La Stampa, 8 novembre 2021
Discoteca Houellebecq
Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere. Victorien Bornéat, che ha avuto l’idea, è un impiegato del Comune di Parigi. Anche Margot de Rochefort non c’entra nulla col teatro. Un altro dei loro amici, invece, Hugues Jourdain, è un giovane attore, ma non sopporta le discoteche. Ieri sera si sono ritrovati al Rex Club, tempio della musica techno a Parigi, a recitare le poesie che più esprimono il loro mondo, tra lo sconforto cosmico e un pessimismo di facciata: nascondono amore e una speranza malcelata, quando la bellezza prorompe, ma senza ipocrisie. Sono le poesie di Michel Houellebecq. C’era anche lui.
Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere. Perché Houellebecq era salito su un palcoscenico l’ultima volta nel 2014, assieme a Jean-Louis Aubert, già cantante rock della mitica band Téléphone, che aveva trasposto in musica le sue poesie, tratte dalla raccolta Configuration du dernier rivage. All’inizio non aveva neppure chiesto il permesso allo scrittore, che, però, aveva apprezzato. Dopo le loro performance comuni, Houellebecq lo aveva ribadito: non lo avrebbe fatto più. Mai più comparire darsi in uno spettacolo.
E invece nel giugno scorso il cellulare di Victorien era suonato: «Sono Michel, sarò con voi al Rex Club». E lo scrittore ha mantenuto la parola. Al centro della discoteca, con le luci soffuse, mentre la vita notturna parigina lì fuori, sui Grands Boulevards, era appena iniziata, l’indifferente trambusto e la brama ipocrita e superficiale di bruciare la vita del post-Covid, ieri sera Houellebecq ha declamato alcune delle sue poesie per poi dare spazio ai «ragazzi», ognuno con il componimento di lui che più li aveva segnati. Né teatro, né un concerto. Ma «l’incontro accidentale di due ambienti underground, la poesia e la notte», si legge nella presentazione dello spettacolo, che si ripeterà stasera e domani. «I quattro protagonisti attraversano un mondo devastato nel quale l’amore (o la sua possibilità) esiste sempre».
Tutto era iniziato due anni fa. Ce lo racconta Victorien. «Ebbi l’idea di fare un podcast con i miei amici. Ognuno avrebbe letto la sua poesia di Houellebecq preferita». Il risultato finale l’avevano mandato a Flammarion, l’editore francese dello scrittore, e lui aveva fatto sapere di avere apprezzato. «Poi», continua Victorien, «mi sono detto: facciamone uno spettacolo, una lettura pubblica delle poesie in una discoteca, che è un luogo ricorrente nei romanzi di Houellebecq». Fin dal primo, Estensione del dominio della lotta (1994), e quella scena in una tipica (e squallida) discoteca di provincia francese, dove i due protagonisti si ritrovano la sera del 24 dicembre: uno, vergine e adulto, a sbavare eccitato dietro le ragazzine.
All’inizio Victorien aveva pensato a «un semplice spettacolo tra amici in discoteca». Così è stato, ma con la presenza imprevista dello scrittore, uno dei più venduti nel mondo. È stato coinvolto anche Romain Poncet, in arte Traumer, dj e compositore conosciuto che ha ideato musica elettronica d’atmosfera e atonale per una serata dal titolo «Esistenza a bassa altitudine». Houellebecq ha recitato, tra le altre poesie, Fin de soirée, che riflette il sentimento di una «fine serata», «quando il montare del disgusto», scrive, «è un fenomeno inevitabile. C’è una specie di pianificazione dell’orrore».
Victorien non sarebbe dovuto comparire, ma Houellebecq gli ha chiesto di interpretare la poesia, che aveva declamato nel podcast, Hmt. Inizia così: «Alla fine ho sempre saputo / che avrei raggiunto l’amore / e che sarebbe stato / poco prima della morte». «Sono i componimenti che preferisco», spiega Victorien, «quelli sull’amore. Il giorno in cui ho iniziato a leggere le sue poesie ho capito che è un poeta prima di essere un romanziere. E dopo leggi i romanzi in un altro modo. La sua, pure in prosa, è una scrittura poetica». Yasmina Reza, scrittrice e drammaturga francese, ha detto che Houellebecq «è un grande poeta, un livello sopra il romanziere». Il riferimento dello scrittore, più volte esplicitato, sono I fiori del male, perché, come ha spiegato «Baudelaire ha ampliato il campo della poesia. Per lui doveva avere i piedi per terra, parlare di cose quotidiane, ma nutrendo anche aspirazioni illimitate verso l’ideale. Terrestre e celeste al tempo stesso».
Ieri sera Houellebecq non ha voluto anticipare nulla del suo prossimo romanzo, in uscita in contemporanea il 7 gennaio in Francia e in Italia (qui per La nave di Teseo), e di cui ancora non si conosce neppure il titolo. Ma nei giorni scorsi Bruno Le Maire, ministro dell’Economia, romanziere e suo amico, ha fatto qualche rivelazione: «Houellebecq ha scritto libri che sono forse la migliore sismografia di quella che è oggi la società francese. Uno s’intitola La carta e il territorio e presenta il futuro del nostro Paese come un Disneyland accogliente ma che ha rinunciato a ogni capacità di produzione. Ecco, nel prossimo romanzo Houellebecq ritornerà su questa tesi. E stavolta difenderà l’industria».