Tutto può succedere, da Mina Settembre a Luce dei tuoi occhi — è diventato un volto popolare. Lo vedremo su Rai 1 in Blanca di Jan Michelin al fianco di Maria Chiara Gianetta che interpreta una poliziotta non vedente; è un pescatore, onesto padre di famiglia a Bari vecchia nella serie Storia di una famiglia perbene di Stefano Reali, dal 3 novembre su Canale 5, dal bestseller di Rosa Ventrella (Newton Compton). Prodotta da 11 Marzo Film di Matteo Levi con l’Apulia Film Commission, è il romanzo di formazione di Maria, ultimogenita di una famiglia di pescatori (la madre è Simona Cavallari), bambina indomabile che chiamano Malacarne. Alla fine degli anni 80 le estati trascorrono tra i vicoli: per Maria, negli anni tra l’infanzia e l’adolescenza, il punto fermo è Michele, figlio del boss Nicola Straziota (Vanni Bramati).
Un’amicizia che si trasforma in amore, contro tutto e contro tutti, quasi Romeo e Giulietta in Puglia.
Zeno, che tipo di padre è?
«Un uomo legato ai valori, con una coerenza di ferro, che non sempre riesce a manifestare le proprie emozioni in maniera pacata. Sono un capitano di lungo corso, mio padre aveva un peschereccio. Mi ha riportato alla memoria della mia vita precedente» .
Com’erano le sue estati?
«Non ho ricordi belli, in estate quando tutti si divertivano salutavi e partivi. Specie a quell’età non è facile, da adolescente hai bisogno di confrontarti» .
“Storia di una famiglia perbene”
in effetti esplora l’adolescenza.
«È una delle ragioni per cui, dopo aver parlato con Reali, ho deciso di partecipare al progetto. Mi è piaciuto il ruolo, un pescatore meridionale, poi è stata una sfida lavorare sul dialetto di Bari vecchia.
È una serie corale in cui spiccano i giovani: Silvia Rossi e Federica Torchetti che interpretano Maria da piccola e da adolescente, e Andrea Arru e Carmine Buschini, nel ruolo di Michele, sono talenti».
È protagonista di tante fiction della stagione.
«È solo una coincidenza, per il covid i progetti si sono accumulati e ora vanno in onda tutti insieme».
Col ruolo del ginecologo Gambardella in “Mina Settembre” ha convinto tutti: immaginava che il pubblico si sarebbe schierato nel duello Zeno-Pasotti?
«Ricordo quando un anno prima di girare ho avuto il libro con dedica di Maurizio de Giovanni. Al provino sapevo che quel ruolo sarebbe stata una bellissima chance, la rivalità l’abbiamo creata noi, però tutto era insito nella scrittura. Col triangolo il pubblico si schiera. Aspetto che apra il set della seconda stagione».
Quando ha deciso di fare l’attore?
«Non lo so, forse quando ho cominciato a fare piccole recite a scuola. Poi nel 1995 sono arrivato a Roma, non sapevo da dove e come cominciare, ho provato a entrare all’Accademia Silvio D’Amico, ho superato gli esami ma alla fine non mi hanno preso. Almeno avevo capito che c’era il potenziale. Non mi sono lasciato abbattere. Non potendo mantenermi a Roma, sono tornato a casa e ho frequentato l’Accademia d’arte drammatica della Calabria».
Saprà che è considerato un sex symbol.
«Oddio, veramente allo specchio vedo i difetti. L’aspetto fisico può facilitarti all’inizio, specie per certi ruoli, ma sul set devi comunicare e arrivare al pubblico. Altrimenti i casting si farebbero in passerella».
Ha sposato cinque anni fa Margareth Madè, ha due figlie.
Quanto conta la famiglia?
«Tantissimo. Non so se ho una sensibilità maschile o femminile, sono un casalingo. Non mi si vede molto in giro, sto bene tra i miei affetti. Mi piace stare con le mie figlie e imparare da loro; curo la casa e il giardino».
Ora che sta facendo?
«Ho finito di girare con Morgan Freeman Muti, un thriller per il cinema americano diretto da George Gallo insieme a Francesco Cinquemani e Luca Giliberto. Sono un ispettore di polizia che collabora con l’Interpol, dura passare dal pugliese all’inglese. Questo inverno riprendo la tournée dei Soliti ignoti con la regia di Vinicio Marchioni che avevamo interrotto in piena pandemia. Il teatro è bellissimo».
Coltiva l’umiltà, è davvero il suo carattere?
«Sì. Non sopporto certi atteggiamenti, il successo è fine a se stesso. L’attore per me è come un atleta. Si allena per mesi, raggiunge il risultato e che fa? Si vanta e non fatica più? Dopo devi saperti allenare con maggiore costanza per fare ancora meglio».