ItaliaOggi, 3 novembre 2021
Periscopio
Per un decennio e più, si provò per via giudiziaria, ma nessuna delle procure riuscì a mettere insieme gli elementi necessari per arrivare allo scioglimento del movimento Forza Nuova che nel frattempo si era fatto partito ed era ammesso in qualsiasi competizione elettorale, nazionale e locale. Franco Bechis. Il Tempo.
La narrazione che il Pd sia «il partito di Draghi» è «al momento» solo l’effetto ottico distorto dalle mosse agitate di Salvini, che pure rimarca di avere con il capo del governo un «rapporto diretto, al contrario di altri». Ed è ovvio che il fuoco inizi a manifestarsi sopra la cenere anche tra i dem, dato che si avvicina l’ora di scegliere il capo dello Stato: l’appuntamento risveglia in tutte le forze politiche istinti primordiali a cui nessuno è in grado di resistere. Federico Verderami. (Corsera).
Gentiloni, detto “er moviola” (copyright Paolo Mieli), per avere chance di salire il Colle dovrà dribblare un po’ di fantasmi del passato. Da Bruxelles, dove è riparato come Commissario europeo, si sta costruendo un monumento che passa da Washington, Parigi e Berlino. Lodi continue dall’ambasciatore francese Christian Masset, memore di quando da Premier voleva regalare un pezzo di mar ligure a Parigi, e dall’ufficio internazionale della cancelleria tedesca a Berlino. Ma soprattutto a Washington dove può contare su Joe Biden per il quale, come ha twittato commosso, si è “abbracciato da solo” il giorno dell’elezione e su John Kerry, folgorati entrambi dall’ambientalismo da salotto sin da quando Gentiloni andava a braccetto negli anni 80 con “l’evergreen” Ermete Realacci. Luigi Bisignani, Il Tempo.
Ormai si sceglie per chi votare all’ultimo momento e in base a logiche che possono cambiare rapidamente: oggi voti per i 5stelle, domani per la Lega, dopodomani per il Pd. E così succede che Matteo Renzi schizza al 40% alle Europee, oggi il suo partito vale il 2%. Matteo Salvini va dal 17% al 35%, ora torna al 20%. L’elettorato non appartiene a nessuno, o almeno gran parte di esso. Il mio romanzo racconta un’altra storia, lontana anni luce da questa che stiamo vivendo. Pierluigi Battista, scrittore: “La casa di Roma” (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
Il meccanismo della censura progressista e del politicamente corretto annulla la persuasione e la sostituisce con la gogna pubblica. I fatti vengono sostituiti dai sentimenti, le idee dalle identità, il perdono dalla punizione, il dibattito è sostituito dalla cancellazione delle opinioni. L’inclusione è sostituita dall’esclusione. Tutto discende dalla nuova suddivisione della società secondo la dottrina woke: una divisione degli essere umani per razza, genere, orientamento sessuale, classe sociale. Sulla base di ciò, si distinguono gli esseri umani fra privilegiati e oppressi. Più si è privilegiati (magari maschi, bianchi, eterosessuali) più si devono perdere diritti. Benedetta Frucci. Il Tempo.
Al polveroso arsenale dei vecchi partiti contrapporremmo un linguaggio diretto e un comportamento coerente per raccogliere i consensi che servono a staccare socialdemocratici, popolari e liberali dall’abbraccio mortale con populisti e sovranisti. L’obiettivo è quello di arrivare alla stessa coalizione che sostiene la Commissione europea, possibilmente con Draghi ancora presidente del Consiglio dopo il 2023. Sappiamo che è una sfida culturale prima che politica e come tale impervia e lunga. Le nostre porte sono aperte a chi, dentro la politica e dalla società civile, vorrà unirsi a questo progetto. Ma da questa posizione non ci muoveremo. Se vale la pena fare politica, politica deve essere. Carlo Calenda, leader di Azione, europarlamentare. Corsera.
L’Aula era tutta contro l’ostruzionista Marco Boato, dagli stremati antiostruzionisti ai radicali che si vedevano sottrarre il titolo. Remò contro anche Luigi Preti che presiedeva la seduta. Era un socialdemocratico, più volte ministro, di finissima scrittura e intelligenza maliziosa. Aveva con sé un binocolo da teatro che puntava su Boato per controllarne il comportamento: doveva parlare senza leggere, stare in piedi, mai appoggiarsi al banco e mai interrompersi per riposare le mandibole. Preti gli negò pure di bere un cappuccino perché il regolamento prevedeva acqua zuccherata. Boato trionfò su tutto e la stampa, unanime, lo proclamò unica e sola vescica di ferro. Giancarlo Perna: “Ring”. Guerini e Associati.
Pinna è una persona estremamente schiva, lontana anni luce dalla politica. Parla sottovoce, con tono monocorde. Non va in cerca della ribalta e non frequenta i salotti. Dopo aver operato, trova rifugio nel giardinaggio e nella lettura. Mi sorprese molto, nel 2013, che due noti giornalisti romani, marito e moglie, si rivolgessero a me per avere un contatto con Pinna. La loro giovane nuora era in fin di vita per un raro tumore del cervelletto. Avevano cercato il più famoso luminare italiano, Giulio Maira, il chirurgo della Capitale che aprì la scatola cranica di Giulio Andreotti per rimuovere un adenoma dell’ipofisi, ma si trovava in vacanza nella parte opposta del globo. In ospedale si erano sentiti dire: «Cercate subito Pinna a Verona. Solo lui può farcela». Inviai al neurochirurgo una mail esponendogli il caso. Nel giro di poche ore, si prestò gratuitamente per un consulto a distanza. Dopo aver analizzato la risonanza magnetica, fu tranquillizzante: «Se vogliono, scendo a Roma e la opero. Ma non serve: la paziente può aspettare che torni il mio collega dalle ferie. Ce la farà». Oggi sta benone. Giampietro Pinna, neurochirurgo azienda ospedaliera universitaria di Verona (Stefano Lorenzetto). l’Arena.
«I miei nervi erano al punto di rottura. Avevo molta paura. Ho saltato il Muro di Berlino in costruzione e sono entrato in macchina. In tre, quattro secondi era tutto finito», dirà lui, laconico. La sua sarebbe una storia come tante (sono migliaia i berlinesi che ci hanno provato e ci proveranno ancora fino al 1989, con tutti i mezzi, anche i più fantasiosi) se il salto verso la libertà del caporale Schumann non fosse avvenuto a favore di reflex. Leibing, il fotoreporter di agenzia, aveva intuito le intenzioni del soldatino e lo inquadrò proprio nel momento del salto, scattando una foto che diventerà storica e acquisterà un forte valore simbolico, propagandistico: neppure i custodi del Muro volevano stare “dentro” al Muro. Preferivano l’altro mondo, il nostro. Maurizio Pilotti, Libertà.
Tradire gli ideali, agli italiani non costa nulla, perché quelli che li sbandierano sono i primi a non crederci. Roberto Gervaso.