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 2021  novembre 06 Sabato calendario

Uomini che odiano le giornaliste


«Traditrice della patria». «Sei solo una demente di m...». «Sfigata». «Vecchia». «Zoccola isterica».«Cessa». «Meriti di morire». Chi più ne ha più ne metta: gli epiteti infamanti tracimano dai post sul web. La pandemia ci ha reso migliori? A giudicare dal tourbillon d’insulti che in questi mesi di emergenza sanitaria si sono abbattuti sulle giornaliste italiane, siamo diventati peggiori, dal momento che aggrediamo le donne impegnate in una difficile professione, quella di reporter. Una gran quantità di «hate speech», di discorsi di odio, formulati contro le inviate, le croniste, le redattrici sta dominando la scena della comunicazione digitale in questi mesi di lockdown.Nel mirino degli «haters», di coloro che muovono gli «shitstorm» nel web, oggi ci sono soprattutto le donne che informano e che si qualificano come essenziali veicoli della comunicazione: così risulta dall’approfondita ricerca fatta da Silvia Garambois e da Paola Rizzi #Stai zitta giornalista. Dall’hate speech allo zoombombing. Quando le parole imbavagliano (All Around editore, pp. 134, euro 15, 00). Le autrici fanno parte del gruppo GiULiA (acronimo di: Giornaliste Unite Libere Autonome) che ha collaborato alla realizzazione della Mappa dell’intolleranza redatta da Vox, osservatorio sui diritti. Negli ultimi due anni il 60 per cento dei commenti negativi apparsi in rete – ci spiegano le analiste – hanno colpito le giornaliste. In epoca pandemica le risse internettiane sono diminuite, mentre al contrario sono aumentate le intolleranze verso le professioniste della carta stampata, della tivù e della radio. La classifica del lessico per nulla familiare che aggredisce le signore dell’informazione vede al primo posto «str…», seguito da «schifosa», «p…», «ignorante», «frustrata» e poi anche di peggio.Da tempo i leoni da tastiera, gli odiatori di professione, hanno preso di mira le donne che occupano uno spazio pubblico, politiche, giornaliste, cantanti, attiviste, influencer: vittima illustre di questi attacchi è l’ex presidente della Camera Laura Boldrini che proprio in questi giorni dà alle stampe Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne (Chiare Lettere, pp. 268, e. 16,00), una disamina accorata del sessismo che domina nel nostro Paese. Coloro che brandiscono la clava della volgarità e dell’insulto si sono scagliati, inoltre, contro le giornaliste più note, da Giovanna Botteri a Michela Murgia, da Selvaggia Lucarelli a Daria Bignardi (come lei stessa racconta su Vanity Fair è stata oggetto di offese persino per la sua malattia).In questi ultimi mesi i denigratori tramite web del gentil sesso, come denunciano le ricercatrici, si sono scatenati in particolare contro le giornaliste che si dedicano alla denuncia sociale. I molestatori della rete, chiusi in casa, oppressi dal terrore del contagio, preoccupati per la crisi economica, tirano sassi e pietre contro le donne che amano vedere impegnate in battaglie politiche e civili. Ecco, per esempio, l’inviata di Rai News, Angela Caponnetto, sotto la spada di Damocle del web per il suo lavoro di informazione sul tema dell’immigrazione. Come viene contestata? Tramite lo «slut-shaming»: il metodo che stigmatizza la condotta sessuale di una donna in un contesto in cui in cui la sessualità non c’entra nulla.«La mia foto veniva messa in sovraimpressione a uno stuolo di uomini di colore. Accompagnata da commenti volgari sulle performances sessuali», spiega la Caponnetto. Questa foto è stata ritwittata da un senatore della Lega. Gli psicologi e i sociologi paragonano i post ricevuti dalla giornalista a stupri verbali che esprimono il bisogno di far del male, di sottomettere. E anche di sottolineare che il compito femminile è solo quello di offrire prestazioni erotiche.Lo «slut- shamming» è stato applicato anche a Monica Napoli, inviata della rete televisiva Sky, che si è cimentata in inchieste scottanti come quelle sui carabinieri corrotti della caserma Levante di Piacenza e anche lei sugli sbarchi dall’Africa. «Dopo aver avuto un battibecco con Beppe Grillo – racconta – sul blog in cui venivano messi alla gogna i giornalisti che non piacevano al Movimento 5 stelle fu postata una mia fotografia». E così Monica in foto è diventata carne da macello. Poi l’anno scorso, dopo uno scontro sull’immigrazione con il leader della Lega, Matteo Salvini, sono arrivati altri attacchi misogini.Il web non perdona alle comunicatrici più impegnate: «Strega manipolatrice» o «stupida gallina» sono le frasi più diffuse con cui vengono perseguitate giornaliste di vaglia che, a volte, sembrano quasi dei complimenti rispetto alle minacce che ha ricevuto Marilù Mastrogiovanni. Autrice di inchieste sul rapporto tra la Sacra Corona Unita e alcuni politici del Sud, spiega che contro di lei «si agisce per fini criminali, ma in modo tanto più virulento perché sono una donna. Scrivi idiozie e devi chiudere la bocca, ti dicono. Le minacce sono sessiste del tipo “troia”, “adesso arrivo da te” e così via».Anche Marianna Aprile, redattrice del settimanale Oggi, è stata fatta oggetto di colpi bassi digitali che si accaniscono sul suo aspetto (commenti vergognosi su un suo neo o sulla erre moscia), ma tende a essere comprensiva: «Quel che penso è che questi post rappresentino una grande richiesta di attenzione e alcuni degli autori riescono anche a scusarsi». In ogni caso gli arrembaggi verbali all’intelligenza e al corpo delle signore dell’informazione hanno solo uno scopo: cacciarle via dal web, da twitter, da facebook. Vogliono mettere il silenziatore alle parole delle donne. Naturalmente i talebani d’Italia non ci riusciranno. —