il Fatto Quotidiano, 2 novembre 2021
Sulle monetine dei potenti nella Fontana di Trevi
La fotografia che immortala i sedicenti Grandi della Terra Quasi Tutti Maschi mentre, di spalle, buttano una moneta di speciale conio (con sopra il povero Uomo Vitruviano del povero Leonardo) nella Fontana di Trevi è particolarmente avvilente anche per i disastrosi standard culturali attuali.
Come nel caso del dissennato giro trionfale del pullman della Nazionale dopo gli Europei, ne viene fuori un impietoso autoritratto del draghismo, che potremmo intitolare il “populismo delle élite”, cioè il populismo di un establishment che pensa di essere antipopulista e invece è antipopolare. Coloro che si definiscono senza autoironie Grandi della Terra mentre il loro colpevole, imperdonabile blabla condanna a morte la Terra, si mostrano qua come semplici turisti replicandone le più trite, superstiziose, consuetudini. “Siamo come tutti voi – è il messaggio –, siamo il popolo”: ma noi lo sappiamo che non è vero. Lo sappiamo che siete i nostri padroni, non i nostri servitori. Lo sappiamo che siamo in una post-democrazia: e che proprio per questo i nuovi sovrani hanno bisogno di legittimarsi con pose di degnazione tipiche dell’antico regime, pose grottesche che fino a vent’anni fa non sarebbero mai venute in mente a nessun leader del mondo libero.
Ma per fortuna le immagini sono da sempre subdole, infide, polisemiche, libere: e la loro interpretazione è del tutto indipendente dalla volontà dei committenti e perfino da quella degli autori. E così è impossibile non leggere quella fotografia come una potente allegoria dell’irresponsabilità politica ed economica dei Grandi: potenti che gettano i soldi (di noi tutti) dietro le proprie spalle, senza nemmeno curarsi di vedere dove vanno a finire. Scherzano, ma attraverso quel motto di spirito dicono, malgrado se stessi, la verità. Non per caso la Caritas (cui sono destinate le monetine ripescate ogni settimana nella fontana) ha rotto la quarta parete della finzione, andando al sodo: “Speriamo che tra i frutti di questo meeting, in cui si parla di migrazioni e di vaccini ai Paesi meno sviluppati, per i poveri non ci siano solo le monetine della più bella fontana del mondo”.
E fa molto pensare anche un altro aspetto della foto: i potenti danno, appunto, le spalle a quello straordinario monumento dell’età barocca. Nella tradizione italiana le fontane sono monumenti “politici”: unendo la funzione pratica di rendere accessibile l’acqua alla bellezza con cui danno forma alla città, esse sono volute e progettate come “manifesti” attraverso i quali i governi si rivolgono direttamente ai cittadini. La Fonte Gaia di Siena, per esempio, fu il coronamento della straordinaria impresa urbanistica di Piazza del Campo, e si decise di costruirla nel 1309, iscrivendone la delibera all’interno del Costituto, lo statuto comunale che metteva la “bellezza della città” al centro delle preoccupazioni dei governanti. Dietro ognuna delle nostre strepitose fontane monumentali sta la profonda convinzione che esse manifestassero visibilmente il “bonum commune”, cioè il bene comune, l’interesse generale, ciò che tiene insieme la comunità civile. Ancor oggi esse offrono a tutti, e gratuitamente, l’“utilitas” dell’acqua, e lo fanno attraverso l’“ornamentum” dell’arte: utilità e bellezza, natura e artificio si trovano uniti nelle fonti monumentali come in nessun altro luogo delle città antiche. Cosa ha in comune con tutto questo una élite mondiale che non riesce a svincolare nemmeno la comune sopravvivenza del genere umano dal totalitarismo del mercato? Cosa possono capire di bene comune i Capi che non riescono nemmeno a vaccinare tutta l’umanità, per sordide questioni di soldi? Niente: per questo danno le spalle alla Fontana, per questo pensano solo alla moneta che hanno in mano. Mai ritratto fu più giusto.