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 2021  novembre 02 Martedì calendario

BOLLORÉ-ZEMMOUR, ALLARME ROSSO! – MACRON: CARO DRAGHI, PUÒ L’ITALIA LASCIARE NELLA MANI DI BOLLORÉ, CHE APPOGGIA LA DESTRA RAZZISTA E ANTI-EUROPEISTA DI ERIC ZEMMOUR, UN’AZIENDA STRATEGICA COME TELECOM ITALIA? (GIOVEDI’ 11 CONSIGLIO PER SFIDUCIARE GUBITOSI?) – DOPO AVER COMPRATO ‘PARIS MATCH’ E LICENZIATO IL DIRETTORE, REO DI AVER MESSO IN PRIMA PAGINA UNA FOTO DI ZEMMOUR IN CALORE, ORA BOLLORÉ VUOLE IL CONTROLLO DEL GRUPPO PRISA CHE, OLTRE A ‘EL PAÍS’ E ‘AS’, HA NEL SUO PORTAFOGLIO UNA CILIEGINA: IL 20% DI ‘LE MONDE’ -

Durante il G20 Macron si è intrattenuto con Draghi. Il tema non era il clima bensì il caso Bolloré. La corsa all’Eliseo in programma per aprile 2022 si arricchisce di un nuovo contendente. Oltre all’ex negoziatore Ue per la Brexit Michel Barnier, alla sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo e Marine Le Pen, è attesissimo l’annuncio di Eric Zemmour, un tipino che sta offuscando (in peggio) il populismo destrorso della leader del Rassemblement National. Scrive Cazzullo (vedi articolo a seguire): “Zemmour ha alle spalle due condanne per istigazione all'odio razziale e religioso, più spiacevoli denunce per aggressioni sessuali… viene da una famiglia di ebrei algerini. Si definisce «ebreo berbero». Eppure è accusato di venature antisemite…nel gennaio 2020 ha incontrato la figlia di Ribbentrop, il ministro degli Esteri della Germania nazista”.

Un fenomeno che inquieta non poco Macron perché chi sta sostenendo apertamente e doviziosamente la campagna di Zemmour, si chiama Vincent Bolloré, con il suo grande potere economico. Lo sottolinea preoccupatissimo Hollande: ‘’Zemmour è il candidato di un gruppo audiovisivo. Abbiamo rimproverato a Silvio Berlusconi di mettere le sue tv al servizio della carriera politica, ma adesso c'è un gruppo privato, quello di Bolloré, che ha scelto in Zemmour il portavoce dei suoi interessi”. 

Non basta. Oggi la notizia su “Repubblica” che il vispo Bolloré vuole il controllo del gruppo editoriale spagnolo Prisa che, oltre ai due quotidiani El País e lo sportivo As, ha nel suo portafoglio una ciliegina: la partecipazione del 20% in Le Monde, il più autorevole quotidiano francese.   

E qui torniamo al tema del colloquio Macron-Draghi. Perché il principale azionista di Telecom Italia, è Bolloré con la sua Vivendi che possiede il 23,7% del capitale. E il prossimo giovedì 11 novembre i due consiglieri francesi sono riusciti a sedurre altre tre indipendenti per costringere il presidente Tim Salvatore Rossi a convocare un consiglio straordinario, per sfiduciare il management guidato da Luigi Gubitosi.  

Scatta l’allarme rosso di Macron. Può il governo Draghi lasciare nelle mani di un imprenditore-editore come Bolloré,  che finanzia e appoggia la destra più retriva e anti-europeista, Telecom Italia che è una società di cui il governo ha la Golden Share, che sta concorrendo per i “dati sensibili”, il famoso ‘’Cloud Italia’’ presentato dal ministro Colao, insieme a Leonardo, Sogei, Cdp? 

Nella newco Tim avrebbe la gestione industriale e la maggioranza relativa, mentre la maggioranza assoluta sarebbe in capo alla componente pubblica con Cdp al 20%; Sogei e Leonardo deterrebbero le quote residue. 

