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 2021  novembre 07 Domenica calendario

Vita di Carlo V


Il corpus delle fonti rimaste riguardanti l’imperatore Carlo V è imponente. Già a quattro anni Carlo firmava la sua prima lettera e alla sua morte aveva apposto il proprio nome su più di 100mila documenti in olandese, francese, tedesco, italiano, latino e spagnolo, aggiungendo a molti di essi qualche poscritto olografo. Le lettere interamente di sua mano in francese, spagnolo e talvolta in tedesco sono migliaia e il suo epistolario è sparpagliato in archivi e biblioteche di tutta Europa, perché molti furono gli anni di regno che trascorse in viaggio (…).
L’imperatore si impegnò a raggiungere l’immortalità anche con mezzi più convenzionali. Posò per ritratti, patrocinò la redazione di cronache, costruì palazzi e commissionò opere d’arte e coreografie propagandistiche intorno alla propria persona (in particolare, le sue solenni «entrate» nelle città; la sua immagine venne riprodotta su monete, medaglie, ceramiche e persino su pedine della dama, oltre che in libri e manifesti. Vennero messi in musica i suoi successi (la battaglia di Pavia, l’incoronazione imperiale) e qualche volta le sue disgrazie (la morte della moglie). A una schiera internazionale di poeti, pittori, scultori, vetrai, tipografi, tessitori, gioiellieri, storici, armaioli e scrivani venne affidato il compito di eternare la sua immagine. Del resto, l’imperatore era un fervido ammiratore de Il cortegiano di Castiglione (pubblicato quando l’autore era ambasciatore presso la corte imperiale e tradotto in spagnolo per ordine di Carlo stesso), il quale raccomandava di fare tutto – camminare, cavalcare, combattere, ballare, parlare – con un occhio rivolto al pubblico.
Perciò l’imperatore sarebbe inorridito se avesse saputo che, nel XIX secolo, il governo spagnolo avrebbe aperto la sua tomba ed esposto il suo corpo nudo e mummificato alla curiosità dei turisti. Alcuni visitatori fecero anche dei disegni, altri scattarono fotografie e qualcuno corruppe persino una guardia per prendersi la punta di un dito come souvenir. Tuttavia, quell’atto vandalico finì per rivelarsi una manna per gli storici perché gli esami di laboratorio del dito rubato, ora al sicuro in un contenitore speciale, ci hanno fornito due dati importanti: l’imperatore soffrì di gotta cronica, della quale peraltro si lamentò sempre, e morì piuttosto rapidamente per un doppio attacco di malaria.
In questa biografia ho cercato di utilizzare tutte le fonti disponibili su Carlo, che siano documenti o dita, per far luce su tre questioni chiave: 1) in che modo Carlo prese le decisioni cruciali che portarono alla creazione, alla conservazione e all’espansione del primo e più duraturo impero transatlantico del mondo; 2) in che misura i suoi fallimenti politici derivarono da difetti strutturali o non, piuttosto, da limitazioni personali; 3) com’era Carlo (…).
Gli storici dispongono di molte altre fonti che possono far luce sulle «confusioni e contraddizioni» di Carlo. Oltre alla montagna di lettere personali, disponiamo di un gran numero di scritti altrui, poiché la figura dell’imperatore attrasse l’attenzione di amici e nemici più di qualunque altra dell’epoca, Martin Lutero compreso. Dalla nascita all’abdicazione, ogni sua azione, parola o mossa venne osservata e riferita dai diplomatici stranieri e da almeno una dozzina di testimoni a ogni sua apparizione pubblica importante, come l’incoronazione a Bologna nel 1530 o l’abdicazione a Bruxelles nel 1555. Le cronache si moltiplicano in occasione dei viaggi via terra – nel corso del suo regno si recò in più di mille posti, da Wittenberg a Siviglia, da Londra ad Algeri – a tal punto che talvolta possiamo ricostruirne i movimenti ora per ora.
Carlo non stava mai da solo: cortigiani e diplomatici lo accompagnavano anche negli spostamenti meno sontuosi, come nel primo viaggio in Spagna nel 1517 per reclamare la sua eredità, quando si trovò ad attraversare a piedi i Picos de Europa e a dormire in mezzo al bestiame in capanne circondate dagli orsi, o durante la fuga attraverso le Alpi nel 1552 per scampare ai sudditi tedeschi che volevano catturarlo, quando il suo personale dovette rimediare urgentemente delle lenzuola per lui nei paesini sperduti. Anche nel suo ritiro di Yuste, sulla Sierra de Gredos, c’era chi lo teneva d’occhio di continuo: due monaci aggiornavano costantemente un diario delle giornate dell’augusto ospite e non c’era momento che i cortigiani non ne registrassero parole e azioni. Persino al suo letto di morte ben venti spettatori diedero testimonianze giurate su quel che videro e udirono. (…)
L’umanista spagnolo Juan Páez de Castro, incaricato da Carlo di scrivere «la vita di sua maestà», tracciò uno schema in cui spiegava a Carlo come intendeva procedere. Per cominciare, sarebbe partito dal curriculum dell’imperatore, che parlava correntemente sei lingue (compreso il caldeo) e conosceva il diritto, la storia naturale e la matematica. Quindi, «siccome la scrittura non è soltanto prodotto di ingegno o di inventiva, ma anche di lavoro e fatica nel reperire il materiale necessario», Páez si sarebbe messo alla ricerca di fonti ovunque «siano passati gli stendardi di vostra maestà, per dare il lustro che desidero a quest’opera», e in ciascun luogo avrebbe «consultato persone onorevoli e fidate, letto le iscrizioni su monumenti pubblici e sepolcri, scartabellato i vecchi registri notarili ricchi di testimonianze storiche e ricopiato tutte le precedenti narrazioni, vecchie e nuove, di autori buoni e cattivi». Ma poi, nel caso di dati controversi, alla fine «sarà necessario consultare vostra maestà su molte questioni e ottenerne il parere» di persona. Lo schema di lavoro era eccellente, peccato che Carlo morì prima che Páez potesse incontrarlo e l’autore a sua volta morì prima di averne scritto la biografia. (…)
Per capire e spiegare come si comportava Carlo anch’io, come Páez de Castro, ho imparato diverse lingue (non il caldeo però) e ho studiato varie discipline, ho visitato i luoghi «in cui sono passati i suoi stendardi», ho letto la maggior parte delle «precedenti narrazioni, vecchie e nuove, di autori buoni e cattivi» e ho passato al setaccio tutte le fonti scritte. Sebbene non possa «consultare sua maestà su molte questioni e ottenerne il parere», ho fornito ai lettori materiale più che sufficiente per scegliere se credere a coloro che veneravano l’imperatore o a coloro che lo denigravano.