Il Messaggero, 6 novembre 2021
Ad Hollywood non si fa più sesso: solo l’1,21 per cento dei film usciti negli ultimi dieci anni contiene scene erotiche
Il 18 novembre uscirà il film Annette, musical di Léo Carax in cui tra una canzone e l’altra il protagonista Adam Driver pratica un cunnilingus all’attrice premio Oscar Marion Cotillard. Si tratta di una delle rarissime scene di sesso ormai visibili al cinema che, malgrado l’evoluzione della società e lo sdoganamento progressivo dei costumi, sembra aver rinunciato a rappresentare esplicitamente l’erotismo.
Siamo entrati in un’era di nuovo puritanesimo? Se lo è chiesto la Bbc che al fenomeno ha dedicato una lunga inchiesta cominciando dai numeri: secondo una ricerca del portale Imdb, il database del cinema mondiale, soltanto l’1,21 per cento dei 148.012 film usciti dal 2010 a oggi contiene sequenze di sesso. Niente a che vedere con i bollenti anni Novanta di Basic Instinct e Showgirls, picco della febbre erotica del cinema.
NUOVO PUDOREInvece in questo periodo chi cerca brividi in sala, a parte Annette potrà contare soltanto su Benedetta di Paul Verhoeven, storia di una monaca lesbica del XVII secolo (che usa una statuetta sacra come sex toy) e su Titane di Julia Ducournau, Palma d’oro a Cannes, la cui protagonista fa l’amore a tutto schermo ma non con un uomo bensì con una Cadillac.
Di chi è la responsabilità del nuovo pudore del cinema, un tempo sotto accusa per la sua audacia sessuale grazie a cult amatissimi dal pubblico e bersagliati dalla censura come L’impero dei sensi, Ultimo tango a Parigi, Il postino suona sempre due volte, Nove settimane e mezzo, il mitico Basic Instict e solo qualche anno fa Nymphomanmiac?
LE CAUSEL’attuale latitanza del sesso sul grande schermo ha più di una causa. Una è puramente industriale: mentre gli incassi, sotto i colpi dello streaming, sono in affanno i produttori non possono permettersi di perdere il pubblico dei giovanissimi che un divieto ai minori terrebbe lontano dalle sale.
Un’altra ragione è riconducibile al costume: ormai la pornografia è talmente disponibile sulla rete che la gente non va a cercarsela anche nel cinema mainstream, cioè per il grande pubblico. C’è poi da considerare il movimento #MeToo che, sull’onda degli scandali sessuali, ha imposto nuove regole sulla rappresentazione del corpo della donna, non più un puro oggetto di piacere ma un soggetto degno del massimo rispetto. Tanto che sui set anglosassoni è comparsa una nuova figura, imposta per contratto: l’intimacy coordinator, delegato a sorvegliare le scene di intimità per far sì che qualunque atto, anche simulato, avvenga con il pieno consenso degli attori.
EVITARE DENUNCEE non solo per evitare la mercificazione sessuale delle donne ma anche, e soprattutto, per sventare denunce per abusi o molestie con relativi risarcimenti milionari.
Ormai esistono le star, pagatissime, del settore: Ita O’ Brien che ha fondato la prima agenzia di intimacy coordinators, Amanda Blumenthal che ha soprainteso alla serie Hbo Euphoria in cui tra orge e droga succede di tutto, Lizzy Talbot che sul set della serie Netflix Bridgerton ha fatto da terzo incomodo quando il Duca e la Duchessa di Hastings finivano a letto.
La novità è stata considerata da molti un’ulteriore esasperazione del pensiero politically correct e un limite alla libertà di espressione dei registi. Ma c’è anche chi l’ha accolta con sollievo come l’attrice Dakota Johnson che sul set di 50 sfumature di grigio pretese di eseguire a porte chiuse le acrobazie erotiche con il partner Jamie Dornan, o come Keira Knightley che, non sentendosi sufficientemente tutelata, tempo fa ha dichiarato: «Non farò più scene di sesso se a dirigermi non sarà una donna».