Robinson, 30 ottobre 2021
Medioevo zombie
Per le celebrazioni del cosiddetto Anno dantesco, del quale ormai restano poco più di due mesi, c’è stato, com’è giusto che sia, un gran parlare, scrivere e discutere sull’opera più famosa del «ghibellin fuggiasco», ossia la Comedia, in relazione soprattutto alla cantica dell’Inferno. Tra le varie pubblicazioni approdate in libreria, tuttavia, ce sono davvero poche che abbiano il coraggio di avventurarsi nel sottomondo immaginifico, intellettuale e leggendario sul quale poggiano, tra le varie versioni letterarie dell’oltretomba, anche quella descritta dal Poeta. Pochissime, per farla breve, che escano dal cliché “prima di Dante il nulla”. Quasi che l’Alighieri sia stato l’unico privilegiato, in tutto il Medioevo, a visitare con il calamo i regni ombrosi che si estendono a continuazione dell’esistenza umana dopo il concludersi della vita mortale.
Ma qual era il concetto dell’oltretomba, e dei suoi abitatori, prima di Dante? La risposta più esauriente ci viene fornita da La famiglia di Arlecchino di Massimo Oldoni (Donzelli). E se qualcuno si chiedesse cosa c’entri un titolo del genere con il poema dantesco, pensi ad Alichino, uno dei demoni più terribili delle Malebolge. Visibile in un’incisione di Gustave Doré mentre si azzuffa in volo con il perfido Calcabrina, Alichino rappresenta uno dei rari casi in cui Dante, nel chiamare in causa una creatura delle schiere infernali, non abbia pescato dalla mitologia greca o usato un soprannome proveniente dal Duecento fiorentino.
Prima di diventare una maschera, Alichino/ Arlecchino è infatti una delle figure più spaventose del Medioevo. E a incontrarlo, con quasi due secoli di anticipo rispetto alla nascita di Dante, sarà Gualchelino, prete di piccolo villaggio della diocesi di Lisieux, in Normandia.
Il fatto risale al primo gennaio 1091, mentre, dopo aver visitato un malato ai confini della sua parrocchia, il buon Gualchelino si affretta a tornare a casa camminando tutto solo, di notte, per un sentiero lontano dagli abitati. Il freddo doveva essere pungente, in quella notte normanna di quasi mille anni fa. Una notte rischiarata da un’ottava luna nel segno dell’Ariete, sfondo a dir poco ideale per l’inizio di un medieval thriller.
La storia di Gualchelino però viene ritenuta autentica, al punto che il celebre cronista Orderico Vitale, suo contemporaneo, la inserisce nella Historia ecclesiastica gentis anglorum.
È qui che sopravvive la testimonianza di Gualchelino: mentre percorreva il sentiero verso casa, eccolo udire il crescere di un frastuono, come di un esercito in marcia che ben presto si rivelerà non una comune truppa di soldati, bensì un corteo di cavalieri ultraterreni.
Così agghiacciante è lo spettacolo che il prete cerca rifugio presso un campo di nespoli, ma prima che possa trovare salvezza un gigante armato di mazza gli sbarra il passo, costringendolo ad assistere alla sfilata dell’orda spettrale.Se è con parole d’incredibile vividezza che Gualchelino dipinge il suo incontro, citando nobili trapassati di recente, schiere di dannati, cavalieri fantasma, nani, etiopi, spose nere e bianche, non è certo da meno Massimo Oldoni, che con la lente del medievista (insegna Lingua e letteratura del Medioevo presso la Sapienza di Roma e in molte università dell’Europa e degli Usa) si sofferma su ogni particolare raccolto da Orderico Vitale, ricostruendo un’indagine che si nutre delle credenze di un’epoca capace di fondere il reale con l’immaginario, la testimonianza con l’invenzione, la prova con il simbolo. Ed è da tenere ben stretto per mano, il professor Oldoni, mentre ci guida, al pari di Virgilio, nell’inferno spalancatosi come in un racconto di Clive Barker in una campagna di Lisieux, davanti agli occhi esterrefatti di un giovane prete. Un inferno che lascerà tracce in tutta la letteratura posteriore, non esclusa laComedia… ma non solo! Da Carlo Goldoni a Ingmar Bergman, da Giacomo Leopardi a Guglielmo di Malmesbury, da Cesario di Heisterbac alla tradizione popolare americana, questo inferno si annida ancora nelle graphic novel e in un folklore che continua a nutrirsi di revenants, di spiriti diabolici e di cavalieri spettrali.
E davanti a questa masnada c’è lui, Arlecchino. O meglio, Hellequin, la maschera dal corno rotto. «Questa è senza dubbio la familia Herlechini», afferma Gualchelino, rivolto a Orderico Vitale intento a prendere appunti. «Ho sentito che un tempo era stata vista da molti, ma ho deriso quelli che lo raccontavano. Ora però vedo davvero le anime dei morti, ma nessuno mi crederà». Perciò, per non passare per bugiardo, il prete cercherà di salire in groppa a uno dei diabolici destrieri che corrono al seguito della masnée Hellequin. Per portarlo a casa e mostrarlo ai suoi parrocchiani. Per provare che l’inferno sia una cosa reale. Per sapere come andrà a finire, non resta che leggere il saggio di Massimo Oldoni.