la Repubblica, 6 novembre 2021
Greta in piazza contro Cop26: «È un fallimento»
GLASGOW – A sei anni, Nina Cassidy ha scritto al governo scozzese. Perché lo hai fatto? «Perché c’era troppa plastica a scuola», ci sussurra timida. Interviene mamma Abby: «Greta ha ispirato tutti noi!». E così ieri Nina, la madre, papà Scott, la sorellina Ivy e altre migliaia di persone sono accorse nel magico Kelvingrove Park di Glasgow, a poca distanza dallo Scottish Event Campus. Dove si tiene il vertice Onu sul clima Cop26, vitale per il futuro del pianeta e delle prossime generazioni.
Perciò qui a Glasgow, la capitale della Rivoluzione industriale che oggi vuole farsi “verde”, sin dalla mattina sono accorsi tantissimi bambini, giovani e teenager, ma anche molte famiglie e qualche adulto. La pressione, non solo della calca, è enorme. I prossimi sette giorni saranno decisivi per decidere come ridurre le emissioni in modo da limitare l’aumento della temperatura terrestre a 1,5 gradi nei prossimi decenni.
Un obiettivo purtroppo impossibile da raggiungere in questa Cop26, principalmente per le opposizioni di Cina e India. Questi giovani lo sanno bene.
Sono delusi, sono arrabbiati “Angry Young Men”, e dunque ieri hanno sfilato nell’ennesimo “Friday for the Future”, gli scioperi del venerdì ideati dall’attivista svedese Greta Thunberg, tra cartelli “Basta giocattoli di plastica”, “Basta bla bla bla”, “Non c’è un pianeta B”, “Non ci ruberete il futuro” e cori “il mondo non è del profitto! Il mondo è nostro!”.
Sotto gli occhi dei vecchi che bevono pinte mattutine, arrivano da ogni angolo della terra: c’è la 23enne Brianna Fruean, da Samoa, che racconta come i cicloni si siano decuplicati negli ultimi decenni: «La mia isola rischia di essere spazzata via». C’è Rosamarina Loren Cruz, 22 anni, dal Messico perché «il petrolio sta inquinando il mio Paese», c’è Gabriele Gandolfo, 26 anni, da Torino, con la bandiera italiana dipinta sulle guance: «Siamo arrivati in treno in 15 giovani, con il crowdfunding». Almeno loro, tra tanto pessimismo, sono ottimisti: «In questo momento storico, ci fidiamo delle istituzioni».
Greta Thunberg invece ottimista non lo è affatto. La 18enne spunta dal nulla poco prima della partenza del corteo, con in testa gli indigeni del Pacifico minacciati dal climate change. E così, tra i cori in suo onore e le offese di qualche ragazzaccio, marcia nella fiumana, protetta dalla mascherina Ffp2, da un imponente servizio di sicurezza e da un silenzio preoccupato.
A sera però, quando il corteo arriva a George Square, Greta tuona la sua sentenza: «La Cop26 è già un fallimento!» urla dal palco, in un cappottino rosso, a seguaci e attivisti, che reagiscono con applausi e grida rassegnate. Thunberg rincara la dose «Non si può affrontare la minaccia del cambiamento climatico con gli stessi vecchi metodi. Questi leader non stanno facendo nulla!». E poi il ritornello mondiale: «Siamo stufi di bla, bla, bla!».
Il solco e il contrasto tra dentro e fuori la Cop26 sono disarmanti. Una sintesi che possa accordare il fronte dei negoziatori mondiali e quello dei giovani attivisti “lasciati fuori” sarà impossibile.
E fa niente che le delegazioni oramai lavorino 24 ore su 24 per provare a trovare un’intesa e che ieri il premio Nobel Al Gore abbia pronunciato un bellissimo discorso su inquinamento, conseguenti migrazioni incontrollate e rischio di nuovi populismi. Le parole di Greta, che chiede una riduzione «drastica e immediata delle emissioni», hanno già condannato qualunque compromesso a una parola sporca agli occhi dei suoi seguaci, «perché i potenti e i leader vogliono solo preservare l’economia e lo status quo. E noi lo sappiamo!».«Quanto dovrà passare prima che i leader capiscano i danni della loro inazione?», ha rincarato l’altra stella dell’ambientalismo, la 24enne ugandese Vanessa Nakate.
Oggi ci sarà un’altra manifestazione di giovani ribelli, forse ancora più grande con decine di migliaia di persone, e di certo più radicale con le azioni di Extinction Rebellion. Nel mezzo, ieri la notte di Glasgow è stata illuminata dai fuochi di artificio, in onore di Guy Fawkes, il cospiratore cattolico inglese a cui è ispirata la maschera di Anonimous. Ma in questa congiura delle polveri sottili non c’è niente da festeggiare.