la Repubblica, 2 novembre 2021
Breve storia delle leggi elettorali in Italia
La legge elettorale è apparentemente solo un meccanismo per trasformare i voti espressi dagli elettori in seggi parlamentari. Nella realtà politica ed istituzionale ha però un ruolo e un compito molto più vasto e profondo che rende l’adozione di un modello elettorale una scelta che condiziona e indirizza tutta la vita di un Paese. In Italia questo sarà ancora più evidente dopo il taglio del numero dei parlamentari. Ed è proprio per questo che il tema della riforma elettorale riemerge nel dibattito tra i partiti, alcuni dei quali vorrebbero arrivare ad approvarla prima della fine della legislatura. I sistemi elettorali possono essere raccolti in due grandi famiglie: proporzionali e maggioritari. Nella realtà esistono però molti sistemi misti che fondono caratteristiche dei due modelli.
Il proporzionale
I sistemi proporzionali puntano sulla rappresentanza e su forme di governo parlamentari. Gli eletti sono scelti in collegi plurinominali che possono prevedere liste corte, solo quattro, sei candidati, per pemettere all’elettore di conoscere chi vota, o liste lunghe che possono arrivare a coprire tutti i seggi in palio. Queste liste possono essere libere, cioè gli elettori possono esprimere una o più preferenze che servono a decidere gli eletti. Ma possono essere anche bloccate, cioè gli elettori non esprimono preferenze e l’elezione avviene sulla base della posizione in lista decisa dal partito. Quasi sempre al sistema elettorale si associa uno soglia di sbarramento calcolata a livello nazionale che ammette o esclude le liste dalla ripartizione dei seggi.
Il proporzionale puro della Germania
Il caso più importante di scelta di un sistema proporzionale puro è quello della Germania. Gli elettori votano per candidati che si presentano nei collegi uninominali e per candidati che si presentano in una lista di partito bloccata. La ripartizione dei seggi avviene tenendo conto di questo secondo voto. E per rispettare il principio proporzionale il numero dei deputati del Bundestag è variabile. La legge elettorale tedesca prevede uno sbarramento del 5 per cento, ma si entra al Bundestag anche se si conquistano seggi nei collegi maggioritari.In Italia, per copiare tutto il modello tedesco, bisognerebbe cambiare la Costituzione nella parte in cui fissa il numero dei deputati e dei senatori.
Il maggioritario
I sistemi maggioritari puntano tutto sulla governabilità e sono associati molto spesso a forme di governo presidenziali o semipresidenziali. Il modello maggioritario è molto in voga nel mondo anglosassone e il paese simbolo è la Gran Bretagna. E per quanto riguarda il rapporto con il presidenzialismo l’esempio classico sono gli Stati Uniti. Nel modello maggioritario i seggi sono assegnati in collegi uninominali relativamente piccoli dove vince chi ottiene un voto in più rispetto agli altri candidati. Il disegno e l’ampiezza del collegio diventano quindi un fattore importantissimo nei sistemi maggioritari. Questo spiega, per esempio, lo scontro negli Stati Uniti sul Gerrymandering, la pratica del ritaglio dei collegi per danneggiare l’avversario. Il sistema maggioritario mira comunque a garantire stabilità parlamentare, governabilità e contatto diretto fra eletti ed elettori.
Uno o due turni
I sistemi maggioritari possono essere però essere ad un turno o a due turni, con la previsione di un ballottaggio fra i candidati che superano certe soglie. Il maggioritario britannico è l’esempio tipico di sistema uninominale a turno unico. Come detto vince chi arriva primo. Il doppio turno, invece, è incarnato, dal sistema francese. SI vota sempre in un collegio uninominale e vince il candidato che supera al primo turno il 50 per cento. Se nessuno ottiene i voti necessari si va al ballottaggio fra i candidati che hanno superato una certa soglia. Per esempio, al ballottaggio per le presidenziali francesi arriva solo chi ha superato il 12 per cento dei voti calcolato sugli aventi diritto al voto.
Sistemi misti
Esistono poi molti modelli misti dove troviamo un mix di proporzionale e di maggioritario. Con meccanismi elettorali che consentono di votare un candidato in un collegio e di scegliere altri candidati da una lista. Anche di un altro partito. Ci possono essere soglie diverse di sbarramento: in Turchia, per esempio, è del 10 per cento.
Il proporzionale in Italia nel 1919
Il sistema proporzionale è all’apparenza il modello più intuitivo di legge elettorale e come detto punta alla rappresentanza. Per questo in molte proposte fa la sua apparizione anche una quota di seggi per garantire il diritto di tribuna alle minoranze nonostante lo sbarramento. In Italia il modello proporzionale è stato adottato per la prima volta nel 1919, quando furono abolite anche le restrizioni legate al censo e al grado di istruzione degli elettori. Votavano però ancora solo gli uomini.
Prima Repubblica e proporzionale
Dopo la caduta del fascismo, si tornò al sistema proporzionale per l’elezione dell’Assemblea costituente che, con l’ordine del giorno Perassi scelse la forma di governo parlamentare e confermò il sistema elettorale proporzionale. Rimasto in vigore, con diverse modifiche, fino al 1994. L’Italia era divisa in 32 circoscrizioni che servivano per assegnare i seggi in prima battuta in base ai voti raccolti. Quelli non assegnati confluivano in un collegio unico nazionale dove si ripartivano in maniera proporzionale fra i partiti i posti rimanenti. Il sistema non aveva una soglia di sbarramento, ma di fatto esisteva: un partito poteva anche raccogliere una percentuale significativa di voti a livello nazionale, ma per poter partecipare alla ripartizione bisognava conquistare almeno un seggio a livello circoscrizionale. Altrimenti rimaneva escluso e non entrava in Parlamento.
