La Stampa, 5 novembre 2021
Le vetreria di Murano stanno chiudendo
MURANO (Venezia)- Sull’isola di Murano hanno chiuso otto vetrerie. Sono le prime vittime della crescita vertiginosa del prezzo del gas, pari a quasi il 500%, che rischia di determinare la fine di una storia plurisecolare, che è biglietto da visita di Venezia nel mondo: il vetro di Murano. «Pensi che, negli anni d’oro, la nostra vetreria aveva 80 dipendenti. Adesso ne abbiamo otto, di cui tre in cassa integrazione. Ma non è che un tempo ci fosse meno concorrenza. Tutt’altro, le vetrerie erano molte di più, c’era persino una motonave per gli abitanti di Burano, che venivano qui a lavorare il vetro. Ora la motonave non c’è più, ma soprattutto non c’è più il lavoro. Noi abbiamo dovuto chiudere e io non vedo futuro». Sessant’anni, di cui 44 in fornace, Oscar Zanetti ha imparato il mestiere dal papà Licio e dal nonno, da cui ha preso il nome.La loro vetreria è un punto di riferimento nell’isola, dove resiste dal 1956. «Io sono nato a Murano, in mezzo al vetro, e non avrei potuto fare altro nella vita. Vorrei andare in pensione e lasciare l’azienda a mio figlio Andrea, di 36 anni. Mentre al mio nipotino, che ne ha 7, dico di starsene alla larga. Lui vorrebbe fare il mestiere del nonno. Mi riempie di orgoglio, ma spero tanto che cambierà idea». Dal primo ottobre, la vetreria Zanetti ha spento i suoi quattro forni, mettendo in cassa integrazione tre dei suoi otto dipendenti e rifiutando tutti i prossimi ordini. Il prezzo del gas è passato dai 19 ai 95-96 centesimi a metro cubo, costi insostenibili anche solo sul breve periodo. «Abbiamo messo i nostri cinque dipendenti a lavorare con i prodotti di magazzino. Potremo tirare avanti altri 2-3 mesi, ma poi basta. Siamo sotto Natale, pieni di lavoro, e ci piange il cuore. Ma, con bollette che rischiano di passare dai 7 mila ai 31-32 mila euro, non ci sono molte alternative» spiega Damian Farnea, uno dei due soci della vetreria. In sostanza, la fornace dovrebbe lavorare unicamente per pagare il gas. «La mia azienda spende intorno ai 30 mila euro al mese, tra bollette, stipendi e altro» calcola Andrea, figlio di Oscar. È solo un ritratto in un quadro che è drammatico per i 650 addetti del settore impiegati nelle 64 aziende che sono tessuto e anima dell’isola. Reduce dal periodo forse più buio della sua storia, iniziato nel novembre 2019 con l’"acqua granda” e proseguito con la pandemia, Murano stava cominciando a rialzarsi, i turisti avevano ripreso a fare capolino tra campi e fondamenta. Ma in realtà le radici della crisi sono molto più profonde. «Una volta il vetro era ciò che faceva di Venezia una signora, era lo splendore della laguna. Adesso è la faccia della sofferenza, è il simbolo di una città agonizzante» dice Andrea. «Pensi che già quando ho iniziato io, 44 anni fa, Murano non era più quella dei fasti. Certo, nulla in confronto a quello che vediamo oggi, ma già dai racconti di mio nonno l’isola, un tempo, era più bella. Poi sono arrivati i cinesi, che hanno iniziato a produrre gli oggetti in vetro, spacciandoli per opere in vetro di Murano. E la gente, quando può spendere meno, non si fa tante domande su provenienza e autenticità» racconta Oscar, che è memoria storica della vetreria. «Quando mio nonno e mio padre hanno aperto, di lavoro a Murano ce n’era tantissimo. Mio nonno Oscar negli Anni ’50 era maestro da Venini, vetreria storica. Mio padre ha iniziato a 13 anni, lavorava in diverse fornaci. Poi hanno deciso di mettersi in proprio. Papà Licio era uno tosto. Fin da bambino, lavorava tutti i giorni. Iniziava alle 6 e finiva il pomeriggio, per lui non esisteva il fine settimana, esisteva soltanto il forno. Mi raccontava che, da piccolo, era quello il suo giocattolo. Poi sarebbe persino riuscito a prendersi un diploma alle serali del liceo artistico» prosegue Oscar. «Io ho finito di studiare e a 16 anni ero già in fornace. Ho imparato il mestiere da papà. All’inizio, in realtà, sono stato in diverse fornaci, per farmi le ossa. Poi sono tornato a casa. Questo è un mestiere duro. Inizi all’alba e puoi andare avanti fino a sera tardi. D’estate è caldissimo, i pezzi di vetro pesano anche 20-25 chili. Però questa è la mia vita ed è la storia della mia città. Non può finire così»