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 2021  ottobre 31 Domenica calendario

“TRUMP? UNO STUPIDO CAFONE”, “GREGORY PECK NOIOSO MA ADORABILE” – MEMORIE, BOLLORI E AVVENTURE DI JOAN COLLINS, L’ULTIMA DIVA DELLA HOLLYWOOD DEI BEI TEMPI, RACCOLTE NEI SUOI  “DIARI INSOLENTI”: “SONO STATA UNA DELLE PRIME FEMMINISTE: DAVO GINOCCHIATE AI PRODUTTORI MOLESTATORI. E L’HO PAGATA PERDENDO RUOLI IMPORTANTI, COME CLEOPATRA” – “GLENN CLOSE-CRUDELIA DE MON? UNA VERA SCHIFEZZA. AVREI FATTO DI TUTTO PER OTTENERE QUELLA PARTE…” – LO CHAMPAGNE A COLAZIONE E L’ULTIMO MARITO: “GRAZIE A DIO HA 30 ANNI IN MENO DI ME. NON POTREI SOPPORTARE DI AVERE UN MARITO DELLA MIA ETÀ…” -

La dama Joan Collins è di cattivo umore. Noto che qualcosa non va nel momento in cui entra con nonchalance nel suo salotto barocco adagiandosi sul divano di velluto color verde cacciatore.

Per ovvi motivi ci salutiamo senza baci, ma lei sembra tutt’altro che entusiasta di essere lì. Mi scruta senza togliere i grandi occhiali da sole. «Come sta?», chiedo.

«Piuttosto stressata», risponde. Il problema è che l’indomani Collins partirà per una vacanza a Maiorca e l’intervista sta rubando tempo prezioso alla preparazione dei bagagli, attività che per l’attrice è ben diversa rispetto a quella di noi comuni mortali: è famosa per portarsi al seguito 16 valigie quando parte per un viaggio.

E oltretutto, subito dopo la nostra chiacchierata l’aspetta anche un servizio fotografico. (....) Mi fulmina con lo sguardo. Comincio a chiedermi se questa intervista sia destinata al fallimento. Poi improvvisamente l’intervistata esplode in un tipico sorriso hollywoodiano. Si sfila gli occhiali da sole.

«I miei diari insolenti» Collins è una professionista e le nubi all’orizzonte si stanno diradando, nonostante le calunnie dei giornali scandalistici e le valigie Louis Vuitton ancora vuote. «Sono sempre contenta perché sono una persona molto felice», spiega, guardandomi con i suoi celebri e scintillanti occhi verdi menta.

È particolarmente soddisfatta del suo nuovo libro, My Unapologetic Diaries (I miei diari insolenti), che è poi il motivo per cui sono venuto a trovarla in quello che forse è l’ultimo edificio effettivamente residenziale nel quartiere londinese di Belgravia, tutto sedi diplomatiche e covi di cleptocrati. Nella sua via, praticamente nessuno ha applaudito i medici e gli infermieri, si lamenta.

«È stato patetico. I proprietari di questi appartamenti sono perlopiù cinesi e mediorientali che li acquistano come investimento». Tornando al libro: per una quindicina d’anni, ossia dalla fine del fenomeno televisivo Dynasty G fino all’ultimo volo del Concorde nel 2003 (con solo alcune integrazioni successive), l’attrice («attore» non le piace), autrice e celebrità potente e molto apprezzata ha tenuto sporadicamente un diario vocale registrato su un dittafono. Ora quelle note audio sono state trascritte e sottoposte a editing per la pubblicazione.

Uno strano salotto Il risultato è una straordinaria raccolta di pettegolezzi di Hollywood, eccessi del jet-set e battute taglienti che, a seconda di come siete fatti, vi incolleranno alla pagina o vi faranno scappare. Immaginate questo libro come il figlio illegittimo della rubrica sui ristoranti del Sunday Times di Michael Winner e di The Vanity Fair Diaries di Tina Brown. Incontrare Collins è un po’ come fare un viaggio indietro nel tempo: so che mi odierà per averlo detto. Il suo salotto somiglia a quello di una dimora storica, con le pareti tappezzate di ritratti di personaggi illustri ma caduti da tempo nel dimenticatoio.