PS – Un passo indietro. L’astio tra Bolloré e Macron risale ai tempi in cui il magnate si sollazzava sul suo yacht con l’amico del cuore, neoeletto presidente, Nicolas Sarkozy. Una volta scoppiata la guerra tra il marito di Carla Bruni e il marito di Brigitte, con la vittoria di Macron, Bolloré ha legato l’indice al grilletto: bang! bang! E non è un caso che l’ex capo di gabinetto di Sarkò, Arnaud De Puyfontaine è diventato poi l'ad di Vivendi...

1 - TIM, CDA STRAORDINARIO VIVENDI E GLI INDIPENDENTI "BISOGNA CAMBIARE ROTTA" Sara Bennewitz e Giovanni Pons per “la Repubblica” - ESTRATTO

Sale la tensione in Telecom Italia dopo che il principale azionista della società, la francese Vivendi con il 23,7% del capitale, ha definito "deludenti" i risultati del terzo trimestre presentati dal management guidato da Luigi Gubitosi. 

Secondo indiscrezioni attendibili, a valle della presentazione dei risultati, cinque consiglieri hanno chiesto al presidente Salvatore Rossi la convocazione di un board straordinario per rivedere le strategie del gruppo, fare il punto sulla riorganizzazione e discutere anche di governance. 

Tra questi ci sono sicuramente due consiglieri in quota francese, Arnaud De Puyfontaine (che è l'ad di Vivendi) e Frank Cadoret, ma anche tre indipendenti eletti nel marzo scorso con la lista del management, e cioé Luca De Meo - ex pupillo di Sergio Marchionne e oggi numero uno di Renault - Cristiana Falcone e Marella Moretti. Secondo l'agenzia Bloomberg il presidente Rossi avrebbe provveduto a convocare il consiglio per il prossimo giovedì 11 novembre, riunione in cui potrebbe avvenire una sorta di resa dei conti. 

2. BOLLORÉ VUOLE IL CONTROLLO DEL GRUPPO PRISA CHE, OLTRE AI DUE QUOTIDIANI EL PAÍS E AS, HA NEL SUO PORTAFOGLIO UNA CILIEGINA: LA PARTECIPAZIONE DEL 20% IN LE MONDE Giovanni Pons per "la Repubblica" - ESTRATTO La settimana scorsa Vivendi ha ufficialmente chiesto al governo spagnolo il permesso di acquistare sino al 29,9% di Prisa, società di cui detiene già il 9,93%. Prisa è un gruppo che oltre ai due quotidiani El País e AS…. ha nel suo portafoglio ha una ciliegina: la partecipazione del 20% in Le Monde.

La campagna spagnola sembra la replica in tono minore della campagna d'Italia che ormai segna un sonoro insuccesso. La dura battaglia legale con la famiglia Berlusconi, durata cinque anni, ha portato a un accordo che prevede l'uscita progressiva di Vivendi dal capitale Mediaset, che rischia di avvenire a prezzi decrescenti - e quindi in perdita - per la mancanza di una strategia di crescita del Biscione. 

L'idea di una possibile convergenza con Telecom, di cui Vivendi possiede ancora il 23,7%, è ormai tramontata e sulla stessa Telecom la minusvalenza latente ammonta ormai a 2,7 miliardi con i francesi che in sette anni non sono riusciti a dare una prospettiva industriale e di crescita al gruppo.

3. HOLLANDE: ‘’BOLLORÉ HA SCELTO IN ZEMMOUR IL PORTAVOCE DEI SUOI INTERESSI’’ Stefano Montefiori intervista Hollande per il “Corriere della Sera” - ESTRATTO

Zemmour è un'impresa con risultati finanziari sostenuta da un gruppo mediatico (quello di Vincent Bolloré, ndr ). Zemmour va molto più lontano di Marine Le Pen sull'Islam e la parità uomo-donna. 

