la Repubblica, 2 novembre 2021
Bolloré vuole prendersi il Pais
MILANO – Respinto in Italia da Mediaset, protagonista in Francia con la conquista di Lagardère e con la tv C-news che attacca il presidente francese Macron, ora Vincent Bolloré estende alla Spagna le sue mire espansionistiche nel settore media. Puntando al gruppo Prisa che pubblica il primo quotidiano del paese, El País, e il quotidiano sportivo AS. Ma il sogno di un grande gruppo europeo della tv e dei media in grado di contrastare i colossi americani sembra ormai sfumato.
La settimana scorsa Vivendi ha ufficialmente chiesto al governo spagnolo il permesso di acquistare sino al 29,9% di Prisa, società di cui detiene già il 9,93%. Prisa è un gruppo che oltre ai due quotidiani El País e AS è presente nella didattica scolastica in America Latina ma da diversi anni è in fase di ristrutturazione, con un debito ancora molto alto (a settembre scorso ammontava a 734 milioni). Ed è anche al centro di una battaglia tra azionisti vecchi e nuovi, situazione in cui notoriamente Bolloré si trova a suo agio. Il fondo attivista Amber è il primo azionista con quasi il 30% del capitale, poi c’è un gruppo di soci vicini al Banco Santander e di cui fa parte la famiglia Polanco con un 20%, quindi un gruppo di fondi indipendenti con un altro 20% e infine Vivendi con il 9,3%.
La battaglia per un nuovo piano industriale ha portato prima a effettuare alcune dismissioni che hanno fruttato circa 650 milioni, poi a cambiare il presidente e quindi nella primavera 2021 anche il management con due manager a capo delle due divisioni media ed education. I risultati però, complice anche il Covid, tardano ad arrivare e il titolo langue intorno a 0,5 euro per azione, ben lontano dai 2,7 euro del 2017 ma anche solo dall’1,5 euro di un anno fa. Bolloré deve aver fiutato l’affare e, se autorizzato, si appresta ad acquisire un altro 20% da azionisti singoli o in Borsa ben sapendo che quando il titolo tornerà a livelli accettabili Amber potrà rivendergli la sua quota ripetendo l’operazione che è stata appena lanciata su Lagardère. Solo l’annuncio di Vivendi di voler salire oltre il 10% ha fatto crescere il titolo fino a 0,6 euro (ora la società vale 430 milioni).
La campagna spagnola sembra la replica in tono minore della campagna d’Italia che ormai segna un sonoro insuccesso. La dura battaglia legale con la famiglia Berlusconi, durata cinque anni, ha portato a un accordo che prevede l’uscita progressiva di Vivendi dal capitale Mediaset, che rischia di avvenire a prezzi decrescenti – e quindi in perdita – per la mancanza di una strategia di crescita del Biscione. L’idea di una possibile convergenza con Telecom, di cui Vivendi possiede ancora il 23,7%, è ormai tramontata e sulla stessa Telecom la minusvalenza latente ammonta ormai a 2,7 miliardi con i francesi che in sette anni non sono riusciti a dare una prospettiva industriale e di crescita al gruppo.
Secondo molti analisti il futuro post pandemia del mercato dei media è fatto di consolidamenti nazionali più che internazionali. In Francia la fusione tra Tf1 e M6 per un grande polo tv “free to air” rischia di rendere la vita ancora più difficile alla pay tv di Canal Plus, ancora sottoposta alla cura rivitalizzante di Vivendi. Lo stesso schema si replicherà in Germania, antitrust permettendo, con Rtl che si aggregherà con ProsiebenSat. Bloccato sulle tv ora Bolloré sembra puntare sulla digitalizzazione della carta stampata cercando di conquistare Prisa che nel suo portafoglio ha una ciliegina: la partecipazione del 20% in Le Monde.