Corriere della Sera, 30 ottobre 2021
La filosofia di Michelle Hunziker
«La cosa che mi infastidisce di più quando sono gasata per un programma è il momento in cui devo prepararmi: trucco, parrucco e vestizione – anche se mi rendono gnocca – li vedo come un ostacolo e una perdita di tempo allo studio del copione. Ma faccio la brava, a 44 anni è anche giusto che mi restaurino». Michelle Hunziker – l’autoironia non le fa difetto – sta nuovamente per essere «restaurata»: da domani torna in prima serata su Canale 5 con All Together Now.
L’ennesimo programma musicale?
«No, è diverso. Ci sono tanti talent musicali, ma questo è un game show, come se fosse un quiz, ma di musica. È una sfida tra gente normale, persone tolte dalla loro comfort zone e pronte a mettersi in gioco su diversi generi musicali, come un rocker alle prese con la lirica. Sono fiera di condurre un programma divertente, leggero, che sa intrattenere».
J-Ax, Rita Pavone, Francesco Renga e Anna Tatangelo: i «soliti» giudici?
«Anche in questo caso è diverso rispetto ai talent. La giuria si concede in modo che altri artisti di quel calibro non farebbero: i cantanti-giudici di solito non si mettono molto in gioco e non cantano certo il repertorio di altri, se non per promozione. I nostri giudici invece non si tirano indietro: cantano con me e i concorrenti, fanno medley, si divertono a rischiare».
Il format di «All Together Now» è recente (siamo solo alla quarta edizione). Invece molti programmi nuovi nella tv di oggi faticano ad affermarsi. Che spiegazione dà?
«Le variabili sono tante. Il pubblico ha bisogno di abituarsi a qualcosa di familiare, che scalda il cuore. Ma spesso il tempo manca. Oggi non è come negli anni Novanta-Duemila quando c’era la spinta economica per sostenere certe scelte, c’era la pazienza di dare ai programmi la forza di irrobustirsi, crescere e affermarsi. Oggi è tutto più complicato all’interno di un’offerta che è sterminata».
Ancora ansia della diretta?
«Prima di ogni messa in onda ho la salivazione azzerata e il cuore a mille. La tentazione prima di andare sul palco è di farmi una bottiglia di rosso... Ma non perdo mai l’obiettivo, sento la responsabilità che sto cavalcando una macchina in cui lavorano 200 persone, c’è un’azienda che investe, sponsor che ci credono, ho le redini di un programma e sono sempre molto centrata. Così dopo 30 secondi di diretta sono in grado di imbrigliare le mie emozioni in modo virtuoso».
Il suo sogno televisivo?
«A me piace intrattenere a 360 gradi, ballare, cantare. Sono innamorata del vecchio modo di fare televisione, dell’intrattenimento anni 60 e 70, era meraviglioso e oggi può essere declinato con un tocco di modernità. Il mio obiettivo è riuscire ad entrare in contenitori che ti danno questa possibilità: è da tanto che sto lavorando per raggiungere questo obiettivo».
Il giorno da rivivere?
«I parti delle mie figlie me li sono goduti appieno... Se penso al lavoro, mi viene in mente Sanremo 2007, avevo 30 anni, ero agitata ed emozionata e non me la sono goduta come nel 2018. Ma è anche fisiologico, quando sei molto giovane per essere equilibrata su un palco come quello del Festival devi avere un po’ di esperienza di vita».
Come gestisce la pressione di milioni di follower (5 su Instagram) sui social?
«I social sfuggono al nostro controllo perché sono accessibili a tutti. Anche l’ultimo pirla può farti sentire male augurandoti le peggio cose, gli hater hanno aperto un varco all’odio, sanno essere violenti. E io sono una che non tollera nemmeno quella psicologica e verbale. Purtroppo i social possono diventare un contenitore trash».
Cosa ha imparato a fare e non fare sui social?
«A veicolare emozioni e sentimenti di gioia e positività perché di brutture e tristezza c’è ne già abbastanza in giro. Questa è la mia filosofia: cercare di portare gioia, leggerezza, sorriso. Ho imparato a essere responsabile nelle parole che uso. Faccio molta attenzione, cerco di essere gentile ed equilibrata. Ma non vuol dire che non esprima le mie opinioni, anche se so che posso espormi a critiche. Ma sono pronta ad affrontare l’odio per una giusta causa».