Quel che trovo molto grave, è che nei confronti di Zemmour non viene tentato alcuno sbarramento democratico, quando invece una diga era stata eretta contro la famiglia La Pen». 

«Trump è passato dai reality in tv alla Casa Bianca. Ma era il candidato del Partito repubblicano, mentre Zemmour è il candidato di un gruppo audiovisivo. Abbiamo rimproverato a Silvio Berlusconi di mettere le sue tv al servizio della carriera politica, ma adesso c'è un gruppo privato, quello di Bolloré, che ha scelto in Zemmour il portavoce dei suoi interessi». 

4. BOLLORÉ HA COMPRATO I GIORNALI DEL GRUPPO LAGARDÈRE, E COME PRIMA COSA HA LICENZIATO IL DIRETTORE DI PARIS MATCH, REO DI AVER MESSO IN PRIMA PAGINA UNA FOTO DELLE EFFUSIONI IN MARE TRA ZEMMOUR E “LA SUA STRETTISSIMA CONSIGLIERA” (COSÌ NEL TITOLO) PIÙ GIOVANE DI 35 ANNI Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

Alla vigilia della semifinale dei Mondiali 2014 tra Germania e Brasile, Eric Zemmour previde una netta sconfitta dei tedeschi, ormai contaminati dal sangue arabo e africano, e non più «dolicocefali biondi»: termine tratto dalla pubblicistica razzista di inizio Novecento. Tra dieci giorni, Zemmour dovrebbe annunciare la propria candidatura alla presidenza della Repubblica francese. 

Si vota nella primavera del 2022. Ma il personaggio pare uscito dagli anni Venti del secolo scorso. Di solito si racconta che Jean-Marie Le Pen, il fondatore della dinastia che ha ricostruito l'estrema destra europea, sia figlio di Vichy, di Pétain, della Francia collaborazionista. Ma è una definizione ingenerosa. 

Orfano di padre, affondato su una mina con il suo peschereccio, a sedici anni Jean-Marie decise di combattere i nazisti e si presentò a una figura leggendaria della Resistenza, il colonnello Valin - si chiamava in realtà Henri de la Vaissière -, che gli disse: «Ragazzo, torna da tua madre». Le Pen è certo un reazionario, ma la sua destra è semmai quella dell'Algeria francese e dell'Oas, l'Organizzazione dell'esercito segreto che considerava De Gaulle un traditore (Jean-Marie aveva combattuto in Indocina e in Algeria). 

Eric Zemmour viene da una famiglia di ebrei algerini. Si definisce «ebreo berbero». Eppure è accusato di venature antisemite. All'apparenza, un enigma della storia e della politica. Un leader amato dai giovani - «Génération Z» si chiamano i suoi attivisti - che riapre ferite secolari: dubita dell'innocenza di Dreyfus, cita Maurras e Barrès, evoca le pulsioni parafasciste della Francia tra le due guerre, arriva a elogiare Pétain che «sacrificò gli ebrei stranieri per salvare gli ebrei francesi»; il che oltretutto è falso. 

Ci si chiede come possa un ebreo criticare la scelta di Chirac, il primo capo dello Stato a riconoscere le responsabilità della Francia nella retata degli ebrei al Velodromo d'Inverno. Eppure Zemmour l'ha fatto: secondo lui Chirac sbagliò a chiedere perdono per la tragedia del Vél d'Hiv, il cui principale responsabile, il capo della polizia Réné Bousquet, antisemita fanatico, fu legato sino alla morte (venne ucciso nel 1993 con cinque colpi di pistola da un folle autoproclamatosi giustiziere) da un'amicizia fraterna a François Mitterrand, mai rinnegata neppure dopo la sua elezione all'Eliseo. 

