il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2021
I vent’anni di Mulholland Drive
Un culto lungo 20 anni. La Cineteca di Bologna riporta in sala per tre giorni, dal 15 al 17 novembre, il capolavoro di David Lynch, Mulholland Drive. E nel nuovo restauro in 4k realizzato da StudioCanal, che quattro lustri orsono resuscitò il progetto di Lynch, cassato dalla Abc quale pilot televisivo. Per il regista si trattò di “una storia d’amore nella città dei sogni”, per la rivista britannica Sight & Sound di uno – l’altro è In the Mood for Love di Wong Kar-wai – dei due unici titoli degli anni Duemila a trovare posto tra i migliori cento della storia del Cinema, per la Bbc del più grande film del XXI secolo, per la maggioranza degli spettatori di un enigma da godere. Miscela di reale e onirico, sintesi di mélo e noir, fa di Laura Harring e Naomi Watts, che lanciò nell’Olimpo, una coppia a geometrie variabili, dedita allo scambio di ruoli, votata alla deflagrazione narrativa, destinata a sovvertire il cinema per come lo conoscevamo – e per come lo conosceva lo stesso autore di Velluto blu e Strade perdute, prima mai così ardito. L’Abc avrebbe voluto farne un altro Twin Peaks, il pubblico l’ha reso un must fideistico, la critica ha provato stolidamente a spiegarlo, a tal punto che nell’edizione in Dvd il cineasta allegò dieci indizi in odore di supercazzola, da “Fate attenzione alle apparizioni della lampada rossa” a “Dov’è la zia Ruth?”. Mulholland Drive gli valse la nomination agli Oscar per la regia, dopo quelle per The Elephant Man e Velluto blu: per la terza volta la statuetta non arrivò, il nostro si deve accontentare di quella alla carriera arrivata nel 2019. Come per ogni cult che si rispetti, gli aneddoti si sprecano. Il più succoso riguarda Nanni Moretti, che quell’anno competeva anch’egli a Cannes: La stanza del figlio vinse la Palma d’Oro, Mulholland Drive il Prix de la mise en scène ex aequo con L’uomo che non c’era di Joel ed Ethan Coen. Moretti e Lynch si incrociarono nel foyer del Palais prima della cerimonia di chiusura, il regista “dal ciuffo bianco con gesto nervoso ed elegante si accende una sigaretta, si avvicina e mi dice: ‘Nanni, un giorno di questi ti ucciderò’, gli ribatto: ‘Non so nemmeno che premio ho vinto’, e lui: ‘Ti ucciderò lo stesso’”. Si può discutere sui modi, ma David aveva subodorato il palmares: “Avrei voluto ucciderlo, poi ci ho ripensato. Amo Nanni, non so perché ebbi quell’impulso – ha confessato alla Festa di Roma nel 2017 – me lo ero dimenticato”. Mulholland Drive è invecchiato benissimo, nondimeno, ci ricorda che cos’era il cinema e non è più. In Concorso a Cannes quel- l’anno c’erano, tra gli altri, Ritorno a casa di Manoel de Oliveira, La pianista di Michael Haneke, Millennium Mambo di Hou Hsiao Hsien, l’animazione Shrek, Moulin Rouge! di Baz Luhrmann, Viaggio a Kandahar di Mohsen Makhmalbaf, Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi, La promessa di Sean Penn, Che ora è laggiù? di Tsai Ming-liang, No Man’s Land di Danis Tanovi. Come siamo caduti in basso, eh?