la Repubblica, 30 ottobre 2021
Il debutto da first lady di Serenella Draghi
Ebbene sì: anche i super tecnocrati, i più algidi, i più impassibili, prendono moglie. Nel caso di Mario Draghi, vuoi per privilegio vuoi per virtù, la condizione coniugale, che pure è in atto da quasi mezzo secolo, ha attraversato indenne sconvolgimenti tipo la fine della distinzione fra sfera pubblica e privata, così come sempre si è salvata dal cicaleccio gossippivoro che alimenta le perfidie di salotti e circuiti mediatici del potere romano.
Con tale premessa il debutto di Lady Draghi sulla scena del G20 – per restare a un’impostazione istituzional- maschilista – costituisce un evento e non solo per la mole di impegni: ieri tè con signora Biden; oggi visita ai Fori e al Colosseo, quindi colazione al Casino dell’Algardi e poi musei vaticani, Cappella Sistina e forse shopping; domenica Campidoglio, ari-musei, Terrazza Caffarelli, povera moglie di premier, cui la tradizione di questi terribili eventi affibbia il compito di sciropparsi le altre mogli dei Grandi (e, novità, stavolta anche un paio di mariti).
Eppure, da un altro punto di vista, si può forse dire che tale frenesia di incombenze ha chiamato a sé Maria Serena, Serena e/o Serenella Cappello, e già l’identità multipla, insieme all’autonoma riservatezza che finora l’aveva schermata, dice più delle poche notazioni che di lei si incontrano nelle cronache. Che si è dedicata allo studio della letteratura inglese; e che proviene da una antica famiglia di patrizi veneti. A quest’ultimo riguardo nessun giornalistaresiste alla tentazione di ricordare la figura di sua antenata, Bianca Cappello, che nel cinquecento andò in moglie (anche) al Granduca di Toscana; ma quasi nessuno, a parte la benemerita Wikipedia, aggiunge che Bianca e il Granduca fecero una pessima fine, probabilmente avvelenati.
Sempre dagli archivi, in mancanza di meglio, filtrano un paio di foto e qualche ricordo. La prima immagine, recente, è dei coniugi Draghi al supermercato, nel carrello un paccone di croccantini per il bracco di casa, Buvech. Si conobbero da giovani, in montagna, e si vede che sono ancora molto uniti. La seconda foto risale a un G20 di ministri economici in Puglia e fuori dal teatro Piccinni lei gli sistema i capelli e lui sorride, cosa che in pubblico i tecnocrati si vietano fermamente. In quell’occasione testimonianze riferiscono che a Polignano, in un momento di relax, ha cantato con altri una canzone di Modugno e che a Bari, nella cripta della cattedrale di San Nicola, si è distesa a pregare per terra, al modo degli slavi. “Serena”, infine, ha nome la società che conserva il patrimonio della famiglia Draghi.
Ciò detto, molto lascia pensare che questo debutto se lo sarebbe volentieri risparmiato. E tuttavia altrettanto, se non di più, autorizza a credere che quando il dovere chiama, e qui non si tratta tanto di far fare bella figura al marito, quanto di svolgere a suo modo un servizio per l’Italia, beh, l’imperativo, la coscienza, lo stile e comunque la scelta di famiglia – tecnocratica o titolata che sia – è di prendere un bel respiro e di mettersi a disposizione. E di farlo, si può aggiungere, sotto gli occhi del mondo, letteralmente, che per una persona rimasta sempre felicemente nell’ombra, non è la cosa più facile, esposta all’immane, improvvisa pressione degli sguardi.
Va da sé che le first lady sono ormai soggetti di primaria importanza nell’odierna vita pubblica, ben oltre l’obsoleta funzione accessoria e il Comitato della Croce rossa. Accendono la fantasia, nutrono l’immaginario, accorciano le distanze, offrono modelli. In tal senso, rispetto a un comando così estraneo ai “normali” codici della visibilità politica qual è quello di Draghi e del suo governo, ecco che l’esordio di Serena Cappello, può interpretarsi come l’ovvia concessione, il ragionevole riconoscimento e la necessitata sottomissione a quell’entità del tutto aliena ai canoni tecnocratici che è la democrazia del pubblico. Perché la vita, dopo tutto, è più astuta del potere – e in fondo aveva ragione Draghi quando sul suo futuro disse: «Chiedetelo a mia moglie».