Al di sopra del divano su cui è seduta è appeso il ritratto enorme di una dama dal viso fresco. Ha idea di chi sia? «Era una duchessa d’Austria o qualcosa del genere», Collins mi rassicura. «Nulla a che fare con me. Semplicemente adoro questo tipo di stanza». L’unico ritratto moderno che riesco a scorgere è un’opera pop art di Patrick Nagel che la raffigura.

Figlia dell’agente teatrale Joseph Collins e di Elsa, un’insegnante di danza, Joan aveva appena nove anni quando debuttò sui palcoscenici di Londra in Casa di bambola di Ibsen. Poco più che ventenne viveva a Los Angeles, raccogliendo un enorme successo dopo aver firmato un contratto con la 20th Century Fox.

È comparsa in film quali I Believe in You (1952) e La regina delle piramidi (1955), ha recitato al fianco di Richard Burton (di cui respinse le avances mentre si trovavano in Giamaica) e Paul Newman, oltre ad avere una relazione con un giovane e dissoluto Warren Beatty (esperienza che la fece sentire come «un’ostrica in una slot machine») e un affair con Harry Belafonte, allora sposato («magnetico»).

Di tutti i numerosi personaggi interpretati, quello che ha lasciato un segno indelebile nel pubblico è stata la favolosa e inesorabilmente perfida Alexis Carrington Colby nella serie Dynasty, fenomeno televisivo degli Anni 80. Non è esagerato quindi descrivere Collins come una delle ultime icone dell’età d’oro di Hollywood.

Nei sontuosi palazzi degli Anni ‘90 Il suo romanzo è costellato di riferimenti a Jack Lemmon («adorabile»), Gregory Peck («noioso, ma adorabile») e Tony Curtis («esuberante»). È fitto di frasi assurdamente decadenti come «ho rintracciato Roger Moore sul suo cellulare a Montreux, in Svizzera, dove stava comprando delle scarpe» e «ho incontrato Farah, l’ex imperatrice dell’Iran. È stata molto gentile. Era tutta ingioiellata». (...)

Tra mille avventure, Collins frequenta i sontuosi palazzi degli Anni 90 - Le Dôme, Le Cirque, il Chateau Marmont, il Ritz, l’Ivy - dove gli agenti vengono licenziati, si pasteggia a caviale e volano insulti feroci. Si ritrova a cenare gomito a gomito con un attempato Frank Sinatra e parla con Oliver Stone di sesso (un tema che lo «interessava terribilmente»).

È un susseguirsi di nomi celebri: alcuni dalla fama ormai sbiadita e altri ancora decisamente sotto i riflettori, come Donald Trump («stupido cafone»), Jennifer Aniston («non ho mai visto delle braccia così sottili») e Cara Delevingne (che Collins ha tenuto a battesimo, «una ragazza estremamente libera»).

Le critiche a Crudelia-Glenn Close Collins parla sempre con un tono vivace, piacevolmente sfrontato e diretto. Ricorda di essere andata a vedere La carica dei 101, in cui per un soffio non è riuscita a ottenere la parte di Crudelia De Mon. «Oddio, una vera schifezza!», è il suo giudizio non esattamente obiettivo. «Senza troppa invidia o amarezza ho pensato che Glenn Close fosse assolutamente terribile nel ruolo di Crudelia.

Tenevo molto a quel ruolo e avrei fatto di tutto o quasi per ottenerlo. L’ha interpretato senza humour e senza un briciolo di vulnerabilità». Ha anche iniziato a seguire le prime stagioni di una nuova proposta, una serie dal titolo Friends, e insiste che La tata, una sit-com ormai dimenticata in cui è comparsa come guest star , è «un telefilm infinitamente più bello». Condanna il comico e conduttore di talk-show Jay Leno, definendolo «uno degli uomini meno divertenti e meno attraenti d’America» e visita la villa di sua sorella Jackie a Los Angeles. «Mio Dio, è gigante», riflette. «Abitare in una casa così enorme non mi piacerebbe affatto».

«Non mi aggrappo ai ricordi, vivo il presente» Mi chiedo se scavare tra questi ricordi al vetriolo le susciti nostalgia per la giovinezza, gli idoli matinée passati a miglior vita e gli anni di gloria hollywoodiana ormai lontani. «Non mi aggrappo ai ricordi, vivo il presente», afferma.

