Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  novembre 03 Mercoledì calendario

Lo smart working in Bankitalia

Il lavoro ibrido massivo, sperimentato durante la pandemia, ha aperto una via senza ritorno anche nell’organizzazione e nella cultura della Banca d’Italia dove, per le 6.500 persone che vi lavorano, l’emergenza ha accelerato un percorso di forte cambiamento. Le innovazioni sembrano rispecchiare appieno la natura dell’istituto e nascono sia dalla sperimentazione empirica di nuove modalità di lavoro, sia da studi e analisi delle attività remotizzabili e della produttività. La principale leva delle innovazioni organizzative è quella dello smart working che, da gennaio del 2022, potrà essere praticato per le attività compatibili con questa modalità di lavoro per un massimo di 100 giorni all’anno e 10 al mese. Oggi circa il 60% delle persone svolgono la propria attività in presenza, mentre il 40% da remoto.
Gli scenari
Il percorso che ha rivoluzionato il lavoro dentro Palazzo Koch nasce a maggio del 2020, quando viene avviato un confronto interno per disegnare una nuova organizzazione del lavoro, basata su un modello ibrido, in cui la modalità di lavoro in presenza coesiste e si integra con quella a distanza. Diverse le fasi. A maggio dello scorso anno è stata avviata un’analisi per verificare quanto appreso durante l’emergenza. Per immaginare il new normal, sono stati definiti quattro scenari, differenziati per quote crescenti di lavoro da remoto. Oltre a sei parametri con i quali valutarli e cioè efficacia delle funzioni istituzionali e di supporto, presidio dei rischi operativi, efficienza, socialità e collegamento informativo, salute e sicurezza dei lavoratori e responsabilità sociale e impatto ambientale. Le analisi sono confluite in un volumetto che contiene il racconto della sperimentazione avviata in settembre e ottobre del 2020, quando è iniziato un parziale rientro negli uffici ed è stata condotta una valutazione su 35 divisioni. L’obiettivo era raccogliere informazioni sul funzionamento del modello ibrido e sui gap organizzativi, gestionali, tecnologici e logistici da affrontare.
La sperimentazione
Dall’analisi dei dati, l’efficacia è risultata sostanzialmente invariata per gran parte delle attività. Per circa l’80 per cento delle 74 che sono state analizzate, i capi divisione stimano un livello di efficacia sostanzialmente invariato, in termini di qualità e tempestività dei prodotti e dei servizi offerti. In 13 casi i capi divisione riconducono l’aumento di efficacia alla maggiore concentrazione che si può avere nel lavoro da remoto rispetto a quello in ufficio, alla flessibilità di orario, alla riduzione dei tempi di trasferimento casa-ufficio, che consentono di fronteggiare meglio i picchi di lavoro e rispettare le scadenze. Si tratta di attività prevalentemente operative e standardizzate o di studio e analisi. Per 7 attività viene segnalata una riduzione di efficacia legata principalmente alla natura dell’attività, connessa al basso grado di lavorabilità da remoto, come nelle attività di gestione degli immobili e di gestione della circolazione monetaria, che sono tra le attività con minore grado di lavorabilità da remoto e hanno efficacia ridotta con quote di lavoro da remoto anche basse.
Le intese di luglio
Lo scorso luglio sono state sottoscritte con i sindacati delle intese che dovranno esser tradotte in accordi negoziali perché siano operative. Le intese definiscono il nuovo modello, fondato sui principi di volontarietà perché le persone potranno scegliere liberamente se ricorrere o meno al lavoro a distanza, neutralità delle scelte gestionali rispetto alla modalità di lavoro, flessibilità di adattamento del modello alle esigenze delle strutture e delle persone, autonomia e responsabilità e, quindi, fiducia tra capi e collaboratori, in un sistema che sfuma la centralità di tempi e luoghi del lavoro. L’equilibrio è tutto spostato verso i risultati. Le intese hanno stabilito che la prestazione lavorativa può essere svolta da remoto, di norma, per un massimo di 100 giorni all’anno, con un limite mensile di 10 giorni per la cosiddetta fascia standard, quella in cui si svolgono anche attività remotizzabili e che rappresenta il 75% dei 6.500 lavoratori. Nelle unità organizzative in cui le attività con grado di lavorabilità da remoto sono ridotte, le persone possono lavorare da remoto, per le attività compatibili, per un massimo di 50 giorni all’anno, con un limite mensile di 5 giorni. Nelle unità organizzative in cui si svolgono in maniera esclusiva o preponderante processi e attività non lavorabili da remoto, il personale, previa valutazione del capo, può accedere al lavoro da remoto, per le attività compatibili in via occasionale. Per tutti è necessario concordare il lavoro da remoto con il proprio capo. Lo smart working in Banca d’Italia deve essere svolto nella fascia 7.30-18.45 e non prevede prestazioni straordinarie. È invece compatibile con i turni, prevede il riconoscimento del buono pasto e del diritto alla disconnessione. Inoltre può essere svolto sia in Italia che all’estero, ma il lavoratore deve assicurare un’idonea connessione di rete, adeguati livelli di riservatezza e sicurezza delle informazioni trattate e deve usare il personal computer portatile fornito dalla Banca d’Italia.