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 2021  novembre 03 Mercoledì calendario

Intervista ad Atticus Lish


Atticus Lish è uno dei narratori più interessanti apparsi recentemente sulla scena mondiale, ma la sua condizione di privilegio ha rappresentato per lui un’arma a doppio taglio.
È infatti il figlio di Gordon Lish, il più autorevole editor vivente: tra gli autori che ha seguito, a volte rivoluzionandone lo stile, ci sono Raymond Carver e Richard Ford, è stato direttore editoriale della Knopf, ha curato l’opera di Nabokov e Salinger, e si è anche divertito a scrivere un racconto anonimo che molti attribuirono all’autore de Il giovane Holden. Per capire l’ambiente in cui è cresciuto Atticus, Don DeLillo ha utilizzato ne I nomi una frase che pronunciò quando aveva nove anni, ringraziandolo alla fine del libro.
Tuttavia, sin dal primo romanzo, intitolato Preparativi per la prossima vita (Rizzoli), Lish ha rivelato una voce forte e originale, un approccio intellettuale scevro di snobismi, e una grande finezza psicologica nel descrivere personaggi e situazioni: il suo approccio è umanista e il suo talento autentico.
Il libro, che ha vinto il Pen/Faulkner Award, raccontava la nuova vita americana di un’emigrante illegale di origine uigura e un reduce della guerra in Iraq: il New York Times parlò della «storia d’amore più bella e meno sentimentale degli ultimi dieci anni».
In queste settimane è uscito negli Stati Uniti The War for Gloria, in Italia per Rizzoli a giugno, che ne conferma l’alta qualità narrativa: le critiche parlano di un «talento superbamente originale» ( Wall Street Journal ), «un’opera straordinaria» ( Publishers Weekly ) «solenne e struggente» ( New York Times ) e «un libro profondamente commovente che conferma che Lish è uno dei nostri migliori scrittori» ( NYT Book Review ). Questa volta la vicenda ruota intorno a Corey, un quindicenne che sogna di andare via dal quartiere operaio di Boston nel quale vive. All’improvviso però, alla madre Gloria viene diagnosticato il morbo di Gehrig e il ragazzo decide di prendersi cura di lei, affrontando il padre Leonard, mitizzato fino a quel momento, del quale scopre miserie e limiti morali. «Anticipo la sua domanda» mi interrompe Lish, «il romanzo è estremamente personale, a cominciare dalla grave malattia di Gloria, identica a quella di mia madre».
Il libro però ha per tema anche il rapporto con un padre dominante: per proteggere la madre, Corey arriva a distruggerne il mito.
«Non mi tiro indietro: i fatti raccontati sono differenti, ma il rapporto psicologico tra padre e figlio rispecchia quello che io sento dal mio punto di vista nei confronti di mio padre».
Intende che la prospettiva di suo padre è diversa?
«Lui sostiene di essersi sacrificato per la sua famiglia, e chi non lo apprezza è un ingrato».
La mitologia greca ci insegna che Crono divora i propri figli.
Ritiene che un figlio debba sempre uccidere il padre per sopravvivere e crescere?
«Ritengo che un figlio debba essere cosciente di questa situazione, sapendo che ogni rapporto è segnato da sfumature diverse. Per quanto mi riguarda, Gordon e il sottoscritto eravamo coscienti che solo uno di noi due sarebbe sopravvissuto: io ho sempre pensato che volesse mangiarmi l’anima e che non accettasse che fossi autonomo».
Lo ha chiamato con il suo nome, Gordon: non si rivolge a lui come papà?
«Lo facevo da piccolo, e devo dirle anche che non lo sento da molti anni».
Lei invece ha il nome del protagonista de “Il buio oltre la siepe”…
«Ho sempre pensato così, ma poi un giorno mi ha detto che era un riferimento all’Antica Roma o alla Grecia».
Ritorniamo al romanzo: Gloria è una femminista con ambizioni letterarie, la cui vita viene spezzata dalla grave malattia. Con l’eccezione del padre di Corey, l’amore maggiore proviene da uomini.
«Nel libro succede così, ma non ho mai pensato in questi termini: la mia non vuole essere un’affermazione provocatoria. E il percorso doloroso di Gloria è anche di apprendimento».
Un personaggio, Adrian, indossa sempre una protezione di metallo per paura di essere castrato.
«Preferisco non essere specifico: mi limito a dire che è ispirato a un personaggio che conosco. E che le debolezze e le fobie delle persone a volte sono talmente folli da non sembrare vere».
Pur essendo nato in un mondo dove la letteratura è di casa, e aver dedicato a essa la propria vita, il suo background accademico è scientifico: si è laureato ad Harvard con una tesi sul Teorema matematico di Ascoli-Arzelà.
«Volevo distanziarmi il più possibile dal mondo di mio padre, soprattutto dopo che aveva criticato aspramente i miei primi scritti, scoraggiandomi a continuare.
Ma la matematica non è certamente la mia passione, né credo di avere talento: penso che mi abbiano dato la laurea solo perché hanno capito che ce la mettevo tutta».
Lei è un professionista in varie discipline di arti marziali, tra cui il Jiu Jitsu brasiliano…
«Lo ero prima che diventassi uno scrittore, mi interessava e mi interessa tuttora il duello e in generale il combattimento».
Come riassumerebbe il senso ultimo del romanzo in una frase?
«Con una domanda: se ami una persona sei pronto a cambiare per lei, sconfiggendo le tue debolezze, le tue paure, te stesso?».