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 2021  novembre 04 Giovedì calendario

IL CARROCCIO RIMESSO IN RIGA. ANZI, IN FEDRIGA - IL GOVERNATORE DEL FRIULI CONTINUA A MENARE CONTRO LA LINEA DI AMMICCAMENTI AI NO-VAX DEL SEGRETARIO SALVINI. SARÀ LUI IL PROSSIMO LEADER DEL CARROCCIO DRAGHIANO SOGNATO DA ZAIA E GIORGETTI? - IL RITRATTO: ENFANT PRODIGE, POI DEPUTATO SUPER BARRICADERO, INFINE LA SVOLTA SUPER-MODERATA… -

Il primo scarto di un mese fa era passato quasi inosservato, «nella Lega non c’è posto per i no vax!», aveva sentenziato il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, figlioccio di Salvini. E infatti era bastato un suo rimbrotto, «ogni idea è rispettata e rispettabile, siamo un movimento democratico», per chiudere il caso.

Ma quando l’altro ieri dalla bocca di Fedriga, ribattezzato dai suoi avversari politici «faccia d’angelo», è partita una gragnuola di colpi contro i no vax che infiammano Trieste; quando ha innalzato una bandiera dai colori inediti rispetto a quella dei «vaccini per i giovani non servono», by Salvini, lanciando una provocazione «facciamo una battaglia del vaccino per evitare di chiudere, una battaglia di libertà», qualcuno nel Pd ha alzato la testa e si è chiesto: «Ma cosa succede, vuole contendere lui e non Zaia, la leadership al Capitano?».

Qualcun altro, come il grillino Michele Gubitosa, subito gli è saltato addosso per rinfacciargli di «non essere ipocrita» e di prendersela «con Salvini e la Meloni che hanno dato sponda a tutta la propaganda antiscientifica». Lui durante la sua intemerata di martedì, non sembrava curarsi delle reazioni, quando nel fare il punto sui contagi in aumento tuonava contro «le scempiaggini» che si leggono in rete, contro «chi, presa la laurea da virologo su Facebook ci viene a raccontare come funziona la medicina e diffonde menzogne sui social e nelle piazze».

E sfoderava la tempra di cattivo, sfidando la rete, tanto che i maligni raccontano come fosse insofferente alla «bestia» del Carroccio messa in piedi da Morisi. Dopo aver sparato a zero, sfidava i «leoni da tastiera»: «Ora sono curioso di vedere i vari messaggi minatori che riceverò, ma ve lo dico: non ho paura di quattro scemi su internet che raccontano menzogne».

E infatti nel giro di 24 ore, la rete lo massacra: insulti e offese, dagli al «traditore e «bugiardo», che dice cose «disgustose e vergognose» contro le manifestazioni di piazza. Chi lo bolla come «gerarca», chi peggio, ma lui scrolla le spalle. E anche Salvini non sembra curarsene, la sua tesi è che la Lega «non è una caserma», insomma sono lecite opinioni diverse.

Niente paura, replicano però i cultori del leghismo doc, tanta vis polemica non cela malanimo verso il segretario, anche se nessuno può escludere ambizioni più alte in un partito in cui né Zaia, né Giorgetti, paiono voler scalare le vette più alte. Per ora la vulgata è che l’uomo dei record della Lega - e tra poco diremo perché può vantare questo titolo - punterà di certo ad avere un ruolo nazionale più che a ricandidarsi governatore nel 2023.

Malignità certo, non suffragate da sue dichiarazioni in tal senso, ma «quello di ministro di un eventuale governo a trazione salvin-meloniana è un ruolo che certo gli si addice, di più è presto per dirlo», dice chi lo conosce per aver condiviso infine riunioni nella conferenza delle regioni.

L’uomo dei tanti record L’uomo Fedriga comunque è pugnace, regala sorprese e batte molti record fin da ragazzo: a 15 anni si iscrive alla Lega di Bossi ancora minorenne e si fa dare un’autorizzazione scritta dai suoi genitori. Nel 2008 entra alla Camera e nel 2013 è già uno dei giovani colonnelli di Salvini, insieme alla nuova generazione di camicie verdi, che si aggirano con piglio da comandanti nel cortile di Montecitorio: nel 2014 diventa capogruppo scalzando nientedimeno che Giancarlo Giorgetti, si proprio lui, che a quell’epoca incarnava la vecchia guardia e Fedriga il rinnovamento.

Altro record: nel 2015 diventa il primo presidente di un gruppo parlamentare ad essere sospeso dall’aula per 15 giorni, per le «intemperanze» durante il dibattito sullo ius soli. Un barricadero dunque, carico di aggressività. Nel 2018 diventa il governatore più giovane, a 38 anni. Da lì in poi Massimiliano Fedriga cambia lentamente pelle, mostra il suo volto più istituzionale.

I triestini ricordano quanto fosse stressato all’inizio del suo mandato per il grande impegno profuso, («la verità è che diventa presidente obtorto collo, perché Salvini aveva deciso così», dicono i maligni), ma lui si butta a capofitto nel compito e si mette in scia con Zaia e Giorgetti, il fronte più governativo del Carroccio.

Nel 2021 conquista l’ambitissima carica di presidente della Conferenza delle Regioni, gradito all’uscente Stefano Bonaccini del Pd e al ministro dell’epoca Francesco Boccia, tanto che come vicepresidente il Pd gli mette a fianco Michele Emiliano. Gli avversari lo sostengono perché cominciano a sponsorizzare una Lega antisovranista, gli riconoscono una grande furbizia e una tendenza a non fare errori, lo rispettano.

Del resto lui, sposato, due figli, laureato in scienze della comunicazione e con un master in gestione della comunicazione, non ne fa. «Pugno di ferro in guanto di velluto», così viene descritto un dirigente soldato, come tutti i leghisti. Che lo tengono sotto osservazione, anche se nel Carroccio sono tutti poco propensi a credere che la leadership di Salvini sia scalabile, almeno fino alle prossime elezioni politiche. Specie da chi, come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, fuori dai confini di Veneto e Friuli Venezia Giulia, non possono vantare una rete di riferimento, a differenza del Capitano...