il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2021
Storia del palazzo di Montecitorio
Come certe case, che gettano le fondamenta sopra i cimiteri indiani, diventano il soggetto di un racconto dell’orrore, la storia di Montecitorio può far capire quale sortilegio abbia trasformato un magnificente palazzo istituzionale nel fortino di una classe politica dai più considerata opportunista e lontana dalla realtà. Quella dell’edificio della Camera, in altre parole, è una vicenda sfortunata dal principio.
La racconta – con altre e più nobili finalità – un bel documentario (in onda lunedì alle 21 su Rai Storia) trasmesso in anteprima nell’aula dei gruppi parlamentari. La iella si manifesta da subito: il progetto originale commissionato da papa Innocenzo X a Gian Lorenzo Bernini non vedrà mai la luce. Doveva diventare la fastosissima residenza privata della famiglia Ludovisi, ma il principe Niccolò muore poco dopo l’inizio dei lavori (1653). Il cantiere si arresta immediatamente: Montecitorio costa già troppo.
Una versione rivista e corretta del progetto iniziale viene terminata a fine secolo, diventando sede della Curia pontificia fino alla breccia di Porta Pia (1870): nel nuovo Regno d’Italia, Montecitorio ospita la Camera dei deputati. L’aula semicircolare viene ricavata all’interno del cortile grazie al progetto dell’architetto Paolo Comotto, che copre le gradinate con una struttura di ferro e legno. Una scelta disgraziata: l’ambiente è gelido d’inverno e torrido d’estate. Da qui la “cerimonia del ventaglio”, il tradizionale saluto della stampa parlamentare alle prime tre cariche dello Stato: il primo ventaglio fu regalato il 7 luglio 1893 dai giornalisti al presidente della Camera Giuseppe Zanardelli, che cercava sollievo dall’asfissia dell’aula sventolando freneticamente fogli di carta.
Si decide presto che Montecitorio, così com’è, non va bene. Il nuovo e definitivo progetto risale al 1902, l’opera è di Ernesto Basile. La Camera raddoppia: un altro edificio viene aggiunto al disegno berniniano. Il nuovo complesso ha dimensioni ciclopiche, con conseguenze sull’intera urbanistica capitolina: Montecitorio invade la piazza e richiede ingenti demolizioni. Lievitano i costi: solo per i palazzi abbattuti l’opera passa da 2 a 3 milioni. Forse anche per questo i romani non se ne innamorano. L’ambizioso progetto liberty di Basile – come spiega nel documentario il prof. Ettore Sessa dell’Università di Palermo – suscita polemiche per l’aspetto quasi marziale, “fortilizio”, conferitogli dalle quattro torrette sugli angoli del palazzo. Non aiutano nemmeno gli interni lignei con cui viene arredata l’aula, criticati perché la fanno somigliare – parola di Sessa – “a un circolo di notabili”.
Già dalla sua genesi architettonica, insomma, Montecitorio viene raccontato come una rocca fortificata, separata dal resto della società, sovradimensionata e costosa. La parola “casta” diventerà di uso comune quasi un secolo dopo.