Per di più, non ha mai amato Los Angeles quanto Londra e ai suoi occhi Hollywood è spesso apparsa come il regno della vacuità, dell’insicurezza e dell’insonnia. In quegli anni, poi, il casting couch era una pratica largamente diffusa. Ricorda che produttori affermati come Darryl Zanuck (che teneva sulla scrivania una statua in oro del proprio pene) non le davano tregua, ma afferma di aver respinto le loro avances - non senza pagarne il prezzo: «Ho perso alcuni ruoli per questo».

Come la parte di Cleopatra nel titolo campione di incassi del 1963, che fu affidata all’amica e rivale Elizabeth Taylor. La sua migliore difesa contro i magnati pervertiti era sferrare una ginocchiata all’inguine a qualsiasi depravato tentasse di molestarla. «Sento di essere stata una delle prime femministe, quando questo termine non era ancora una parolaccia», spiega. «Desideravo vivere libera come un uomo».

The Voice alle prese con la demenza senile Insiste che comunque la vera età d’oro di Hollywood è il periodo che abbraccia gli Anni 30, 40 e 50: l’era di Clark Gable, Marlene Dietrich, Hedy Lamarr e Rita Hayworth, di cui Collins non ha vissuto che l’ultima parte. «Tutte queste persone non ci sono più. Forse mi associano a quell’epoca perché sono veramente poche le celebrità ancora in vita che hanno recitato nei film degli Anni 50. Clint Eastwood, Shirley MacLaine, chi altro?» Capisco che vuole una risposta da me. Non lo so. «Non è un esperto di cinema, allora», osserva in tono aspro, facendomi sentire piccolo come un moscerino.

È meravigliosamente e spaventosamente pungente. (Più tardi, grazie all’aiuto di Google, ho trovato anche Jack Nicholson e Michael Caine.) Quindi, cosa si prova a vedere il grande Sinatra alle prese con la demenza senile? Lo descrive come un uomo confuso, dai comportamenti puerili, che interrompeva i discorsi per chiedere se fosse già ora di andare a casa.

«La vecchiaia è un argomento che suscita sempre un certo imbarazzo», afferma l’attrice con una nota dolente nella voce. «Un mix tra la tristezza, la pietà e il ricordo di quando quelle persone erano nel fiore degli anni. Da ragazza pensavo che Frank Sinatra fosse il migliore in assoluto. È triste vedere le persone avvicinarsi alla morte».

«L’età è un numero e il mio non è sull’elenco» Queste parole mi trasportano in un ambito in cui ho paura di addentrarmi, ma credo di doverlo fare. Collins preferisce non parlarne, ma non è un mistero che quest’anno abbia compiuto 88 anni (inutile dire che non li dimostra assolutamente). Non ha mai sentito alle spalle il carro alato del tempo? Si mette sulla difensiva sfoderando una battuta da showbiz: «L’età è un numero e il mio non è sull’elenco».

Mi racconta che il suo medico le dice che sembra più una sessantenne che una donna della sua età. Ma si rifiuta di pronunciare il numero. «Mi ha spiegato che sono incredibilmente forte, non ho alcuna malattia». E continua ad alzarsi per toccare un tavolino di legno come gesto portafortuna. Dico solo che metterei la firma per avere delle ginocchia così scattanti a 88 anni. Mi muovo su un terreno minato, ma vado avanti perché è impressionante il modo in cui lei non si cura del tempo che passa.

«Non pronunci la parola “pensione”» Collins ha fatto di tutto, è stata ovunque, ha incontrato chiunque, e continua a fare film, scrivere libri e rilasciare interviste. Oltre ai suoi nuovi diari, in questo momento sta lavorando a un documentario su di lei con la BBC, che contiene filmati amatoriali in cui possiamo vederla in scorci di vita privata insieme alle numerose star che hanno fatto parte della sua esistenza.

Sta anche pensando di pubblicare i suoi diari del periodo Covid. Non ha voglia di prendersi, che ne so, una pausa? Ho passato il segno. «Penso che sia una domanda terribilmente scortese», risponde. «Non osi farmi questa domanda di m****, non pronunci la parola “pensione”».