La legge truffa
In Italia il primo tentativo di passare dal proporzionale ad un sistema misto arrivò nel 1953, quando fu presentata una proposta di modifica che prevedeva un premio di maggioranza alla coalizione che avesse superato la soglia del 50 dei voti, portando il totale dei seggi a 380. Alle elezioni politica del 1953 la cosiddetta “legge truffa” non scattò per un pugno di voti e fu successivamente abrogata.
Gli anni 90 e l’abolizione delle preferenze
Il problema della legge elettorale e della sua modifica si presentò di nuovo all’inizio degli anni 90, sollevata dal successo di alcune iniziative referendarie che videro fra i protagonisti Mario Segni e i radicali di Marco Pannella. La legge elettorale in vigore prevedeva la possibilità di usare 3 o 4 preferenze. Sistema che suscitava molte critiche per via dei meccanismi di controllo del voto, che permetteva attraverso l’uso dell’incrocio dei voti di preferenza, e la presenza di cordate elettorali che condizionavano la vita dei partiti e quelle delle istituzioni. Il primo grande scossone al regime del proporzionale arrivò nel giugno del 1991 con l’abolizione delle preferenze. Un voto referendario caratterizzato dall’invito di Bettino Craxi di disertare le urne e andare al mare. Invito clamorosamente disatteso dagli italiani.
Il referendum boccia il sistema elettorale del Senato
Il secondo grande colpo al sistema proporzionale arrivò con il referendum del 1993 che cancellò parte del sistema elettorale del Senato. Fu interpretato dalla politica come volontà di passare al sistema maggioritario. Altro fattore a spingere verso sistemi maggioritari fu il buon esito della riforma della legge elettorale del 1993 per l’elezione dei sindaci con l’adozione di un sistema maggioritario a doppio turno. A completare il quadro in senso maggioritario, nel 1995 arrivò anche la riforma, il Tatarellum, che prevedeva l’elezione diretta dei presidenti delle Regioni.
La legge Mattarella
Il risultato del referendum del 1993 fu trasformato in una legge elettorale, il Mattarellum, che porta il nome dell’attuale presidente della Repubblica. Termine coniato dal costituzionalista Giovanni Sartori. Il sistema prevedeva di assegnare il 75 per cento dei seggi della Camera in collegi uninominali a turno unico. Il restante 25 per cento veniva assegnato in maniera proporzionale fra i partiti che superavano al la soglia di sbarramento del 4 per cento, utilizzando delle liste bloccate. Dunque, non erano previsti voti di preferenza.
Le liste civetta
Tuttavia, per mitigare l’effetto maggioritario della legge era previsto il meccanismo dello scorporo. Tutti i voti ottenuti per eleggere un deputato nei collegi venivano eliminati dai calcoli della parte proporzionale. Meccanismo che porta alla degenerazione delle cosiddette “lista civetta”. I candidati di un partito o di una coalizione venivano collegati nel proporzionale ad una lista falsa in modo da non intaccare il bottino della lista ufficiale.
Il referendum beffa del 1999
Il movimento referendario ha cercato più volte di cancellare la parte proporzionale del Mattarellum per introdurre un meccanismo completamente maggioritario sul modello anglosassone. Clamoroso il risultato del 1999, quando i votanti si fermarono al 49,56 per cento, ad un passo dal quorum del 50 per cento. L’esito fu seguito da un nare di polemiche perché le liste elettorali, soprattutto quelle degli italiani all’estero, risultarono “gonfiate” da elettori morti da tempo. Si votò comunque con il Mattarellum nel 1994 e nel 2001 e il meccanismo aveva avviato la trasformazione bipolare del sistema elettorale italiano e la nascita di coalizioni come l’Ulivo e la Casa della libertà
Il Porcellum
Alla fine della legislatura 2001/2006 Silvio Berlusconi, per evitare l’annunciata vittoria del centrosinistra alle politiche, manda in soffitta il Mattarellum e il sistema maggioritario. A pochi mesi dal voto venne approvata la legge proporzionale con premio di maggioranza, 340 seggi assicurati alla coalizione vincente e soglia di sbarramento al 4 per cento. pensata dal leghista Roberto Calderoli che la definì “una porcata”. Il meccanismo, infatti, sulla base della geografia elettorale, impediva di fatto, la vittoria della coalizione di centrosinistra al Senato o un vantaggio minimo di seggi. Il Porcellum fu usato nelle politiche del 2006, 2008 e 2013, prima di essere giudicato parzialmente incostituzionale dalla Consulta.
L’Italicum di Renzi
Matteo Renzi, in combinato disposto con la sua riforma costituzionale poi bocciata dagli elettori, presentò e fece approvare una riforma elettorale che prevedeva un proporzionale con turno di ballottaggio se nessuno superava la soglia del 40 per cento con un premio di maggioranza. Il partito, non si faceva più riferimento alle coalizioni, che otteneva il 40 per cento dei voti, o vinceva il ballottaggio, avrebbe ottenuto il 55 per centro dei seggi. L’Italia era divisa in 100 collegi plurinominali dove il capolista era bloccato, mentre per gli altri si poteva esprimere una doppia preferenza di genere. I capilista si potevano candidare in 11 collegi diversi. Questa legge, mai usata, fu dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Corte costituzionale.
Il Rosatellum
Messo da parte l’Italicum, il Parlamento ha poi approvato il Rosatellum, la legge elettorale in vigore, usate alle politiche del 2018. Il sistema prevede che il 37 per cento dei deputati e senatori sia eletto in collegi maggioritari uninominale a turno unico. Viene eletto chi prende un voto in degli altri candidati. Il 61 per cento è invece eletto con liste bloccate in collegi plurinominali, non si possono esprimere preferenze, e con una sogli di sbarramento nazionale del 3 per cento.