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 2021  novembre 06 Sabato calendario

Orsi&Tori


«Sostenibilità per noi vuol dire progresso», sostiene Nexi, la principale società italiana dei sistemi digitali di pagamento, realizzando finalmente una sintesi reale di una parola, sostenibilità, che è la più inflazionata sulla terra in questo momento. Una parola che comincia perfino a essere lacerata prima ancora che dia frutti apprezzabili per l’umanità nel suo complesso e per i singoli cittadini della terra.
Se si pensasse che la parola sostenibilità è semplicemente inflazionata si sbaglierebbe: la situazione è assai più negativa, più pericolosa se vogliamo, poiché il turbinio che genera va dall’utilizzo strumentale per ragioni commerciali al G20 e al vertice di Glasgow, dove si è parlato di sostenibilità come necessità di ridurre le emissioni, per contenere l’innalzamento della temperatura e quindi del benessere
dell’umanità. E poi si passa alla sostenibilità in ogni settore, dalla moda per esempio, per la quale è in preparazione una meritoria definizione dei criteri che consentano di pronunciare la parola magica. Ci stanno lavorando la Camera nazionale della moda, le Nazioni Unite nella persona di Simone Cipriani, dirigente dell’Onu e presidente dell’Ethical Fashion Initiative. Ma appunto, come testimonia l’interpretazione di Nexi, anche nel mondo dei pagamenti, il cui Salone è stato aperto a Milano mercoledì 3 per merito di Abi, del suo presidente Antonio Patuelli e del direttore generale Giovanni Sabatini.
Insomma, credo che serva una riflessione generale e una conclusione inevitabile: l’uso della parola sostenibilità va regolamentato, deve diventare un termine protetto da copyright sia per pronunciarlo che per scriverlo; titolari del copyright dovrebbero essere l’Onu, che è stato il primo nel 1987 a usarlo con il rapporto Brundtland Our common future, che recitava letteralmente: «Uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri».
Ci sono voluti più di 30 anni prima che si arrivasse a permeare della parola magica ogni discorso, ogni progetto, ogni protesta di piazza. Combinandosi con la tecnologia che galoppa e che già di per sé consente di capire ben poco di cosa stia avvenendo per la quasi totalità della popolazione del mondo, la parola magica è diventata la più grande discriminazione che si potesse immaginare. In nome della sostenibilità, unita alla tecnologia, è nata una élite che ha conquistato il potere nei principali snodi della vita umana.
Qui serve una rivoluzione, quasi come fu quella francese. Occorre davvero democratizzare, quindi in primo luogo spiegare a tutti che cosa vuol dire, o cosa dovrebbe voler dire sostenibilità e come la si raggiunge.
Sfido chiunque a poter dire che combinando la parola sostenibilità con i moltissimi termini della tecnologia si consenta al maggior numero possibile di esseri umani di capire veramente che cosa sta succedendo o si vorrebbe che succedesse.
In primo luogo, esiste un tema, appunto, di falsità e di abuso. Non c’è azienda, non c’è settore, non c’è associazione, non c’è partito politico, non c’è governo, non c’è stato che non si riempia la bocca con la parola magica. E i falsi travalicano gli atti o i pensieri veri, reali, corretti. Come sta succedendo sulla rete dove ormai le notizie false, o per codice linguistico fake news, sono pari al 65% di quelle diffuse. Ecco allora che chi legge sulla rete percepisce una realtà falsa per il 65%.
L’uso e l’abuso della parola magica ha solo in parte obbiettivi condivisibili. Nella maggioranza dei casi la parola magica viene usata per scopi appunto commerciali, per apparire buoni e corretti agli occhi del resto dell’umanità, la quale verifica ogni giorno il disastro ecologico in cui è piombato il mondo.
Le grandi aziende quotate del settore fossile, più altamente inquinanti, come ha rivelato Larry Fink, il super boss di BlackRock, hanno scorporato la parte più nociva delle loro attività vendendola ad aziende più piccole che non hanno gli stessi controlli e i vincoli di autogoverno. Il valore delle transazioni è stato pari a mille miliardi di dollari, dice BlackRock, e sta generando la situazione paradossale per cui le grandi aziende quotate si mostrano (e un certo senso lo sono) impegnate verso la sostenibilità, ma il risultato di inquinamento non cambia.
