Corriere della Sera, 8 novembre 2021
Nicola Morra rivuole l’indennità e gli arretrati
Ha dormito male.
Era stato avvertito: sarà una brutta domenica.
Accende il cellulare: WhatsApp tremendi, accuse di bieco tradimento, insulti sincopati, leggiti il Fatto, Nicola, e vergognati.
Nicola Morra, il presidente della commissione Antimafia, si prepara un caffè pensando forse a quello che dice sempre il suo ex capo, Beppe Grillo: i giornalisti sono vermi che strisciano, larve, cadaveri che camminano, morti viventi, dannati ficcanaso.
Eppure adesso dovrebbe solo rispondere a una semplice domanda: Morra, quanto le piace il profumo dei soldi?
Sentite che storia: il 22 ottobre ha preso un foglio di carta intestata e con la sua Montblanc ha scritto alla presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati. Rivuole, fino al termine della legislatura, l’indennità di carica, che ammonta a 1.300 euro netti al mese, e alla quale aveva rinunciato per essere un grillino virtuoso. Non solo: alla presidente del Senato, Morra chiede pure se sia possibile avere indietro gli arretrati, comprensivi di tutte le indennità non percepite da quando siede alla presidenza dell’Antimafia (oltre 50 mila euro). Insomma: Morra si è pentito di essere stato un duro e puro a 5 Stelle e vuole andare all’incasso (del resto molti grillini si sono trovati comodi proprio dentro quel potere che promettevano di combattere: sono diventati formidabili cacciatori di poltrone, perfettamente aggrappati alle poltrone, il limite del «doppio mandato» è finito ormai in frittura e quanto poi alle auto blu, viaggiano tutti sprofondati sui sedili in pelle di Audi e Bmw, nascosti dietro i vetri azzurrati, dentro cortei rombanti che quando arrivano tu pensi a chissà quale sultano, e invece no, poi è solo un ministro).
Il piano di rientro economico predisposto da Morra ha una sua logica. Dopo aver camminato sul parquet scricchiolante di Palazzo Madama, velluti rossi e lampadari tipo Versailles, commessi che scattano in piedi, e segretarie ossequiose, e portaborse solerti, il senatore adesso ha un problema concreto: a 58 anni, alle prossime elezioni, rischia seriamente di dover tornare a fare l’insegnante di Filosofia al liceo classico Bernardino Telesio di Cosenza. Il suo rifiuto di votare la fiducia al governo di Mario Draghi scatenò infatti l’ira dell’allora reggente del Movimento Vito Crimi, il «gerarca minore» (copyright di Massimo Bordin), che lo costrinse a traslocare nel gruppo Misto. Dove la possibilità di una nuova candidatura appare, oggettivamente, del tutto remota.
Un colpo di accetta al suo ego.
Morra è noto per essere vanitosissimo.
Se avvista un giornalista, inizia a girargli intorno, mezzo sorriso, ammicca, vorrebbe sempre poter dichiarare qualcosa su qualsiasi cosa ma, di solito, viene ignorato. Nei talk show hanno smesso di invitarlo perché già gli ascolti arrancano, e quando arrivava lui, le curve di ascoltano precipitavano. Lui allora un giorno, con tanto di scorta, fa irruzione nel centro vaccinale di Cosenza e urla, minaccia, e non si capisce se voglia far vaccinare un suo parente – lui smentisce – ma comunque tre giorni dopo si ripresenta e stavolta indossa un cappuccio nero, tipo Diabolik.
Pur di tornare dentro un titolo di giornale, ne combina una peggio dell’altra. Muore Jole Santelli, presidente della Regione Calabria, una donna coraggiosa e di valore, e subito il gentiluomo Morra commenta: «Il mio è un rimprovero. Perché era noto a tutti che Santelli fosse una grave malata oncologica. Ma ai calabresi questo è piaciuto e l’hanno voluta eleggere lo stesso. Va bene, è la democrazia. Però hanno sbagliato». Rogo di polemiche, indignazione diffusa, la Procura di Cosenza lo indaga per «diffamazione aggravata e continuata», lui chiede perdono farfugliando qualche parola.
Come sta facendo da alcuni minuti su Facebook – diretta irrituale, mezzogiorno, si capisce dalle occhiaie che per lui è una domenica piuttosto tragica.
Il tipo ha questa voce di velluto, con il tempo ha affilato un tono sincero e appassionato. E così ecco che Morra ci spiega a cosa servirebbero i 1300 euro che chiede alla presidente del Senato: «Vorrei poterci assumere un addetto stampa». Morra, insomma, si accorge della necessità di un portavoce all’improvviso, tre anni dopo la sua elezione al comando della commissione.
Non è stupendo?
E poi la spiegazione della spiegazione: «Tivù e giornali non mi chiamano più da mesi» (cioè: spera che il portavoce gli rimedi qualche ospitata qua e là).
Grandioso, Morra. Definitivo, Morra. Drammatico, Morra.
Appunto mentale: alla prima occasione bisogna chiedere a Luigi Di Maio come e perché, per quali meriti, per quali competenze, Morra fu messo alla guida di una postazione fondamentale delle istituzioni come l’Antimafia.