Il Sole 24 Ore, 31 ottobre 2021
I conti in rosso del rugby
Dopo oltre un anno e mezzo di competizioni a singhiozzo e di partite a porte chiuse, il grande rugby internazionale riparte in Europa da condizioni quasi normali. Torna la tradizione secondo cui in autunno arrivano le più forti Nazionali dell’emisfero Sud per giocare una serie di “test match” con le migliori squadre del Vecchio Continente. Una ventina di incontri distribuiti su quattro fine settimana. Se l’anno scorso, solo in relazione alla tornata autunnale, si erano valutati mancati incassi per almeno 150 milioni di euro da parte delle maggiori federazioni europee, adesso si può fare nuovamente conto su un filone di vitale importanza.
Le grandi del Sud
È vero, peraltro, che il rugby aveva potuto concludere senza problemi l’ultima grande manifestazione sportiva pre Covid: quella Coppa del Mondo 2019 che aveva portato al Giappone – Paese organizzatore – quasi 300mila appassionati dall’estero e un incremento del Pil che si può tradurre in 2,6 miliardi di euro.
Anche i grandi Paesi rugbystici dell’emisfero Sud hanno vissuto periodi difficili. Basti dire che il Sudafrica, subito dopo essersi aggiudicato il titolo mondiale è stato più di un anno senza disputare una partita. Grande merito va attribuito allo squadrone degli “Springboks” per avere ripreso l’attività questa estate nel migliore dei modi, cioè prevalendo nella serie di partite casalinghe che l’hanno opposto ai British & Irish Lions. Ma mentre quattro anni fa la Nuova Zelanda accolse 25mila fan per la tournée dei Lions e vide salire di 120 milioni di euro il proprio Pil, stavolta i tour dall’Europa erano off limits e ciò ha limitato i ritorni economici.
La “Union” neozelandese ha chiuso il 2020 con perdite complessive per 21,5 milioni di euro (di circa 3,5 milioni superiori a quelle lamentate dalla consorella australiana), ma dal 2022 registrerà un rafforzamento sul piano degli sponsor. Da un lato il colosso transalpino Altrad, leader nei materiali per l’edilizia, dopo avere messo il proprio logo sulla maglia della Francia lo metterà pure su quella delle Nazionali in nero (pagando circa 18 milioni di euro per il prossimo biennio). Dall’altro Ineos (settore petrolchimico) sborserà 4,8 milioni di euro all’anno per comparire sui pantaloncini e sulle divise di allenamento. Resta in ballo l’affare più importante: il fondo Usa Silver Lake era arrivato a offrire oltre 280 milioni per il 15% sui diritti commerciali della federazione (valutandoli quindi circa 1,9 miliardi) e ora potrebbe riformulare la sua proposta.
Il tris azzurro
Ferma da marzo, l’Italia riparte con un nuovo presidente federale, Marzio Innocenti, e un nuovo ct, Kieran Crowley. In programma ci sono tre match: il 6 novembre all’Olimpico di Roma con la Nuova Zelanda, il 13 a Treviso con l’Argentina e il 20 a Parma con l’Uruguay. Solo il primo di questi appuntamenti potrebbe fruttare un incasso sostanzioso, ma sembrano lontani i tempi in cui una partita degli Azzurri con gli All Blacks valeva un ticketing attorno ai 2 milioni di euro.
Una novità è costituita dal fatto che Sky ha ottenuto i diritti per tutti i test match autunnali che andranno anche “in chiaro”, sul canale Tv8 per il primo e il terzo impegno e su Cielo per il secondo. Dal 2022, poi, Sky diffonderà le immagini del Sei Nazioni (compresi Under 20 e donne).
United Rugby Championship
È invece su Mediaset che da questa stagione si può seguire l’ex Pro 14, ora United Rugby Championship, esteso a 16 squadre. L’Italia è rappresentata da Benetton Treviso e Zebre Parma, impegnate in un supercampionato con le migliori franchigie di Galles, Irlanda, Scozia e Sudafrica. Le sudafricane hanno alzato il numero delle partecipanti e il loro livello, coinvolgendo le quattro più importanti realtà nazionali. E, a quanto risulta, i diritti tv incassati globalmente dalla società che gestisce il torneo sono schizzati da 30 a 65 milioni di euro.