Corriere della Sera, 31 ottobre 2021
In morte di Desideria Pasolini dall’Onda
«Avevamo una visione nuova “globale”: non volevamo solo proteggere quel determinato castello, quella villa o quel monumento, ma tutto il loro contesto e l’ambiente. Così facendo abbiamo reso pubblico il concetto di territorio. Adesso tutti ne parlano, ma a quell’epoca no. Sentivamo il dovere di conoscerlo e salvarlo…». L’ambientalismo italiano dice addio a un autentico, anche se discreto, pilone della sua storia: cioè a Desideria Pasolini dall’Onda, ultima ancora in vita tra i co-fondatori di Italia Nostra, sottoscrittori del primo documento del 1955, scomparsa venerdì notte a 101 anni dopo una lunghissima vita intellettualmente feconda, attiva, ricca di impegno culturale.
Il suo nome è legato anche ad altri terreni dei beni culturali italiani: all’Adsi, l’Associazione dimore storiche, la rete di ville, castelli, palazzi abitati dagli eredi di antiche famiglie e quindi perfettamente conservati, eloquenti documenti della vicenda paesaggistica e storico-culturale del Paese. Ma Desideria Pasolini sostenne anche la rete dei Grandi giardini italiani fondata da Judith Wade, altro network tra gioielli naturalistici, frutti di un gusto tutto italiano per la natura governata dalla mano dell’uomo come una tela o una scultura.
Desideria Pasolini dall’Onda nacque nel 1920 in una famiglia aristocratica (le prime tracce risalgono a Ravenna all’XI secolo, con origini addirittura sassoni), colta, attenta alle vicende civili italiane (sua madre Caterina Borghese Pasolini dall’Onda ebbe attestato e medaglia al merito della Resistenza per aver salvato molti antifascisti nel palazzo di famiglia a Ravenna). Aveva studiato storia dell’arte con Pietro Toesca, era rimasta «folgorata» (così diceva) dai corsi di Cesare Brandi sulla teoria del restauro. In questo terreno culturale, lei e la sua amica Elena Croce, figlia del grande filosofo (dunque due donne, per i tempi un caso unico) dettero il via nel 1955 al documento fondativo di Italia Nostra. Poco prima, nel 1951, erano stati fermati appena in tempo nuovi sventramenti nel centro storico romano, tra piazza di Spagna e piazza Augusto Imperatore, incredibilmente seguendo il disegno fascista in piena Italia democratica. Il mondo culturale si mobilitò e lo scempio venne bloccato. E così Desideria Pasolini con Elena Croce riunirono nomi come Pietro Paolo Trompeo, Giorgio Bassani, Luigi Magnani e Hubert Howard affidando la presidenza a un grande intellettuale antifascista e meridionalista, Umberto Zanotti Bianco, in quel momento impegnato nei suoi scavi a Paestum.
Italia Nostra rappresentò un’avanguardia nelle battaglie per la difesa del paesaggio, del territorio, del «contesto e dell’ambiente», come aveva appunto spiegato lei nel 2013. Concetti, nel 1955, ancora sconosciuti soprattutto al mondo politico. Disse, a chi qui scrive, Desideria Pasolini in un’intervista al «Corriere della Sera» nel dicembre 2004: «Nel dopoguerra ci fu ansia di fare ma impreparazione, ignoranza. Tutti volevano rimettere su l’Italia: ma si lasciò spazio alla speculazione che costruì periferie senza un piano e assalì i centri storici. Il primo a preoccuparsi, col caso milanese, fu Antonio Cederna. Un vero genio anticipatore». Punta di diamante delle lotte di Italia Nostra fu infatti, non solo in quel periodo, Antonio Cederna, poi dal 1980 al 1996 presidente della Sezione romana dell’associazione. Una storia complessiva di impegno civile senza la quale il patrimonio e il paesaggio italiani sarebbero ben più poveri di oggi. Nel 2001 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi le conferì le insegne di Cavaliere di Gran Croce ricordando il «profondo segno da lei lasciato nella lunga e faticosa storia della tutela ambientale del nostro Paese». I funerali saranno martedì 2 novembre alle 10 a Roma, a San Lorenzo in Damaso.