la Repubblica, 6 novembre 2021
Berretta a un passo da armare le braccia dell’esercito americano
NEW YORK – Un nuovo fucile d’assalto per l’esercito americano, con l’anima tecnologica italiana. Siamo ormai ad un passo, perché la Beretta con la sua cordata è in finale per ottenere la commessa, che dovrebbe essere decisa entro gennaio. Una potenziale svolta epocale, per almeno tre motivi: la dimensione dell’affare, che può arrivare a 5 miliardi di dollari e oltre; la rivoluzione strategica che porterà sui campi di battaglia; e il banco di prova per la disponibilità dell’amministrazione Biden verso l’Italia guidata da Mario Draghi.
Quando un turista va ai Cu Chi Tunnels, dedalo di cuniculi che Ho Chi Minh aveva fatto scavare fuori Saigon, usandoli poi per sorprendere gli americani durante l’offensiva del Tet, la visita si conclude su un poligono dove è possibile provare l’ebrezza di sparare con un M16 strappato ai soldati Usa. Se fai parecchi centri, ricevi in regalo una stella del regime di Hanoi. Non è violenza, e a questo punto neppure di rivalsa. Piuttosto è il riconoscimento che le armi, ci piaccia o no, possono diventare icone e simboli di intere epoche storiche.
Da allora in poi, però, gli americani non si sono mossi granché, perché il fucile dell’esercito resta l’M4A1, nipote dell’M16 visto da Apocalypse Now al Cacciatore. Quando l’ex generale dei Marines James Mattis, diventato capo del Pentagono, ha visto i dati secondo cui il 4% dei soldati americani subisce il 90% di ferite e decessi, ha deciso che era ora di cambiare. Perché questo 4% appartiene alle forze da combattimento impegnate nelle operazioni più pericolose di prima linea, non abbastanza protette.
Così il Pentagono ha pubblicato un bando, a cui nel 2018 hanno risposto oltre venti aziende riunite nel New Jersey. I militari hanno esposto questo ragionamento: gli Usa sono ancora dominanti ovunque, nucleare, missili, cyber, aeronautica, marina, carri armati, ora anche la Space Force, tranne dove si combatte faccia a faccia col nemico. Gittata, potenza e precisione non sono all’altezza delle sfide. Nella lotta al terrorismo, l’M4 vale quanto il Kalashnikov di un talebano, se non meno. In Afghanistan gli amici di Osama bin Laden sparavano sugli americani da posizioni nascoste, e poi si spostavano di qualche centinaio di metri, fuori dalla portata dei proiettili Usa. Così i marines dovevano inseguirli, cadendo in trappola. Peggio ancora è la prospettiva di uno scontro con grandi potenze, perché le pallottole dell’M4 non hanno la forza di penetrare i giubbotti antiproiettile cinesi e russi.
Allora il Pentagono ha fornito alle aziende la nuova munizione da 6,8 millimetri, con cui vuole rimpiazzare i calibri 5,56 e 7,62; ha spiegato le caratteristiche di potenza e precisione richieste, affinché i suoi uomini possano colpire da una distanza di sicurezza superiore a 600 metri; e ha sfidato i concorrenti a costruire il prototipo del nuovo fucile Next Generation Squad Weapons (NGSW) intorno al proiettile. La prima selezione ha eliminato una ventina di case, e il 22 ottobre sono state presentate le ultime proposte da tre gruppi: Lone Star Future Weapon, di cui fanno parte Beretta, General Dynamics e True Velocity, Sig Sauer e Textron. Secondo voci di corridoio Textron ha rinunciato, e quindi ora la finale è tra la cordata di Beretta e Sig.
La decisione è attesa per gennaio, con le prime ordinazioni ad aprile e le consegne a fine 2023. Oltre alle armi bisognerà fornire le munizioni, che è un po’ come vendere le auto e pure benzina o gomme per muoverle. Il contratto ha un tetto di 4,5 miliardi nell’arco di dieci anni, ossia quasi un quinto dell’intera finanziaria italiana, tanto per capirne le dimensioni. Ma questo senza considerare i ricavi aggiuntivi che potrebbero venire se il nuovo proiettile cancellasse il calibro Nato, obbligando i paesi membri dell’Alleanza a considerare il fucile NGWS, e gli altri alleati che vorranno comprarlo.
La cordata di Beretta ha ideato l’RM277 A e AR, innovativo perché usa il bullpup, che consente di avere una canna più lunga senza aumentare la dimensione dell’arma. Il vantaggio sul campo è ovvio: si colpisce con più potenza e precisione, a distanza maggiore. Ma c’è anche un potenziale effetto di deterrenza, perché chi sa di essere più debole ci pensa due volte prima di attaccare.
Le dimensioni del contratto parlano da sole, e anche se Beretta produrrà le componenti in Tennessee, la prospettiva storica dell’azienda cambierebbe. È una gara tra privati, però è ovvio che i governi la seguano con attenzione. E per Joe Biden potrebbe essere l’occasione di dimostrare nel concreto l’attenzione verso l’Italia di Draghi.