Il Sole 24 Ore, 3 novembre 2021
Le banche comprano sé stesse
Ben 15 miliardi destinati ad acquisizioni nel settore bancario in Europa. Sono quelli che le banche stanno utilizzando per «comprare sè stesse», ovvero a tanto ammonta la quota di capitale destinata ai buy back azionari da parte di dieci tra i maggiori gruppi europei euro (si veda la tabella a fianco in pagina). Una cifra destinata ad aumentare nelle prossime settimane quando, a cavallo della fine dell’anno, gran parte delle banche europee presenteranno i nuovi piani industriali pluriennali post-Covid e dettaglieranno i progetti di utilizzo dell’eccesso di capitale e le modalità per aumentare la redditività.
Come a Wall Street
I buy back azionari, ampiamente diffusi da decenni a Wall Street in alternativa parziale ai dividendi, sono stati invece finora utilizzati con parsimonia dalle banche europee che nell’ultimo decennio – anche grazie al pressing della Vigilanza Bce – sono state piuttosto impegnate ad innalzare i coefficienti patrimoniali, inevitabilmente penalizzando il return on equity.
Due i motivi congiunturali che rendono possibili i buy back bancari. Il primo è che il settore ha superato la crisi della pandemia addirittura aumentando i ratio patrimoniali (come dimostrato dallo stress test Eba, anche nello scenario avverso) e ora si trovano in media con capitale in eccesso anche a seguito del blocco alla distribuzione degli utili imposto prudenzialmente dalla Vigilanza. Il ritorno alla normalità consente alle banche di tornare a remunerare gli azionisti, distribuendo parte degli extra buffer come dividendo o come buy back azionari.
Le nozze mancate
In alternativa, le banche potrebbero destinare quel capitale per fare acquisizioni o procedere a quelle aggregazioni cross border più volte invocate proprio dalla Vigilanza Bce. La sensazione è che in questa fase le banche non vedano nelle fusioni il modo migliore, o quello più semplice da realizzare, per aumentare la redditività. La pandemia ha accelerato l’utilizzo del digital banking e tutti i gruppi bancari sono alle prese con ristrutturazioni interne del modello di business che sta portando alla chiusura di filiali e alla riduzione dei dipendenti. Problemi che le fusioni raddoppierebbero, poichè la eventuale maggiore redditività delle combined entity dipenderebbe in gran parte dalle sole sinergie di costo.
Per le banche che hanno solidi eccessi di capitale, è molto più semplice puntare sull’aumento di redditività che deriva dai buy back azionari e dal conseguente incremento dell’utile per azione (eps). È probabilmente un fenomeno temporaneo ma la sensazione diffusa tra gli operatori è che in questa fase le banche europee puntino, più che sulla crescita dimensionale, sull’incremento della redditività (da cui dipende la loro modesta valutazione di mercato nel confronto con i concorrenti Usa).
Guidano gli spagnoli
Lo dimostrano i maxi piani di buy back pluriennali annunciati negli ultimi giorni da Hsbc (2 miliardi), Bbva (3,5 miliardi), Bnp Paribas (0,9 miliardi nel solo periodo novembre 2021-febbraio 2022). Il gruppo spagnolo e quello francese sono già presenti in Italia e sono anche ai vertici europei per capitalizzazione di mercato: Bilbao (40 miliardi), Bnp (74 miliardi). Ma malgrado le numerose banche in vendita in Italia, nessuna delle due pare intenzionata, almeno per ora, a utilizzare il loro capitale per accrescere le dimensioni nel banking tradizionale in Italia.
Gli spagnoli di Bbva hanno appena annunciato il varo in Italia di una banca solo digitale, Bnp resta ferma a Bnl e punta a crescere con lo sviluppo delle altre società prodotto. E la tedesca Deutsche Bank sta lavorando alla riorganizzazione delle attività, riducendo la presenza nel retail banking per concentrarsi su prodotti e servizi finanziari destinati alla clientela di natura affluent.