il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2021
Intervista a Silvio Orlando
Silvio Orlando, ne Il bambino nascosto di Roberto Andò, dal 3 novembre in sala, prosegue il suo voto all’invisibilità. Strano per un attore.
È iniziato a teatro, con Si nota all’imbrunire di Lucia Calamaro: in un paese disabitato incarnavo la solitudine sociale, che è un’emergenza reale. Senza contatti, senza dialettica, il cervello deperisce: non è la bella solitudine, ma una patologia.
Nella vita si fa accompagnare dai personaggi?
Spesso coincidono. Voglio esserci solo quando è necessario, non sgomito. È una piccola rivoluzione individuale, non so fino a che punto politica: porta con sé l’autolesionismo, sebbene alla punizione fisica non sia ancora arrivato.
La perdita di ideologie?
Direi il clima di competizione, non lo reggiamo più. L’insofferenza è grande, vogliono spacciarci il cottimo per novità ma è una cosa antica: incattivisce, ha effetti devastanti sui lavoratori, anche nello spettacolo.
Rimangono le amicizie.
Ora gli altri sono un ostacolo alla nostra felicità, al primo intoppo rompiamo il rapporto.
Il Covid ha qualche responsabilità?
Sembra che ce lo siamo andati a cercare, che sia fatto apposta. Chi a stare a casa, almeno per le prime due settimane, non ha provato sollievo? Chiusi in un mondo piccolo ma sotto controllo, ci siamo rassicurati, lieti di non poter essere feriti: un sentimento perverso. Hanno paragonato la pandemia a una guerra, ma poi non siamo scesi in piazza ad abbracciarci, o sbaglio?
Il bambino nascosto è quello che il suo professore di pianoforte si tiene in casa perché non cada vittima della camorra. Un’adozione?
Non credo sia un’indicazione per il legislatore, il bambino ha dieci anni, io sessanta: sarebbe orfano due volte.
Qualcuno potrebbe intendere lo spettro della pedofilia.
Un incubo, mi ha ossessionato. Nel privato: trovare una complicità col bambino, Giuseppe Pirozzi, mi metteva ansia. La pedofilia ha avuto effetti devastanti: oggi adulti e piccoli sono separati, i rapporti si sono irrigiditi. Del resto, basta una mezza accusa e la tua vita è distrutta. Ho pregato in ginocchio Roberto (Andò, ndr) di levare ogni elemento morboso dalla relazione tra il mio Gabriele e Ciro, che ci fosse solo candore.
Il film si accolla un altro tema ultrasensibile, l’allontanamento dei minori dalle famiglie malavitose.
Se l’unica eredità che possono trarre è il modo violento di stare al mondo… ma legge e giustizia non sempre coincidono. Anche il padre magistrato di Gabriele tra legge e amore infine sceglie l’amore.
Il proprio amore omosessuale Gabriele lo cela.
Nella cultura camorristica che lo circonda, l’omosessualità è vissuta come l’estrema debolezza di un uomo, una fragilità da espellere dalla vista.
Chi è Gabriele Santoro?
Un indifferente che intende il mondo come un acquario: pesci piccoli, pesci grandi. Finché Ciro non gli rompe la scorza: salverà il bambino e se stesso.
Napoli aiuta.
Nello stesso palazzo trovi il vecchio maestro, l’architetto, il camorrista. A differenza del resto del mondo, la devianza è di prossimità, e credo sia la vera attrattiva turistica: si va a Napoli per rivivere il proprio passato, per ritrovare gli antenati.
Nel suo passato c’è Moretti: Tre piani l’ha visto?
Sì.
Le è piaciuto?
Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Sarebbe come dire per chi ho votato.
Quindici anni fa portavate in sala Il Caimano, ma la realtà è andata in un’altra direzione: oggi Berlusconi sogna il Quirinale.
Le pulsioni reazionarie di massa non sono state gestite politicamente, M5S e Lega hanno provato a incanalarle, non c’è nulla di peggio del vuoto di potere. Odo echi di guerra civile: Capitol Hill non è solo un evento americano, può succedere in tutto il mondo. L’assalto alla Cgil è la nostra Capitol Hill, ma non credo sia finita: non troveranno pace finché non potranno farsi una foto a Montecitorio o al Quirinale.
E Berlusconi?
Li ha tenuti a bada. I processi sono andati a marcire, oggi Berlusconi è un usato sicuro.
Anche lei, quale attore.
Al cinema mancavo dal 2016: non se n’è accorto nessuno. Il bambino nascosto è il mio ritorno, l’ho fatto prima di Ariaferma: rileva la mia maturità artistica, il mio stato dell’arte.
E il Cardinal Voiello del dittico papalino di Sorrentino?
Mi ha travolto, non ero lucido: un sogno di cui non ero artefice, tra handicap e inciampi una materia non dominata.
Orlando furioso, quando?
Quando mi sento sull’uscio, né dentro né fuori le cose.
E innamorato?
Come dice Claudio Magris: l’amore è quello che non si ha, e si vorrebbe.
(Dopo dieci minuti richiama: “Divento furioso anche quando vengo messo di fronte al fatto compiuto, può aggiungerlo?”)