiutarla ad accettare questa questione. Il che è assurdo, ma neanche poi tanto. Uno che manda foto di cazzo in giro non è un adultero: è il tizio che nel Novecento si apriva l’impermeabile al parco. Solo che quello che si apriva l’impermeabile al parco era uno da far portare al reparto neuropsichiatrico, quello che si fotografa l’arnese e lo manda a sconosciute (o anche a conosciute, ma non urologhe) è classe dirigente. Forse è un caso, che tutti i nomi a me noti di inviatori di foto d’uccello siano politici o conduttori televisivi o altri mestieri socialmente ben posizionati; magari lo fanno anche gli spazzini, e io non lo so, ma secondo me no: è un gesto che richiede, oltre all’esibizionismo, un certo qual delirio d’onnipotenza che il supplente di ginnastica temo non abbia.
Anni fa scrissi un libro sull’adulterio. A un giornale americano che m’intervistò, raccontai i casi di Marcello Mastroianni e di Eugenio Scalfari, di quelli che non erano tradimenti ma matrimoni paralleli, di Vittorio De Sica, di mio padre: l’adulterio all’italiana.
Prima della pubblicazione venni contattata dal settore fact checking di quel giornale: è diffamazione, ha le prove? Le prove che Mastroianni, restando sposato con Flora, s’accoppiasse con Catherine Deneuve, intendevano. Chiara Mastroianni era considerata prova sufficiente?
Agli americani l’adulterio all’italiana sembra inconcepibile: ci ripensavo ieri, mentre sul Corriere il figlio di Umberto Veronesi, Paolo, raccontava la storia della relazione parallela del padre e di quel fratello che non è figlio di sua madre, e la raccontava come la storia normalissima che è, nel Paese di Pietro Germi (possiamo per favore proiettare nelle scuole “L’immorale”? Grazie).
Intanto, i giornali americani sono in subbuglio da mesi perché la moglie di Will Smith, Jada Pinkett, ha tranquillamente ammesso d’averlo tradito (ma è il verbo giusto, quando andare a letto con un altro non rappresenta una ferita per il tuo legittimo consorte?), e par di capire che anche lui si sia dato da fare, e lui ha un’autobiografia in uscita e la promuove dicendo cose come «il matrimonio mica può essere una prigione».
Forse “tradimento“ è una parola che andrebbe usata solo quando siano note le aspettative. In “American Crime Story“, quando Hillary viene a sapere che la vicenda di Monica Lewinsky è vera, non s’incazza con Bill per le corna, ma per averla fatta negare davanti ai giornalisti: «Mi hai fatta sembrare una stupida».
Quello sì è alto tradimento, anche da parte di Carlos Danger. Mica l’essere così fesso da flirtare con le altre: l’essere così fesso da finire sui giornali mentre tua moglie e il suo capo stanno tentando di conquistare il mondo, e devono invece trovarsi in prima pagina nel ruolo di due cornute, nel ruolo di due cretine.