La Stampa, 2 novembre 2021
Tradimenti /1 Gli 007 afghani addestrati dagli Usa combattono con l’Isis
Gli 007 afghani addestrati dalle forze di sicurezza americane trovano nuova occupazione tra le fila dello Stato islamico. È il nuovo colpo di scena (per alcuni ampiamente annunciato) a cui si sta assistendo in queste ultime settimane nel ginepraio dello Stato centroasiatico, dallo scorso agosto nuovamente sotto il controllo dei taleban. Abbandonati dai loro mentori e protettori, ovvero i militari Usa, e braccati dai miliziani delle madrasse assetati di vendetta, ex apparati dell’intelligence ed elementi dei corpi speciali, un tempo agli ordini del governo dell’ex presidente Ashraf Ghani, confluiscono ora nei nuclei combattenti dell’Isis Khorasan.Il braccio locale delle bandiere nere rappresenta spesso l’unica alternativa per le centinaia di migliaia di ex membri delle forze di sicurezza e di polizia rimasti senza lavoro, senza soldi (il governo Ghani non pagava gli stipendi già da mesi prima del ritorno dei fondamentalisti a Kabul) e in pericolo di vita nonostante le annunciate amnistie da parte dell’Emirato islamico. Così abili funzionari e combattenti addestrati dalla Nato per fare da argine all’avanzata dei taleban si trovano oggi a prestare i loro servigi a formazioni ancora più estremiste dei miliziani che fanno capo alla guida suprema Hibatullah Akhundzada. Il loro numero è ancora contenuto ma in costante aumento, spiega il Wall Street Journal che riferisce quanto rivelato da diverse fonti tra cui taleban ed ex funzionari governativi degli apparati di sicurezza. L’adesione di questi elementi allo Stato islamico, particolarmente attivo nelle province orientali del Nangarhar e di Kunar, conferisce alla formazione nuove e importanti capacità di intelligence e operative. Al punto che i jihadisti guidati da Shahab Muhajir (attuale leader di Isis-K che collabora con lo sceicco Tamim, colui che supervisiona tutto lo Stato islamico in Asia centrale e nel subcontinente indiano) potrebbero mettere in discussione la capacità di tenuta del territorio degli stessi taleban.Solo per citare alcuni dei casi più recenti, un ex militare che gestiva le polveriere di Gardez nella provincia di Paktia, è stato tra i primi ad entrare nell’Isis con cui ha combattuto perdendo la vita la scorsa settimana durante gli scontri coi taleban. Un altro esponente delle vecchie forze speciali afghane che si trovava nel distretto di Qarabagh, a Nord di Kabul, dopo settimane che si era dato alla macchia per sfuggire ai taleban è ricomparso tra le fila dello Stato islamico. Stessa sorte ha riguardato altri elementi delle vecchie forze armate. «In alcune aree del Paese l’Isis è diventata un’opzione assai attraente per le forze di sicurezza governative lasciate indietro o dimenticate» dagli alleati occidentali, spiega al Wsj Rahmatullah Nabil, ex numero uno del National Directorate of Security, la vecchia agenzia di intelligence, che ha lasciato l’Afghanistan prima dell’arrivo dei taleban. «Se ci fosse stato un movimento di resistenza – prosegue l’ex 007 – questi uomini si sarebbero uniti ad esso, ma in mancanza di alternative sostanziali l’Isis rimane l’unico gruppo armato» alternativo ai fondamentalisti delle madrasse.L’Isis rimane quindi l’unica opzione per questi ex fedeli servitori dello Stato che il maldestro ritiro occidentale e la fragilità istituzionale del vecchio governo ha reso sbandati funzionali al principio secondo cui il nemico del mio nemico può essere mio amico. Si tratta dello stesso schema circolare che ha preso forma in Iraq dopo l’invasione americana del 2003 quando pezzi dell’esercito di Saddam Hussein, smantellato dalle forze Usa, sono confluiti nella fila di Al Qaeda in Iraq (Aqi) prima e nello Stato islamico dopo. Con l’aggravante, secondo quanto riferito in Senato dal sottosegretario alla Difesa Usa Colin Kahl, che Isis-K potrebbe colpire in Occidente già tra sei e dodici mesi, e con i taleban che, sebbene determinati a fermare gli orfani dello Stato islamico, non è ancora chiaro quanto siano in grado di farlo. —