Il Messaggero, 31 ottobre 2021
Xavier, il robot-poliziotto
Fa pensare a RoboCop il nuovo agente di pattuglia entrato ufficialmente in servizio a Singapore. La citta Stato popolata da quasi 5 milioni e mezzo di persone sembra immersa in un mondo distopico, immaginario. Ma non è un film di fantascienza, Xavier, il robot-poliziotto, alto quasi due metri e dotato di quattro ruote e sette telecamere, perlustra le strade e mette in riga le persone responsabili di comportamenti sociali indesiderati.
Per il governo, è uno strumento utile a combattere l’inciviltà. Xavier lancia messaggi preregistrati a chiunque stia commettendo un’irregolarità, come fumare in zone dove non è consentito, parcheggiare la bicicletta in modo sbagliato, parlare ad alta voce al telefono, non indossare correttamente la mascherina o violare le norme sul distanziamento sociale.
SENSORI E TELECAMERE
Grazie ai numerosi sensori già in uso per i veicoli a guida autonoma, il robot-poliziotto si muove con agilità ed evita qualsiasi tipo di ostacolo, dai pedoni alle auto. Le telecamere trasmettono un flusso continuo di immagini alla centrale di controllo, dove agenti in carne e ossa visionano il materiale inviato dal robot. Così, possono venire a conoscenza di tutto, anche di quelle infrazioni che sfuggirebbero ai controlli. Durante la sperimentazione a inizio ottobre, Xavier ha preso di mira un gruppo di anziani impegnati a giocare a scacchi: «Massimo 5 persone per gruppo!», ha intimato. Per Ong Ka Hing, dell’agenzia governativa che ha sviluppato il progetto, i robot risolvono un problema di scarsità di forza lavoro a fronte di una popolazione sempre più vecchia.
Ma i robot come Xavier sono soltanto l’ultima arma di un arsenale a disposizione di uno Stato sempre più interessato a sorvegliare i propri cittadini. A Singapore ci sono 90mila videocamere di sicurezza, un numero destinato a raddoppiare entro il 2030. Di recente, è stato avviato un progetto pilota per l’installazione di pali della luce predisposti per il riconoscimento facciale.
La tecnologia diventa sempre più invasiva e le organizzazioni pro diritti umani avvertono dei rischi per la privacy. Singapore è stata spesso criticata dai gruppi che agiscono a tutela delle libertà civili perché gli abitanti dell’isola non avrebbero la piena padronanza di ciò che accade ai loro dati. Come spiega Lee Yi Ting, attivista esperta in materia digitale: «La sensazione è che la gente debba stare attenta a ciò che dice e a ciò che fa. A Singapore tutto questo avviene in misura molto maggiore che in altri Paesi».
LIBERTÀ CIVILI
Non a caso, per il 2021 l’organizzazione non governativa internazionale Freedom House ha assegnato un punteggio di 29 su 60 a Singapore proprio nella materia del rispetto delle libertà civili. Quest’anno l’opinione pubblica è rimasta scossa quando le autorità hanno ammesso che i dati raccolti per il tracciamento dei contagi sono finiti nelle mani della polizia.
Per questo, il governo locale si è affettato a varare una legge per limitare l’uso delle informazioni sensibili. Tuttavia, non ci sarebbero abbastanza limiti all’azione del governo e norme adeguate a difesa della privacy, sostiene Indulekshmi Rajeswari, avvocato di Singapore ora di base in Germania, citato dal Guardian.