Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  novembre 08 Lunedì calendario

Intervista a Claudio Foti

Dottor Claudio Foti, può raccontare cosa è successo l’ultima volta che si è seduto al tavolo di un ristorante?
«Ero con il mio avvocato a Reggio Emilia, la città del processo. Scendiamo nel ristorante dell’albergo per cena, ci sediamo e si avvicina il responsabile di sala: "Qui non diamo da mangiare al lupo di Bibbiano!".Aveva espressioni del viso che esprimevano ripulsa nei miei confronti. Ne nasce una discussione, io me ne sarei andato. Ma il mio avvocato ha chiamato i carabinieri che hanno verbalizzato l’accaduto».
Che effetto le ha fatto?
«Ci sono rimasto molto male. Ho imparato qualcosa su cosa sono gli eventi stressanti. Non te lo aspetti: quello era un luogo che vivevo come sicuro. La cameriera già aveva portato via l’olio e l’aceto. Poi il direttore dell’hotel si è scusato, ma sto meditando se sporgere querela».
Perché si travestiva da lupo per spaventare i bambini durante le sedute di psicoterapia?
«Ma questo è falso! Totalmente falso. Un falsità circolata nei primi mesi e poi rimasta a circolare. Io non facevo le terapie con i bambini, e non mi travestirei da lupo neppure a Carnevale. Al centro studi abbiamo usato le marionette: è un gioco simbolico, per cui abbiamo vinto anche un premio. Ma niente, ormai è andata: Foti il lupo. Il processo mediatico ha stravolto i termini del processo reale».
Lei è accusato di concorso esterno in abuso d’ufficio, frode processuale e lesioni gravissime. Le lesioni sono quelle che avrebbe provocato con sedute di psicoterapia a senso unico, nell’ostinazione di andare a trovare un abuso sessuale. Cosa risponde?
«Quelle sedute sono registrate. Secondo me, sono fatte bene e si vede un miglioramento della paziente. Ma l’accusa mediatica circolata è quella della terapia suggestiva con bruta formulazione di domande suggerenti».
Lei lavorava a Bibbiano tramite un affidamento diretto del sindaco, cioè senza appalto. Faceva pagare 135 euro a seduta un servizio pubblico, mentre la cifra è 70 euro. Perché?
«Perché partivo da Torino. Quella era la cifra con le spese incluse. Ma niente: Foti l’affarista».
I suoi avvocati dicono che lei è stato «mostrificato». Si sente un mostro?
«Mi sento un uomo distrutto, un professionista finito. Il 95% del mio lavoro è sparito. Mi hanno fatto diventare il capo di una cupola che gestiva affidamenti. Prima mi cercavano, ora sono spariti tutti: giustamente nessuno vuole un convegno con il lupo di Bibbiano. La mia credibilità professionale, se non verrò assolto, è irreversibilmente danneggiata dal processo mediatico».
Come sta passando i giorni che precedono la sentenza di primo grado?
«Sto scrivendo un libro su quello che mi è successo. Mi ha salvato la meditazione buddista, ma ho sempre grande paura di ammalarmi perché queste sono cose che uno finisce per somatizzare. Sono in difficoltà con una pensione da 490 euro al mese. Ho cercato di prendermi cura di me in questa situazione di isolamento estremo, aspettando tempi migliori».
Secondo l’accusa, toglievate i bambini ai genitori con accanimento, inseguendo ossessioni di abusi sessuali inesistenti. Lo facevate con ogni arma a vostra disposizione, anche falsificando la realtà. Cosa risponde?
«È lo stesso teorema di Veleno, l’inchiesta sui casi della Bassa Modenese. Gli psicologici sono suggestionanti, i bambini sono inaffidabili. Lo stesso schema».
Cosa si aspetta dalla sentenza?
«Tutti hanno bisogno di un giudice sereno. Noi abbiamo bisogno di un giudice coraggioso per fare prevalere gli aspetti di diritto sui fattori culturali e emotivi. Nel merito delle accuse qui non voglio entrare, non mi sembra corretto. Intanto sono contento di essere sopravvissuto».