La Stampa, 1 novembre 2021
Il solito delirio fascista a Predappio
Lei è fascista? «Certo, sono fascista e anche nazista, se è per questo. Sono di Firenze, di mestiere guido il pullman, mi chiamo Enrico. Per me il fascismo è un ideale, uno stile di vita, sono un patriota, un italiano al cento per cento». Che domanda retorica, la nostra: il signore in questione indossa un trench da SS con sopra la spilla delle SS, ha una croce celtica tatuata sul collo e si è appena comprato il calendario del Duce 2021/22. Qual è il suo partito di riferimento? «Purtroppo non esiste». Cosa pensa di Giorgia Meloni? «È una brava ragazza. Mi dà fastidio solo quando prende le distanze dalle sue radici, invece dovrebbe andarne fiera».
Nel paese fuorilegge di Predappio tutti i convenuti sono fascisti. Molti sono fascisti e contro il Green Pass. Sono arrivati per celebrare il novantanovesimo anniversario della Marcia su Roma. Hanno trovato i negozi di souvenir con le porte spalancate lungo la strada: mazze da baseball in nuance tricolore, spillette del ventennio, bavaglini audaci, tirapugni in acciaio, magliette con la faccia di Mussolini, busti del duce e vino del duce, il fez, l’aquila imperiale, il manifesto autografato da Alessandra Mussolini il 27 aprile 2019: «Sciacquatevi la bocca quando parlate dell’Italia!».
Hanno affidato il servizio d’ordine ai fascisti di «Continuità Ideale R.S.I.», figuri arrivati da Padova tutti bardati di nero, con una fascia tricolore al braccio destro. E quello che fanno – quello che devono fare – è zittire qualsiasi manifestante non autorizzato a parlare, cioè tutti. Perché è stato deciso che soltanto in tre potranno rispondere ai giornalisti.
Il primo è l’organizzatore dell’adunata, Mirco Santarelli da Faenza, di mestiere barista, già candidato al Senato con Forza Nuova, un passato nel MSI e un presente da presidente dell’associazione nazionale Arditi d’Italia. «Sì, mi definisco fascista. Tanto per voi sono tutti fascisti. Ma è questa di Draghi la vera dittatura. A Mussolini dobbiamo il lavoro, le bonifiche, le trasvolate, due Mondiali di calcio, chilometri di ferrovie, il senso della patria». Di sicuro gli dobbiamo le Leggi Razziali. «Furono all’acqua di rose», dice Mirco Santarelli.
Il secondo autorizzato a parlare è l’avvocato Francesco Minutillo da Forlì, candidato con Fratelli d’Italia e autore nel 2016 di un post su Facebook che gli costò la sospensione da portavoce provinciale: «Solo un nuovo manifesto di Verona contro islamici e negri ci può salvare. Nuove leggi razziali a tutela della cristianità». Più recentemente è assurto all’onore delle cronache per aver organizzato una raccolta firme contro il Green Pass. Eccolo, allora, l’avvocato Minutillo, lui che può parlare: «Il fascismo è un capitolo aperto. Commemorare non significa fare apologia». E intanto, vanno urlando: «Camerati, attenti!». Vanno marciando. Portano i paramenti della Repubblica Sociale. Vanno verso il cimitero dove c’è la cripta con le spoglie di Benito Mussolini. Una signora di Roma è fiera della sua mascherina con la svastica, un signore di Latina dice che con «lui» la pandemia non ci sarebbe mai stata, un agente di commercio di Ravenna si lascia scappare un commento nonostante il servizio d’ordine: «Sempre presente».
Il rito davanti al cimitero è officiato da Santarelli: «Camerati, vi ringrazio a nome degli Arditi d’Italia. Il popolo di Predappio è quello dei veri patrioti, persone marziali, persone serie». Ed ecco il terzo partecipante autorizzato a parlare, il sedicente conte Guido Farneti Merenda Salecchi: «Sono monarchico e sono fascista. E sì, ho fatto il saluto romano perché i miei nonni mi hanno insegnato a fare quel gesto. Non mi sento in imbarazzo. Siamo qui a ricordare la storia d’Italia, la storia voluta dalle persone più umili e dall’aristocrazia delle famiglie nobili».
Carabinieri e polizia filmano a distanza. Forse è per questo che Mirco Santarelli si raccomanda con le cinquecento persone, ma forse molte di meno, che lo hanno accompagnato in questa parata lugubre. «Non vi voglio mandare al macello. Dal momento che si è scatenata la guerra al fascista, vi devo esortare a non fare il saluto romano che ci porta all’immediata querela, anche se la Cassazione ci assolve, ci sarà un processo e per questo vi dico portiamo la mano destra sul cuore». Arriva il momento più atteso. «Aaaaaattenti! Camerata Benito Mussolini!». «Presente!».
Per tre volte. Urlando.
Tutto questo succede nel paese fuorilegge. «Verme infame», al giornalista che fa una domanda alla persona non autorizzata. Frasi atroci sospese a mezz’aria: «Gli ebrei forse sono stati l’unica pecca. Ma quell’odio non è nato dal nulla». «Per il centesimo anniversario verremmo con i carri armati e tonnellate di litri di olio di ricino», dice ridendo Santarelli. Intanto Vittoria e Ursola Mussolini, pronipoti arrivate da Sinalunga, stringono le mani all’ingresso della cripta e ringraziano i partecipanti.
Il sindaco di Predappio, 6.300 abitanti, è stato eletto con una lista civica sostenuta dal centrodestra, si chiama Roberto Canali: «Non ci posso fare niente. Quei negozi di souvenir fascisti li ho trovati e quindi immagino che siano a norma di legge. Così come ci sono sempre state questa manifestazioni autorizzate dalla Prefettura, ma il numero dei partecipanti negli anni mi sembra che stia scemando». Secondo alcuni, il turismo mussoliniano porta a Predappio 100 mila persone all’anno. «Non sono in grado di dire se sia una cifra sottostimata, esagerata o attendibile. Ma è innegabile l’indotto economico sul territorio». Tutti pieni i ristoranti nel paese fuorilegge, grande successo per la maglietta della Marcia su Roma in saldo a 8 euro.