La Stampa, 3 novembre 2021
Il ritorno dei Sopranos
«A inizio carriera detestavo la tv. Volevo fare cinema e teatro e consideravo il piccolo schermo svilente, banale e dozzinale. Poi sono arrivati i Sopranos ed è cambiato tutto. La tv ha raggiunto gli stessi livelli qualitativi del cinema e in qualche caso li ha anche superati». Ora Alessandro Nivola, che ai tempi dell’esordio della serie diretta da David Chase e interpretata da James Gandolfini (nel gennaio ’99) era un giovane attore di buone speranze, è parte importante di quell’universo ambientato nel New Jersey e popolato da un gruppo di mafiosi italo americani dai volti e le storie originali e indimenticabili, tanto che la serie, presente su diverse piattaforme di streaming, è ancora una delle più viste al mondo. È infatti lui il protagonista de I Molti santi del New Jersey, prequel dei Sopranos diretto da Alan Taylor, al cinema da domani.
Nivola, nipote dello scultore sardo Costantino Nivola, in grado con le sue opere di conquistare l’attenzione dei critici americani e l’amicizia di artisti importanti, è ancora molto legato alle sue origini e questa intervista l’ha voluta rilasciare in un italiano quasi perfetto. «Mi sento italiano e tengo molto alle mie origini, di recente sono stato in Liguria, a Sestri Levante, per girare un film e come sempre mi sono sentito a casa. Con la mia famiglia torniamo in Italia ogni estate, stiamo cercando un casale in Sardegna dove abitava mio nonno, che con la moglie (una donna tedesca di fede ebraica, ndr) si rifugiò in America durante il nazifascismo dopo essere stati segnalati alle autorità. È una terra che amo e dove so di avere profonde radici. Anche se sono nato in America mi sono sempre sentito un po’ immigrato, forse per via del mio cognome, quasi impronunciabile per gli americani. C’è stato un momento in cui ho anche pensato di cambiarlo. Il mio nome è stato di impedimento per la mia carriera ma ora ho avuto questo ruolo grazie ad esso, quindi è andata bene così, so che mio padre, scomparso da quasi due anni, sarebbe stato orgoglioso di me, e questo è il più grande successo che potessi desiderare».
Nivola dunque conosce il mondo degli immigrati italiani in America raccontato nel film. «Credo sia una delle ragioni per cui Chase mi ha scelto per questo ruolo, anche se non ho potuto portare sul set la mia esperienza diretta. Sarebbe sembrata caricaturale, ai tempi nella comunità italoamericana c’erano personaggi davvero straordinari, impossibili da rendere credibili oggi, ma quell’esperienza mi ha certamente aiutato ad entrare nel personaggio di Dick, una personalità ricca, con molti strati e molte contraddizioni».
Dick Moltisanti è al centro di questo prequel ambientato nel 1967 che ha lo scopo di raccontare, a 25 anni di distanza dall’esordio dello show originale, di un giovanissimo Tony Soprano e degli eventi e delle persone che lo hanno portato ad essere «quel Tony». «Tony Soprano è stato il primo “cattivo” in tv con il quale era possibile empatizzare. Non si era mai visto niente di simile prima. Un serial molto ben scritto, con personaggi complessi, sceneggiatura e regia degna dei migliori film. Chase, Tony e i Soprano hanno dato il via a una rivoluzione che ci ha portato dove siamo oggi e devo dire che essere parte di una saga che ha fatto la storia della tv mi rende orgoglioso e mi ripaga dei tanti sacrifici fatti durante la mia carriera».
Quella di Nivola è una carriera ultraventennale di tutto rispetto, ma non ha mai raggiunto quello status che permette agli attori più famosi di scegliersi i ruoli che preferiscono. Dopo un periodo iniziale in cui ha partecipato a grandi produzioni, come Jurassic Park o Face Off, ha sempre scelto la strada più difficile, passando per pellicole indipendenti come Laurel Canyon, American Hustle e Selma, per arrivare oggi a interpretare il suo Amleto, il personaggio principale del prequel, lo zio materno di Tony Soprano. «Dick è un amico del padre di Tony. Non può avere figli e lo prende sotto le sue ali. È la sola persona che lo ama come farebbe un padre, quello vero è in prigione. Tony è un ragazzo intelligente, sensibile, che Dick vorrebbe proteggere». Ma c’è un ma. «Il problema è che, nonostante Dick sembri una persona in gamba, un modello da seguire e un tipo di successo, dentro è animato da una violenza che non riesce a controllare. Dentro di lui però c’è anche una voce che gli dice di fare del bene, che deve essere ricordato per avere fatto qualcosa di buono nella vita e quindi vive costantemente dilaniato da questo contrasto interiore». Il suo esempio influirà sulla crescita del nipote, portandolo a diventare il Tony Soprano che James Gandolfini ci ha regalato e che in questo film è interpretato dal figlio, Michael Gandolfini.
«Dick Moltisanti è senza dubbio il personaggio più importante che io abbia mai interpretato». In passato certe scelte di carriera non sono state altrettanto azzeccate: «Posso contare almeno dieci film di cui sono stato il protagonista e di cui sono molto fiero, che non hanno mai visto le sale cinematografiche. Fino a pochi anni fa pensavo che l’unica cosa che contasse fosse la sceneggiatura. Avevo un rapporto molto conflittuale con i registi e un atteggiamento un po’ snob. Pensavo: “Non ho bisogno di qualcuno che mi dica come devo recitare o interpretare un personaggio”. Poi ho capito che stavo sbagliando e ho cercato un altro approccio. In questo caso mi sono completamente affidato a David Chase, un maestro che ha cambiato la storia della tv e che mi ha permesso, nel mio piccolo, di farne parte». —