«Il fatto che avvenga con una crisi di sistema in corso. È un inedito».
Cosa intende per crisi di sistema?
«Vi contribuiscono varie ragioni. La principale è che l’affermazione nel 2018 di un partito populista come il M5S, che detiene il 34 per cento dei seggi, ha contribuito a una progressiva erosione della democrazia parlamentare. Oggi prevale la sensazione che abbia fatto il suo corso. Abbiamo un Parlamento di impediti, e a tutti sta bene così».
Non è una lettura radicale?
«È la realtà. A questa ragione se ne aggiunge un’altra, e cioè che il Parlamento, che si accinge a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, non è più rappresentativo della maggioranza relativa nel Paese. I Cinquestelle, pur di resistere, hanno fatto alleanze con tutti, destra, sinistra, Draghi, nella convinzione che tutto si risolva nella semplice capacità di coagulo. La fine della politica».
Il Parlamento andava sciolto?
«Sì, dopo il referendum sul taglio dei parlamentari».
Ma c’era la seconda ondata della pandemia.
«Non per questo le elezioni sono state sospese. Il nuovo Parlamento avrebbe così eletto il Presidente della Repubblica con più legittimità di quanto farà l’attuale che tra poco più di un anno scadrà».
Prevarrà la scelta di un Presidente che eviti il voto, per salvare il vitalizio dei parlamentari?
«Per salvare la pensione basterebbe una leggina che preveda la possibilità di versare i contributi figurativi per i mesi mancanti».
E perché non la fanno?
«Perché il discorso è più complesso: “Noi resistiamo perché sappiamo che fuori da qui non ci siamo più”. E anche questo sta bene a tutti».
Come deve essere il prossimo Presidente della Repubblica?
«Più vicino ai 50 anni e il più lontano possibile dai 90».
Un giovane?
«Sì, uno fuori dagli intrighi di palazzo degli ultimi trent’anni. Meglio se donna».
Quindi un outsider?
«Una personalità che abbia sapere costituzionale, ma anche spirito innovativo. Deve osare. Il che non vuole dire violare».
A parte Francesco Cossiga, non abbiamo mai avuto un Capo dello Stato giovane.
«Solo una simile figura potrebbe vigilare, come garante al Colle, sulle riforme profonde che servono. E deve essere eletto per sette anni, non a termine. Il processo di mutamento sarà giocoforza lungo».
Non vede un tandem Draghi-Mattarella che mantenga in piedi l’attuale equilibrio?
«No, perché non risolverebbe i problemi, li rinvierebbe soltanto».
Mario Draghi non resta il favorito?
«Penso che non voglia farlo».
Ne è certo?
«Credo che aspiri fare il capo della Banca mondiale, come si è intuito dal suo discorso a Glasgow. Sarebbe utile lì, vista la sua caratura. E del resto ognuno aspira a fare ciò che sa fare bene».
Cosa pensa di Draghi premier?
«Ha gestito bene la vaccinazione e l’avvio dei fondi europei, ma nemmeno lui alla fine vuole affrontare le questioni complicate, quelle divisive».
E quali sarebbero?
«Prenda quella piccola cosa delle concessioni balneari. Ha detto che vuol prendersi sei mesi per la mappatura. Ma a me, nel 1981, quando divenni ministro delle finanze, la diedero in pochi giorni».
Nemmeno Giuliano Amato le andrebbe bene? Eravate compagni di partito.
«Ha una grande esperienza di governo, e sapere giuridico, ma oggi ci vuole una figura di una verginità assoluta. Altrimenti la crisi di sistema si aggraverà».
Questo Parlamento è in grado di farlo?
«Scommettere su cosa farà è come giocare al lotto. Noto però con dispiacere che sia nella classe politica che nel mondo dell’informazione manca il senso della gravità della crisi di sistema in corso».
Cosa la preoccupa precisamente?
«O viene governata da una guida democratica, libera e senza autocondizionamenti, oppure si rischia un ulteriore mutamento traumatico, antidemocratico».
Silvio Berlusconi aspira al Colle.
«C’è una crudeltà di chi lo sta per abbandonare, che fa impressione: gli fanno la festa della giovinezza, lo illudono».
Hanno detto che gli faranno vedere la scheda col voto.
«Ho sempre osteggiato Berlusconi, ma andrebbe lasciato di vivere in pace la sua vecchiaia».
Si è autocandidato lui.
«Guardi, ho 94 anni, e so bene che a una certa età si diventa molto infantili. Bisogna essere circondati da persone che ti vogliono bene, ma che sappiano anche tenere a freno il tuo infantilismo».
Matteo Renzi che ruolo avrà?
«Ormai fa il lobbista, ha scelto un altro lavoro».
Perché ha definito addirittura eversivo il “semipresidenzialismo di fatto” evocato da Giancarlo Giorgetti per sponsorizzare Draghi al Colle?
«Perché è una proposta antisistema.
Contempla la morte della Costituzione. Di questo passo si arriva a Putin o Erdogan. E il trionfo del populismo bottegaio, quello delle partite Iva, diverso da quello da avanspettacolo di Grillo».
Ma se venisse eletto il suo Presidente giovane cosa dovrebbe fare con l’esecutivo Draghi?
«Pretendere un governo politico. Si tornerebbe finalmente alle regole della democrazia parlamentare».