La Stampa, 7 novembre 2021
Massimo Melis è stato ucciso per gelosia
Torino. La gelosia rabbiosa e irrefrenabile di un uomo respinto. Ecco il vero movente del delitto della notte di Halloween, avvenuto nella periferia nord di Torino, in un buio parcheggio condominiale. La Squadra Mobile non ha dubbi. Nessuna ombra, né rappresaglie economiche per una proprietà immobiliare contesa. Massimo Melis, 52 anni, soccorritore professionale della Croce Verde di Torino, ucciso con un colpo di pistola alla testa, è stato condannato a morte da un uomo convinto che lui fosse un rivale. Questa la convinzione ossessiva che avrebbe trasformato in assassino Luigi Oste, 62 anni, barista, originario di Enna ma residente a Torino.
Dall’altra notte è in cella, accusato di omicidio. La procura lo ha sottoposto a fermo di indiziato di delitto. In questi giorni non si era mai allontanato dalla città, ma c’era il pericolo che preparasse una fuga. Forse con l’aiuto di qualche conoscente. «Se non lo ha fatto finora, non capisco il motivo del provvedimento» dice il suo legale, l’avvocato Salvo Lo Greco. L’uomo è descritto come un soggetto pericoloso, incline alla violenza. A giugno era stato arrestato per aver aggredito un automobilista con cui aveva avuto un diverbio a seguito di un tamponamento. All’arrivo della polizia, se l’era presa anche con gli agenti. In passato era stato arrestato per un traffico di eroina. È stato in carcere. La settimana scorsa è comparso in un tribunale piemontese con l’accusa di ricettazione, finito nella rete di un’operazione denominata «Ostriche e champagne». Nei mesi scorsi avrebbe messo in vendita nel suo locale merce rubata, acquistata da una banda che faceva razzie a strascico in depositi alimentari.
Tutta questa storia è racchiusa in quartiere, anzi tra due strade: via Gottardo e corso Vercelli. Zona Barriera di Milano. Lì c’è stato il delitto. Lì viveva la vittima. Lì gestisce il bar il presunto assassino. Lì abita e lavora Patrizia Cataldo, 40 anni, amica di Massimo Melis. La donna per la quale Luigi Oste aveva perso la testa. La cercava, le scriveva i messaggi. La donna lavora nel bar di famiglia, a trenta metri da quello gestito dall’uomo, «L’angelo Azzurro».
Oste non era uno stalker. Semmai un «corteggiatore petulante». Così è stato definito dagli investigatori della Mobile, diretti da Luigi Mitola. Scriveva messaggi, si presentava nel bar della donna. Conosceva Melis, e aveva lanciato segnali di gelosia. In questo contesto è maturato il delitto. Domenica scorsa, Melis e l’amica hanno trascorso la giornata insieme. In serata lui l’ha riaccompagnata a casa. Dopo averla salutata nell’androne, è tornato verso l’auto, una Punto Blu. Erano le 21. Luigi Oste avrebbe atteso il rivale nell’oscurità. Ha aperto la portiera ed ha sparato. Uno solo colpo alla testa, con un revolver. La pistola che ancora non è stata trovata. Al momento del fermo, l’uomo ha scelto di non rispondere alle domande del pm, Chiara Canepa. Le indagini sono ancora in corso. Qualcuno potrebbe averlo aiutato o sostenuto nel suo piano criminale. «Massimo aveva un cuore immenso. Adesso lui non c’è più e il mio unico obiettivo nella vita è trovare il colpevole. Desidero solo ottenere giustizia» aveva detto Patrizia, nei giorni scorsi, a La Stampa. —