La Stampa, 4 novembre 2021
Intervista a Loredana Berté
È una Bertè molto affaccendata e un pochino nervosa nell’esercizio multitasking. Prova che questa Loredana appare personaggio credibile, mentalmente e fisicamente vivace: anche se sempre un po’ sopra le righe, altrimenti che Loredana sarebbe. È in sala La famiglia Addams 2, dove presta la sua voce alla nonna; negli studi Rai a Milano lavora nelle vesti di giurata in The Voice Senior per interpreti over 60: format che ha avuto l’anno scorso un successo inatteso, con la conduzione di Antonella Clerici. Da poco c’è stato un tour, ma riprenderà sotto la spinta del nuovo album Manifesto che esce domani. Il nervosismo è dunque comprensibile, ma giova sapere che in Manifesto l’artista abbandona il solipsismo delle ultime produzioni per una impresa più corale; è una specie di concept album sul tema a lei caro della condizione femminile. Storie attuali e ficcanti, che coinvolgono body shaming e violenza domestica, senza perdere leggerezza stilistica. Sotto il segno dondolante del reggae e dell’elettronica, Bertè si apre duttile e con bella resa complessiva a collaborazioni con colleghi di diverse scuole: primo fra tutti Ligabue, tornato all’accorata ispirazione dei bei tempi in Ho smesso di tacere; fra gli autori il produttore Chiaravalli, Curreri, Legno, Zanotti dei Pinguini Tattici che apre con «Bollywood, mentre il verso più originale è del Cile: «Vorrei tutti i miei sbagli patrimonio dell’Unesco». Ospiti cantanti Fedez, J-Ax, il rapper Nitro.Tante ispirazioni, cara Loredana. Ma quale vita è più ispirante della sua?«Ci sono tante sfaccettature che rappresentano me, ma anche tante donne diverse. Però c’è un vissuto che è mio nell’arco della mia vita, per questo l’ho chiamato Manifesto».Quale è il gioiello?«Ho smesso di tacere di Ligabue. Mi ha presa molto, è incredibile che lui, come uomo, abbia scritto con una sensibilità pazzesca, dopo aver letto una mia intervista di una violenza a 15 anni a Torino, massacrata di botte e violentata. Un pezzo delicato, me l’ha mandato senza che glielo avessi chiesto. E mi fa schifo che una donna si debba vergognare se le succede una cosa simile».S’immagina la sua furia per l’esito del Decreto Zan.«Io dico che dovremmo riandare tutti a votare per cacciare questa gente. In quell’aula è stato come quando uccidono i tori alle corride. Poi per diritti sacrosanti: gli altri paesi hanno leggi da anni, ho voglia di scappare dall’Italia che sta regredendo. E tutto quell’assenteismo alle elezioni? Forse si protesta troppo sui social e poi non vanno più a votare».Disco all’insegna del reggae.«Mi è sempre appartenuto. Questa volta con la mia manager abbiamo ascoltato centinaia di brani e ci abbiamo lavorato sopra: alcuni li abbiamo cambiati, alcuni li ho bertizzati. Otto mesi di lavoro».C’è Fedez in Lacrime e Limousine, ispirato ad Amy Winehouse. J Ax canta Donne di ferro» e Curreri il rock bello tosto di Quelli come me.«Con Fedez c’è un omaggio a Amy, non troppo velato. Alcuni finiscono in abissi da cui non tornano; la vita di chi fa il mio mestiere è spesso complicata anche se può sembrare affascinante, si è sempre in viaggio e si perde il contatto con noi stessi. Con J Ax e Curreri scorrono personalità fuori dalle righe: sono ritratti di una donna forte e indipendente, che fa paura agli uomini. I femminicidi ricorrenti non si possono più sopportare».Ora si è buttata sul cinema.«Io faccio la nonna rock che ascolta i Talking Heads: mi sono innamorata del doppiaggio. Gli Addams mettono in discussione la mancanza di identità e la diversità. Sono molto più avanti dei nostri politici». —