E questo è solo uno degli esempi. Ma se si prende per buona la traduzione di sostenibilità = progresso proposta da Nexi, l’analisi di Larry Fink va estesa a tutto quanto viene chiamato sostenibilità, andando veramente a fondo al tema e organizzando anche sistemi che puniscano chi spaccia, come la droga, azioni di sostenibilità, mentre sono pure speculazioni.
Non è un’operazione facile ma va iniziata. Non è facile perché essa appunto si intreccia con un altro mondo dove il progresso è occasione anche di imbroglio. Alec Ross, il professore americano che insegna a Bologna e che ha recentemente pubblicato il libro I furiosi anni Venti, cioè gli anni che stiamo vivendo oggi, sostiene che connessi alla rete ci siano 37 miliardi di sensori, i quali entro quattro anni potranno perfino raddoppiare. Sono questi sensori l’humus nel quale nascono ogni giorno attacchi da parte di hacker per penetrare e appropriarsi dei dati riservati delle aziende e delle persone o per martellamenti di ogni genere allo scopo di vendere o agganciare contatti pericolosi. E tutto ciò riceve un contributo fondamentale dagli Ott, cioè dalle aziende che dominano la rete con varie attività, dall’insostituibile offerta principale di Google, cioè la ricerca di documentazione, utilissima ma frutto dell’appropriazione di contenuti che sono stati prodotti e pagati dai media o anche da scienziati, fino alla possibilità di orientare l’opinione pubblica, di cui ha fatto abuso Facebook con algoritmi che possono deprimere o esaltare. La lista di questi bene-malfattori è lunga e comprende chi oggi ha davvero potere, non solo economico, nettamente superiore a quello degli stessi stati. È vero che gli stati si stanno svegliando e che sia negli Usa che in Cina sono stati varati provvedimenti che tentano di ristabilire la correttezza, ma il potere degli Ott è ancora soprannaturale anche se, come ha fatto Facebook, cambiano nome diventando Meta.
Credo che nessuno abbia il coraggio di definire sostenibili gli Ott, anche se è indiscutibile che creano progresso, ma appunto il progresso può essere buono o cattivo, per usare aggettivi correnti. O per altri versi, un progresso pericoloso, come lo è stata la fusione nucleare, se esso non viene presto davvero regolamentato e ricondotto a una vera sostenibilità.
Ciò è quanto mai necessario nel settore finanziario ed economico. Si pensi solo alle criptovalute. È ormai da anni che le voci più autorevoli si levano per richiedere che si arrivi a una regolamentazione. In Italia chi si è speso di più è il professor Paolo Savona, se vogliamo anche per un dovere d’ufficio come presidente della Consob, che pur non ha competenza in materia monetaria ma da essa ha il proprio compito influenzato. Ma l’udito intorno, in chi deve intervenire, appare pari a quello dei sordi, cioè i governi, nazionali e sovranazionali, oltre alle banche centrali. Fra l’altro il fenomenodelle criptovalute, basandosi sulle blockchain che per funzionare consumano enormi quantità di energia, sono chiaramente l’opposto della sostenibilità. E infatti ritenendo gli scienziati che le blockchain possano essere utili per altre attività, hanno stimato che l’unico sistema per farle funzionare senza prosciugare l’energia pulita che si tenta di produrre, sia quello di tornare alla produzione di energia con piccole centrali nucleari che oggi possono essere sicure e pulite. Ecco allora un altro paradosso: le blockchain possano avere una funzione utile quindi sostenibile se non servono a creare sistemi monetari non controllabili dagli stati, ma in realtà non sono sostenibili perché bruciano enormi quantità di energia.E che dire dei continui e sempre più potenti interventi degli hacker anche su strutture minime che non possono permettersi di avere cybersecurity e che offrono ai violatori dei sistemi dati personali utili per truffe o per vendite pirata?
Vi pare sostenibile una tale situazione? Una volta lo spionaggio usava Mata Hari, danzatrice e agente segreto olandese. Poi è arrivato il mondo descritto e fatto immaginare da James Bond. Ora siamo al punto che anche qualche ragazzo precoce potrebbe penetrare segreti vitali per gli stati. Ecco come il progresso tecnologico, se non consente un pronto adeguamento di tutti i sistemi pubblici e privati per il loro controllo, diventa una delle maggiori espressioni di insostenibilità. A certificarlo è stato, come ho già scritto, l’ex-Chief software officer del Pentagono, Nicolas Chaillan, che si è dimesso denunciando l’impotenza del sistema di difesa americano nel reggere il confronto con l’avanzamento tecnologico della Cina. In altri momenti di fronte a queste dichiarazioni il capo del software del ministero della difesa americano sarebbe stato incriminato per rivelazioni di segreti di stato; invece, ha ricevuto il ringraziamento dei suoi superiori ed è stato immediatamente convocato per una testimonianza dalla specifica commissione del Congresso americano.
