Il Sole 24 Ore, 7 novembre 2021
Anche Besos vuole portare internet sui satelliti
Anche Amazon avrà la sua costellazione di satelliti per distribuire internet dallo spazio ad alta velocità: Kuiper il nome scelto. Dopo un’escalation di annunci, a fine 2022 verranno lanciati i primi due satelliti per il test in orbita, un passo considerato irrinunciabile dal vice presidente per la tecnologia Rajeev Badyal. Kuiper avrà fino a 3.236 satelliti: su questo numero è arrivato il permesso preliminare della potente Faa, l’autorithy Usa per l’aerospazio. Ma Amazon ha già messo avanti le mani chiedendo l’autorizzazione per altri 4.500. La costellazione inizierà comunque a funzionare quando si avranno circa 500 satelliti in orbita, ma caratteristiche fisiche e tecnologiche di questi oggetti si possono solo immaginare. Jeff Bezos rincorre nello spazio Elon Musk e la sua SpaceX, sia pur con alterne fortune: il suo razzo New Shepard lo ha portato oltre i cento chilometri di altezza, dove inizia per convenzione lo spazio, ma SpaceX lo ha surclassato spedendo intorno al globo per diverse ore quattro persone. In più Bezos ha perso la gara per costruire il primo lander lunare per il programma Nasa Artemis, affidato direttamente a SpaceX. Ora Bezos cerca di rifarsi costruendo una stazione spaziale intera, un albergo per turisti di lusso o ricercatori.
La sfida ora si è spostata sull’internet dallo spazio. Kuiper si mette in diretta concorrenza con la Starlink di SpaceX, che ha tra 1.300 e 1.800 satelliti già attivi in orbita, con il sistema a banda larga OneWeb, joint venture anglo-indiana, partita come privata e salvata dal fallimento con l’intervento degli Stati, che ha 146 satelliti lanciati dei 648 previsti, e con la rete Lightspeed di Telesat, che per il prossimo anno ha programmato di lanciarne circa 300. Intanto Starlink ha già chiesto la licenza per 15mila satelliti, il doppio di Amazon. Con la promessa di portare la rete in tutto il mondo, anche nelle aree più inaccessibili.
Il funzionamento di queste reti non è diverso da quelle già esistenti come OpenSky o SkyDSL, ma con una differenza fondamentale: il tempo di risposta, o di latenza, per dirla con un termine più tecnico, che si promette in millisecondi e non decimi. Un tempo che per internet fa la differenza.
I satelliti di Starlink, e anche delle altre reti previste, orbitano bassi, a circa 500 chilometri, e il tempo di risposta è praticamente istantaneo. A quella quota però non possono stare fermi sopra un punto, essere geostazionari in altre parole, e fanno un giro della Terra in circa 90 minuti. «Le parabole dell’utente finale vedono però una larga parte di cielo, circa 110 gradi, quindi possono seguire un satellite per parecchi minuti, poi il sistema passa automaticamente al successivo satellite in transito», spiega Mauro Magrassi, chief technology officer del Mix di Milano, la struttura dove le reti dei vari provider si scambiano buona parte del traffico internet italiano. I satelliti poi scaricano a terra alle antenne di ricezione sparse in tutto il mondo e da lì si connettono all’internet globale. Amazon, per esempio, ha stipulato un accordo con Verizon. I primi dati sulla velocità di questi sistemi, Starlink per esempio, vanno dai 150 a 600 Megabit al secondo. Per agganciarsi a Starlink ci si può già prenotare anche in Italia, arriverà a fine anno. «Siamo ansiosi di iniziare a lavorare con loro, sperando ci si possa organizzare con un gateway almeno per ogni Paese del G20 per bilanciare al meglio il traffico e gli scambi», aggiunge Magrassi.
Nessun problema per chi è abituato a filtrare internet ai propri cittadini: Paesi come la Cina sono già organizzati con firewall potenti che controllano le poche vie di ingresso nel loro territorio.