Le spiego che la domanda nasce in realtà dalla profonda ammirazione che provo per il suo costante entusiasmo: se la vitalità di Joan Collins si potesse imbottigliare sarebbe un elisir dal valore inestimabile. Questo complimento sembra averla placata. «Noi che siamo più maturi sentiamo di avere il permesso di lavorare solo in settori in cui occorrono persone anziane», spiega. «La percezione che si ha dell’invecchiare non è più corretta: le persone ora vivono di più e in modo più sano. La moglie di Henry Mancini (la cantante Ginny O’Connor) ha circa 95 anni e va in discoteca tutte le settimane».

L’amore per la sorella Jackie Un altro progetto che la vede impegnata è una serie TV biografica targata Sony intitolata Joan and Jackie, che narra la storia di Collins e della sua altrettanto affascinante sorella Jackie, che l’ha seguita a Los Angeles diventando una prolifica autrice di romanzi rosa e un gigante dell’editoria.

A un certo punto le sorelle hanno anche collaborato: Joan ha infatti recitato negli adattamenti cinematografici di due piccanti best seller scritti da Jackie, Uno per tutte (1978) e Seta e diamanti (1979), entrambi di successo. Nella settimana della nostra intervista cade il sesto anniversario della morte di Jackie. Joan ha postato su Instagram una tenera foto che la ritrae bambina mentre coccola la sorellina. Jackie le manca ancora tantissimo.

«È molto triste», afferma. «Per i primi due anni ogni volta che mi veniva in mente qualcosa pensavo, “Devo dirlo a Jackie”, e poi, “Non c’è più, è vero”. Siamo state sempre molto unite. Quasi sempre. Purtroppo all’inizio degli Anni 80 il nostro rapporto si è un po’ incrinato, non so bene per quale ragione. Sto ancora cercando di capirlo».

Il quinto matrimonio: lui ha 30 anni di meno Esce per andare a prendere una bottiglia d’acqua, continuando a pensare alla sorella. «Jackie infatti odiava l’uomo che avevo sposato», spiega rientrando nella stanza. «E francamente anch’io. Quando le dissi che avrei sposato Peter Holm, mi rispose che se lo avessi fatto non mi avrebbe mai più rivolto la parola. “Non dici sul serio”, le risposi, e naturalmente non fu così».

Collins è ora al suo quinto matrimonio, con Percy Gibson, un produttore cinematografico più giovane di lei di oltre 30 anni. (Corre voce che, alle domande sulla differenza di età, risponda: «Se muore, muore»). Definire la sua vita sentimentale tortuosa è un eufemismo. Il suo primo marito fu Maxwell Reed, un attore nord-irlandese che la stuprò rubandole la verginità a 17 anni, dopo averle messo della droga nel bicchiere, un’esperienza che l’attrice ha definito «disgustosa e degradante» nella sua autobiografia, Passion for Life . Ha scritto di avere sposato Reed spinta dal senso del dovere, perché «lo avevamo fatto».

Tuttavia, il matrimonio non durò a lungo e Collins convolò poi a nozze con l’attore e cantautore Anthony Newley, da cui ha avuto due figli, Tara e Sacha. Fu poi la volta di Ron Kass, manager dei Beatles, il padre di Katy. Dopodiché fu sposata per un breve periodo con l’indesiderato Holm, cantante e playboy rivelatosi poi un uomo prepotente e sgradevole al punto che per anni, quando l’attrice parlava di lui, si limitava a chiamarlo «lo svedese». Poi finalmente incontrò Gibson, «assolutamente e senza ombra di dubbio» il migliore di tutti.

«Non potrei sopportare di avere un marito della mia età» A febbraio festeggeranno il ventesimo anniversario di matrimonio e Collins sta pensando di regalargli un portasigarette di platino. A un tratto Gibson si affaccia allegramente alla porta, per salutare. Gli occhi dell’attrice si illuminano: «Ciao tesoro», cinguetta. «È il migliore, non posso immaginare una vita senza di lui», spiega.