Non è neppure il caso di dimenticare come quanto accaduto sia la dimostrazione che parlare a raffica di sostenibilità sia la più enorme imbecillità che si possa immaginare.
Occorre quindi un reset totale, che almeno sul piano teorico soltanto l’Onu insieme alla Ue possono fare, ma occorre anche che si crei non uno ma più organismi nazionali e per singoli settori per controllare che i principi reali della sostenibilità vengano rispettati.
In primo luogo, perché oggi la parola magica viene spesa da chiunque per qualunque settore e per qualunque attività. Quindi sul piano delle codifiche l’Onu deve fare molto di più di quanto ha fatto, stabilendo non solo i principi della sostenibilità ma anche quelli per il controllo. Non che possa fare da controllore, ma può fare sicuramente da stimolo perché gli stati o i sovrastati come l’Unione europea si attrezzino per premiare ma anche per punire chi abusa della parola magica.
In altri termini, nel momento nel quale il globo vive il dramma dell’inquinamento, della deforestazione, della crescita costante della temperatura, non è democraticamente accettabile che da destra e da sinistra si faccia uso della parola magica per essere premiati, da qualche autorità, dal mercato commerciale, o da nuovi organismi. Intorno alla parola magica stanno nascendo imbrogli, truffe, abusi. Occorre quindi che dopo la celebrazione dei vertici dei giorni scorsi, chi ha il dovere di farlo passi all’azione per dare regole precise e creare strutture adeguate perché le stesse vengano rispettate.
Nel mondo finanziario che misura anche l’andamento degli stati, da decenni lo strumento è il rating rilasciato da società autonome, ma che devono rispettare regole precise. Quando nell’anno in corso l’Italia ha mostrato una crescita significativa, Standard & Poor, la maggiore e più autorevole società di rating economico-finanziario al mondo, ha immediatamente certificato questa ripresa con l’emissione di un outlook positivo sul rating italiano, prodromo di un possibile miglioramento.
Quindi nell’area finanziaria ed economica c’è un ordine costituito che funziona. E funziona perché le società di rating devono rispettare una serie lunga e stringente di regole, che impediscano qualsiasi sospetto di conflitti di interesse.
Altrettanto deve essere fatto per il mondo che gira intorno alla parola magica. Perché ovviamente se una società o uno stato vanno bene economicamente e finanziariamente devono ottenere queste performance rispettando anche i principi della sostenibilità.
Consapevole che sto per scrivere qualcosa di positivo nei confronti del sistema Class editori, e quindi teoricamente in conflitto di interessi ma che decade perché lo dichiaro, voglio ricordare che dal 2004 esiste una società, di cui questa casa editrice è il singolo maggior azionista, che assegna il rating di sostenibilità in base ai principi fissati dall’Onu, Ue e Ocse. Standard Ethics, la società, rilascia i rating sia se esso viene richiesto dalle società stesse sia se non viene richiesto, perché si giudica che comunque il ruolo di quella società sia importante per la sostenibilità. Un caso significativo di rating non sollecitato è quello di JP Morgan, una delle maggiori banche al mondo. La quale JP Morgan aveva sostenuto la parte finanziaria del progetto della Super Lega di calcio, che avrebbe escluso larga parte delle squadre che partecipano ai vari campionati nazionali. L’esclusione è esattamente contraria alla sostenibilità, come nel caso specifico si affrettò ad affermare anche il presidente Mario Draghi. Quando Standard Ethics comunicò il downgrade del rating di sostenibilità di JP Morgan, la banca, comprendendone l’importanza, ebbe la prontezza di scusarsi pubblicamente per la scelta che aveva fatto.
Per fortuna, il primo organismo di controllo che ha compreso l’importanza di regolamentare l’uso e l’abuso della parola magica, è l’Esma, l’ente europeo che riunisce le varie Consob dell’Unione europea. Standard Ethics, che ha emesso su richiesta alcune decine di rating anche di società italiane quotate, appare essere il modello. (riproduzione riservata)