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 2021  novembre 08 Lunedì calendario

Comunità ebraiche, Noemi Di Segni confermata

«Le piazze No Vax alimentano l’antisemitismo». La pandemia ha lasciato ferite brucianti, sul corpo della comunità ebraica. Che oltre all’emergenza sanitaria ed economica si trova ora ad affrontare il ritorno del pregiudizio, di un clima di intolleranza e odio «che sono la cifra più brutta delle manifestazioni di questi giorni contro il Green Pass». Il grido d’allarme è di Noemi Di Segni, 51 anni, riconfermata ieri presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Di Segni, al secondo mandato, è stata eletta con oltre il 60% dei voti. In questa intervista fa il punto su un cammino difficile, sui «ponti da lanciare fra le 21 comunità che rappresentano «la realtà complessa dell’ebraismo italiano», sulla sfida demografica «che è anche culturale» e sui rigurgiti neofascisti «davanti ai quali alcune forze politiche non si mostrano coerenti»

Cosa porta con sé dei primi cinque anni alla guida della comunità degli ebrei italiani?
«Il senso di un impegno quotidiano per preservare un bagaglio millenario, per tutelare le competenze religiose e culturali dell’ebraismo italiano. E lo sforzo costante di creare ponti per collegare realtà diverse tra loro: in Italia ci sono 21 comunità, ciascuna con una propria complessità e articolazioni a sua volta complesse».
Qual è la sfida più difficile che la attende?
«Probabilmente quella demografica.
I giovani si sposano meno, molti vanno via per mancanza di lavoro, tanti guardano a Israele. Stimiamo una perdita di un centinaio di iscritti l’anno. Il problema non è soltanto la mancanza di lavoro. Dobbiamo affrontare questa sfida garantendo qualità della partecipazione alla vita ebraica e senso di appartenenza. C’è un tema identitario molto forte, legato alla conoscenza dei testi e della cultura ebraica».
Come è cambiata la comunità in questi cinque anni?
«La pandemia ha condizionato la vita della componente ebraica come di tutta la società italiana. Ha avuto un forte impatto psicologico, economico, sociale. Ma ha anche accentuato il lato protettivo della comunità, che è diventato un punto di riferimento cui rivolgersi per consigli, informazioni, servizi. Se c’è un aspetto positivo, è quello di aver consentito alle molte comunità che fanno solitamente vita autonoma di entrare in rete, di partecipare a eventi comuni. La pandemia ha consolidato, in qualche modo, il senso di vicinanza, di condivisione degli ebrei italiani. Poi, purtroppo, ha generato anche fenomeni deteriori».
Quali?
«La pandemia ha visto anche il ritorno dell’antisemitismo: prima il complottismo ebraico sul virus, poi sul vaccino, adesso il peggio con l’accaparramento, da parte di gruppi No-Vax, di simboli, termini, persino indumenti che riconducono alla Shoah. Penso, per ultimo, alla manifestazione di Novara in cui c’era gente vestita da deportata. O all’uso della stella gialla, di appellativi come “nazista” rivolti al capo del governo.
Persone che fanno queste equivalenze allucinanti si dissociano e si disinteressano della Shoah, ma alimentano il clima d’odio verso gli altri che c’è nel Paese. Di cui gli ebrei, purtroppo lo dice la storia, finiscono per essere vittime».
La campagna elettorale è stata segnata da un’aspra contrapposizione sui temi dell’antifascismo. Come l’avete vissuta?
«Siamo molto preoccupati. In alcuni raduni politici, nelle manifestazioni di piazza c’è gente che non sa neppure a quali personaggi, a quali sistemi di vita inneggia. E riteniamo grave l’abuso del diritto costituzionale: quello di manifestare, di unirsi in assemblea non può degenerare nel libero arbitrio di alimentare odio ed esclusione. E va cambiato il reato di apologia del fascismo».
In che modo?
«Per sanzionarlo bisogna andare oltre la finalità della ricostituzione del partito fascista. Quella norma è un caposaldo ma è grave anche, e va punito, l’atteggiamento nostalgico che ispira gruppi che diffondono odio. Con Forza Nuova è stato fatto solo un primo passo».
In Europa si consolidano le destre sovraniste e nostalgiche.
«Con i partiti, con il governo e le università, stiamo portando avanti un importante lavoro comune. Ma noto una mancanza di coerenza da parte di alcune forze politiche: si difende la memoria della Shoah ma non Israele nelle sedi dell’Onu, oppure si difende Israele ma si fa amicizia con gruppi di estrema destra di cui si accettano i voti. L’apprezzamento della cultura ebraica è un unicum fatto di tanti pezzettini. Non si può scegliere un solo pezzettino».


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Il nuovo Consiglio dell’Unione delle comunità ebraiche italiane riunito ieri a Roma ha scelto di confermare Noemi Di Segni come presidente della massima assise ebraica nazionale. Alla guida dell’Ucei dal 2016, 52 anni, Di Segni è specializzata in Diritto comunitario delle professioni ed è responsabile della segreteria della presidenza del Consiglio nazionale dei commercialisti. Forte, da sempre, il suo impegno in campo ebraico. È attuale membro del comitato esecutivo del World jewish congress [CdS]