«È la roccia che mantiene unita la nostra famiglia. Grazie a Dio ho sposato un uomo che ha 30 anni in meno. Non potrei sopportare di avere un marito della mia età». Tuttavia, persino questo legame idilliaco ha dovuto fare i conti con l’atmosfera claustrofobica del lockdown. Collins ha trascorso giorni interi camminando in tondo per il salotto per fare esercizio, facendo il pieno di TV a letto e prendendosela con i muratori che per gli ultimi nove mesi hanno sgobbato su e giù dal ponteggio fuori dal palazzo in cui abita.

«Avevo paura», racconta. «Disinfettavamo i giornali, non andavo al supermercato. Ci andava Percy e poi igienizzavamo tutto». Hanno fatto abbuffate di serie TV, in particolare Good Girls, La regina degli scacchi e Ray Donovan, e chiacchieravano con gli amici dal balcone. Ora ha fatto il richiamo del vaccino e sta lottando per tornare alla normalità. È stata a teatro tre volte, è andata in America, in Francia e a breve partirà per la Spagna. È determinata a «tornare a vivere».

Champagne a colazione Collins pensa però che quest’atmosfera di sofferenza nazionale sia un po’ deprimente. «Non è sbagliato avere voglia di divertirsi, ce lo meritiamo», afferma. «Alle persone che dicono “tutti dobbiamo soffrire, stiamo soffrendo, i prezzi stanno aumentando, mancano i camionisti, quest’inverno saremo senza riscaldamento”, rispondo che non possiamo starcene tutti seduti a soffrire.

Credo che la vita sia un banchetto e i più fessi stanno morendo di fame». Probabilmente non stupisce che l’attrice, che tiene una rubrica sullo Spectator ed è una leggenda della vecchia Hollywood, si schieri nettamente contro le «guerre culturali Woke», e affermi che al momento «appoggia i Tory». (...) Collins forse è diventata giusto un po’ reazionaria con gli anni, ma è ben ancorata al presente.

Segue attentamente le guerre culturali e sa leggere con acume il panorama mediatico. Ma se si esclude qualche saltuario post “leggero”, in genere l’attrice si tiene alla larga dai social media per via della cancel culture . «Non voglio avere niente a che fare, per nessun motivo e in alcun modo, con questi idioti», dice. Forse è per questo che non vuole parlare del Principe Harry e di Meghan. «Penso che abbiano già avuto abbastanza attenzioni dalla stampa», afferma freddamente Collins.

«Non sopporto si rinneghi Churchill» Quando non è impegnata a punzecchiare gli attivisti, Collins ama assaporare ogni giornata, soprattutto la routine mattutina della colazione con caffè e giornale, anche se non è più la stessa da quando Piers Morgan se n’è andato sbattendo la porta dal set di Good Morning Britain. «Lui è il più interessante di tutti», afferma. Oggi, la sua critica alla Gran Bretagna è che, a parte Morgan, nessuno si sente in grado di parlare liberamente. «Le persone non possono dire ciò che pensano perché subiranno questa “cancellazione”, appunto» afferma. «È assurdo riportare a galla tweet di 15 anni fa su qualcosa che una persona può avere detto quando aveva 14 anni».

L’attrice non sopporta poi «il modo in cui stanno rinnegando Churchill, che ci ha salvato, e ripeto, salvato dai nazisti. Al tempo ero troppo giovane per rendermene conto, ma erano veramente a due passi. Se non fosse stato per Churchill, ora ce ne andremmo tutti in giro con la svastica al braccio». Dopo un’ora di conversazione su Hollywood e la Storia, sono colpito da come la vita quotidiana di ciascuno di noi sembri così squallida rispetto al suo mondo da favola rivestito di seta e velluto.

Questa vita incontenibile, con le 16 valigie al seguito e la colazione a base di champagne sembra molto distante dal disorientamento da schermo e dalla realtà introversa che conosciamo oggi. Rievocare il passato insieme a Joan Collins è come pranzare al Ritz con Roger Moore, stappare una bottiglia di Bollinger da Ciro’s in compagnia di Frank Sinatra e andare a un cocktail party nella villa di Valentino insieme alla principessa Margaret, il tutto nello stesso istante: un mondo in cui non si può e, forse, nemmeno si vorrebbe entrare. Il glamour del XX secolo si sta affievolendo, ma sono felice che lei sia ancora qui a mostrarci quanto può essere luminosa la vita.