Avvenire, 2 novembre 2021
In Nigeria la criptovaluta è di Stato
«La criptovaluta eNaira è ora attiva!». Con queste parole il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha lanciato lunedì la prima moneta digitale ufficiale in Nigeria. La cerimonia è stata organizzata al Palazzo presidenziale e ha visto la partecipazione di funzionari governativi e della Banca centrale nigeriana per le monete digitali (Cbndc). «Diverse banche fanno già parte della piattaforma per utilizzare l’eNaira», ha confermato Godwin Emefiele, governatore della Banca centrale della Nigeria (Cbn). «Vogliamo incoraggiare il pubblico a usare l’eNaira per semplificare gli scambi monetari transfrontalieri e promuovere le transazioni finanziarie meno care. Inoltre – ha aggiunto il governatore –, avremo una maggiore inclusione finanziaria con l’obiettivo di ridurre i rischi che possono avere un impatto negativo sul nostro sistema monetario». Quando la maggiore economia in Africa e lo Stato più popoloso del continente lancia un’iniziativa di tale portata, è certo che molti altri seguiranno.
Negli ultimi anni numerosi Paesi africani hanno già iniziato a usufruire delle criptovalute per la loro vita quotidiana: dallo Zimbawe al Botswana, dal Kenya al Sudafrica, dove il Bitcoin resta per il momento la criptomoneta più popolare. «L’adozione delle criptomonete in Africa è cresciuta del 1,200% tra luglio 2020 e giugno 2021 – affermano gli esperti –. Si tratta del tasso più veloce al mondo». Sebbene in termini di valore commerciale le monete digitali siano ancora a livelli minori rispetto ad altri continenti, nell’ultimo anno l’Africa ha accumulato oltre 105 miliardi di dollari in criptomonete.
Il Ghana è il primo Stato africano ad aver ufficializzato questa nuova politica monentaria con l’E-Cedi in grado di rimpiazzare l’utilizzo fisico dei cedi, le monete e i contanti locali. «L’E-Cedi fa parte dell’Agenda digitale del Ghana (Dga)», ha dichiarato a luglio Mahamudu Bawumia, vice presidente ghanese. «I governi africani dovrebbero facilitare l’uso delle monete digitali per aumentare il commercio intra-africano. Solo in questo modo – ha concluso Bawumia – miglioreremo i pagamenti tra ghanesi e tra i vari Paesi della regione». La Banca del Ghana ha collaborato con la startup statunitense Emtech, la quale sta discutendo con altri governi per assisterli nella digitalizzazione delle loro banche centrali. Quest’ultime si sentono ormai in dovere di digitalizzare le valute nazionali poiché una fetta sempre maggiore della popolazione africana effettua scambi monetari usando differenti tipi di criptomonete, locali e straniere, oppure differenti strumenti tecnologici. «Sempre più gente in Africa si spinge verso il commercio e le operazioni finanziarie digitali – afferma un rapporto dell’Onu –. Gran parte della popolazione usa metodi elettronici per pagare attraverso applicazioni come Wave in Tanzania, M-Pesa in Kenya, o Orange Money in Senegal».
L’obiettivo di chi risiede in Africa e affronta spesso un sistema monetario fragile e fluttuante è quello di evitare rigide norme finanziarie locali o costosi trasferimenti internazionali di denaro fatti attraverso i metodi più convenzionali come Western Union. Nell’Africa francofona dove il franco Cfa viene utilizzato da oltre 200 milioni di persone il clima per la digitalizzazione delle moneta e delle transazioni finanziarie è tra i più favorevoli. «Ho lanciato Ejara all’inizio del 2020 con 2 milioni di dollari grazie al sostegno di vari investitori – spiega Nelly Chatue-Diop, una camerunese nota in Africa francofona per la promozione delle criptovalute –. Considero questa regione come la prossima frontiera per il denaro digitale e le app di investimento in Africa». Alcuni Paesi dell’Africa anglofona come Kenya, Nigeria, Sudafrica e Tanzania sono invece tra i primi 20 mercati del Global crypto adoption index (Gcai). Il volume delle transazioni digitali al dettaglio è del «7% in Africa rispetto alla media globale del 5,5%». Gli africani che usano le criptovalute hanno il tasso più alto al mondo rispetto all’utilizzazione delle piattaforme P2P per trasferire denaro da una persona all’altra e rappresentano «l’1,2% di tutte le transazioni africane e il 2,6% di quelle fatte nel mondo con il Bitcoin in particolare». La rivoluzione delle criptovalute sembra infatti trovare un terreno sempre più fertile proprio nelle aree più povere.