la Repubblica, 30 ottobre 2021
“Monza 500”, il nome in codice per Biden
«Occhio, Monza 500 si sta spostando da Villa Taverna...». E quando Monza 500 si muove, nella Situation Room scende una cappa di silenzio. Il tappeto gracchiante delle voci che sul canale radio si rincorrevano fino a un secondo prima, di colpo ammutolisce. «Massima attenzione, d’ora in poi zona libera per tutti...». Zona libera, cioè sono ammesse solo le comunicazioni urgenti. Arriva il capo di gabinetto della questura. La sala operativa si satura di poliziotti e tensione. «Il prossimo obiettivo è il Vaticano». Il drone manovrato dall’Aeronautica militare si posiziona sulla verticale dell’auto blindata nera e viaggerà insieme a lei, solo 50 metri più in alto. Perché Monza 500 è il nome in codice dell’uomo più potente del pianeta. E se lungo il percorso qualcosa va storto, fosse anche un ubriaco che barcollando scavalca le transenne, sono guai. Per tutti.
Le 11.35 di venerdì mattina, vigilia dei lavori del G20. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, alias Monza 500, è tra i primi Capi di Stato ad atterrare a Roma. Non dorme in hotel come gli altri, ha scelto di stare con la moglie a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore Usa. Il programma del venerdì per lui prevede un incontro in mattinata con papa Francesco, poi pranzo al Quirinale, infine bilaterale a Palazzo Chigi con il Premier italiano. Contemporaneamente stanno arrivando gli altri presidenti con le rispettive nutrite delegazioni. Il turco Erdogan, che con Biden condivide il livello massimo di allerta per possibili attentati di tipo terroristico, è atteso in serata. Per l’apparato di sicurezza messo in piedi dal Viminale – in strada e nelle piazze sono dispiegati 8.000 uomini e donne in divisa, contando anche le scorte personali dei 20 Grandi - significa una sola cosa: sarà una giornata assai faticosa.
La Situation Room è uno stanzone al quinto piano della questura di Roma. È gestita e organizzata da una donna, la vice questora Ada Nitoglia. Ogni informazione utile passa da qui. E da qui si monitora tutto. «A via del Corso angolo via della Vite c’è una macchina sospetta, targa francese, con un borsone sul sedile, ferma da troppo tempo... che facciamo? », avvertono dal mondo di fuori. «Ok, mandiamo l’unità cinofila, bonificare». Così, ogni minuto. Con il gergo dei professionisti dell’ordine pubblico, per cui si colgono pezzi di frasi incomprensibili, «facciamo alzare il poli», «dov’è finito il veicolare?», «il taxi deve splittare», «da 10 a 16 codice x», «esposizione ovest».
La chiamano la sala dei grandi eventi, perché si attiva nelle occasioni speciali. Di quelle che se succede un disastro, saltano i questori e i prefetti. Una ventina di poliziotti si alterna ai 17 monitor, quattro dei quali, più grandi, appesi alla parete. Il primo è collegato con la telecamera dell’elicottero, il secondo è un canale all news, il terzo ha le immagini del drone che stamani è puntato sull’auto di Biden, l’ultimo proietta in presa diretta le manifestazioni in corso. Sta riprendendo un corteo degli studenti medi, pacifico, festoso, fumogeni rossi a Trastevere.
Ai lati della Situation Room ci sono le postazioni dei reparti speciali (Nocs, Gis), dei carabinieri, della Finanza, dell’Esercito, dei Vigili del Fuoco. Chili di microchip di ultima generazione (hanno telecamere a infrarossi, satellitare, mappe digitali, database) e, curiosamente, quattro telefoni della Sip modello Sirio, pieni anni Novanta. In realtà sono linee criptate e dirette con la gendarmeria vaticana, la prefettura, il Viminale e l’aeroporto di Pratica di Mare. In caso di crisi, è il capo di gabinetto della questura che interviene e si assume la responsabilità di dare disposizioni, ma ciò che passa su questi schermi viene visto anche nell’ufficio del questore Della Cioppa e al ministero dell’Interno. Adiacente alla sala, una stanza con nove militari in tuta mimetica che pilotano il drone e annotano col gesso numeri di telefono e sigle su una lavagna da scuola che si sono portati loro.
Biden è come una preziosissima pallina di un flipper: può andare dove vuole ma l’importante è che lungo il tragitto non vi siano intoppi. Il presidente e i 97 mezzi, tra auto e motociclette, che compongono la sua scorta (nome in codice: “corteo 11”) devono tagliare il traffico di Roma come Mosè il Mar Rosso, per evitare di rallentare troppo e diventare il facile obiettivo di malintenzionati. E questo vale anche per gli altri Capi di Stato quando escono dagli alberghi, ovviamente con graduazioni diverse delle misure di sicurezza.
Il venerdì della vigilia è andato bene, Monza 500 è rientrato a Villa Taverna senza problemi. Oggi sarà diverso. Cominciano i lavori alla Nuvola di Fuksas, al centro di una zona rossa inaccessibile estesa per dieci km quadrati all’Eur. È previsto un sit-in del Partito Comunista a Piazza San Giovanni, ma a preoccupare è il corteo di antagonisti, centri sociali, no tav, Cobas e ambientalisti che parte alle 14. La polizia di Prevenzione e la nostra intelligence non hanno segnali di infiltrazioni di blac block provenienti dall’estero, né di saldature con il movimento dei No Green Pass. E tuttavia si aspettano tentativi di azioni dimostrative. Come sempre accade durante i vertici dei Grandi.