Quanto a De Gaulle, per lui il regime di Vichy era «nul et non avenu»: come se non fosse mai esistito. Per Zemmour, invece, i funzionari collaborazionisti «non sono colpevoli, perché avevano il dovere di obbedire allo Stato». «Agli ebrei tutto in quanto persone, nulla in quanto nazione»: è il motto dei rivoluzionari del 1789 che Zemmour recupera, come a dire che esistono solo individui e non «corpi politici», non altre identità compatibili con l'identità francese. 

Per tradurre quel principio nei nostri giorni, Zemmour è arrivato a dire che Gabriel, Arié e Myriam, i tre bambini ebrei assassinati dal terrorista islamico Mohammed Merah a Tolosa, non erano veri francesi, ma «stranieri da vivi che hanno voluto restare stranieri da morti», in quanto seppelliti in Israele. Del resto, Zemmour ha un'autentica fobia per i nomi «non francesi»: dopo aver rimproverato Rachida Dati, ex ministra di Sarkozy, per aver chiamato la figlia Zhora, ha criticato lo stesso Sarkozy per aver dato alla figlia avuta da Carla Bruni un nome italiano: Giulia. 

I leader della comunità lo detestano. Francis Kalifat, presidente del Consiglio delle istituzioni ebraiche di Francia, ha dichiarato a Le Monde : «Non un solo voto ebreo deve andare al candidato potenziale Zemmour». 

Però lo stesso giornale ha intervistato ebrei che, pur preferendo restare anonimi, per «il candidato potenziale» hanno espresso simpatia: il problema, dicono in sostanza, non è la memoria storica; il problema oggi è l'immigrazione islamica, la «sostituzione etnica», di cui Zemmour addita il simbolo nella stazione del metro delle Halles, dove il sabato pomeriggio i figli degli immigrati calano dalla banlieue nel ventre di Parigi. Ovviamente, Zemmour non farà campagna sugli anni Venti. 

Si presenterà come l'erede dell'ala destra del gollismo, «la destra popolare e bonapartista, che tiene insieme i ceti popolari e la borghesia patriota». Programma: blocco dell'immigrazione, fine dello ius soli e dei ricongiungimenti familiari, «preferenza nazionale» per casa e lavoro. Più formule vaghe che però a molti francesi piacciono, tipo «Napoleone è nostro padre, il Re Sole nostro nonno, Giovanna d'Arco nostra bisnonna». Nei sondaggi Zemmour è dato al 17%, un punto sopra Marine Le Pen. 

Questo non dispiace a Jean-Marie, che nel gennaio 2020 ha incontrato Eric insieme con la figlia di Ribbentrop, il ministro degli Esteri della Germania nazista. Nella realtà, nessuno crede che Zemmour possa diventare presidente. Sembra improbabile che riesca ad arrivare al ballottaggio. Non è detto neppure che la sua candidatura regga fino al voto: Zemmour ha alle spalle due condanne per istigazione all'odio razziale e religioso, più spiacevoli denunce per aggressioni sessuali. 

Però rappresenta la novità di questa campagna elettorale. E viene preso sul serio dal più aggressivo uomo d'affari francese: Vincent Bolloré. La sua tv, la CNews , gli ha dato molto spazio come opinionista: con la striscia quotidiana di Zemmour è passata dallo 0,5 al 5% di share. Ora Bolloré ha comprato i giornali del gruppo Lagardère, e come prima cosa ha licenziato il direttore di Paris Match , reo di aver messo in prima pagina una foto delle effusioni in mare tra Zemmour e «la sua strettissima consigliera» (così nel titolo) più giovane di 35 anni. 

Sarà interessante vedere l'atteggiamento del quotidiano della destra francese, Le Figaro , dove Zemmour è stato per tredici anni redattore politico, per poi collaborare a lungo al Magazine. Nel 2017, però, Le Figaro appoggiò Macron. Il presidente ha ancora buone possibilità di essere rieletto; ma rischia di regnare su un campo di macerie, e senza la maggioranza in Parlamento. (E comunque, ai Mondiali la Germania non dolicocefala sconfisse clamorosamente il Brasile 7 a 1 in casa sua).