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 2021  ottobre 11 Lunedì calendario

Biografia di Roberto Giacobbo

Roberto Giacobbo, nato a Roma il 12 ottobre 1961 (60 anni). Autore e conduttore televisivo. Giornalista pubblicista. «Cosa voleva fare da grande? “Il venditore d’auto, oppure inventare le pubblicità per Carosello, che poi erano piccole storie. In fondo, è quello che faccio oggi: raccontare in modo appassionante”» (Solange Savagnone) • «Mio nonno, penna bianca degli Alpini, il 9 settembre 1943, vale a dire il giorno dopo l’armistizio, dalla caserma triestina che presidiava mandò a casa tutti i suoi soldati, dicendo: “Resto solo io”. Peccato che poi arrivarono i tedeschi e lo portarono in un campo di concentramento. La nonna, tedesca a sua volta, riuscì a farlo tornare, ma lui era così malato che morì poco tempo dopo» (a Roberta Scorranese). «Aveva 43 anni, due figli, fra i quali mio padre di otto. Sono molto legato a quel ricordo e a Bassano del Grappa, il paese natio della famiglia. Una volta, entrando in un negozio, mi riconobbero: “Ma lei è Giacobbo, il nipote di Giovanni? Prenda quello che vuole: qui a Bassano tutti noi dobbiamo molto a suo nonno”» (a Stefania Berbenni). «Papà, ingegnere dell’Ibm, mi ha fatto vivere nel futuro per tutta l’infanzia. È stato un pioniere: fu tra i primi a lavorare a un progetto per regolare il traffico aereo con un software. Ha collaborato alla realizzazione di un computer parlante nel 1959. Ricordo bene la volta in cui tornò a casa molto nervoso: a una riunione con scienziati internazionali aveva avanzato l’ipotesi che in un futuro avremmo lavorato con computer di diversi giga di memoria, e tutti erano scoppiati a ridere. […] Ecco, anche grazie al suo essere visionario, io ho sempre preferito quella parte non ancora scritta della storia e della scienza». «“Fin da piccolo smontavo e rimontavo i giocattoli: volevo svelare il segreto di come erano fatti. Mio padre, che lavorava in Ibm, mi portava i circuiti stampati dei computer, rotti. E io ci costruivo città per i miei giochi. Mamma invece era casalinga: si è dedicata a me e a mio fratello”. […] Piccolo chimico, Meccano, Lego: li aveva tutti, no? “Certo. Ho costruito una radio privata usando i termosifoni come antenne. […] Avrò avuto 12 anni. Con alcuni amici collegammo una trasmittente all’impianto di riscaldamento del condominio e ogni giorno, dalle sette alle otto di sera, ‘trasmettevamo’ dalla cantina: stupidate, fatti del quartiere, notiziole”» (Berbenni). «Ho fatto il liceo scientifico in un periodo difficile, di scontri ideologici, ma io e i miei compagni abbiamo convogliato la nostra energia nella goliardia. Eravamo un punto di riferimento per chi non si occupava di politica, ma voleva vivere in modo originale quell’età. Facevamo scherzi incredibili: una volta abbiamo simulato un incendio a scuola con fumogeni e sirene. Non ci presero mai». Un’altra volta simularono persino un terremoto: «Scegliemmo un’aula per piano e lì impilammo banchi e sedie fino al soffitto. Al segnale convenuto togliemmo un pezzo, facendo cascare le pile. Per poi urlare: “Il terremoto! Il terremoto!”. Non ci hanno mai scoperti». Concluse le superiori, scelse la facoltà di Economia e Commercio. «A diciotto anni ero inesperto: Economia e Commercio perché era la facoltà che non mi avrebbe obbligato a fare certamente quel lavoro. Intanto la laurea, prima di schiarirmi le idee» (a Giuseppe Candela). «Nell’81 partecipò al quiz di Mike Bongiorno Bis: rispondeva a domande di quale materia? “Nessuna. Risolvevo rebus. Vinsi 15 milioni di lire”» (Andrea Scarpa). «Ma non me li diedero in soldi, bensì in assegni precompilati da spendere o alla Standa o alla Rinascente. E in soli tre mesi. Mamma fece rifornimento di alimentari, io comprai mobili e biancheria, ma poi riuscii a rivendere questi assegni ai miei amici». In questo modo «ho comprato anche una moto usata. Con quella moto sono andato in una sola giornata, senza che i miei genitori lo sapessero, a fare un provino per Radio Montecarlo, che era proprio a Montecarlo. Da Roma sono partito con la moto, che nemmeno potevo guidare perché mancavano pochi giorni ai 21 anni, alle otto di mattina ho fatto il provino, alle due sono tornato guidando per ore sotto la pioggia». «Il provino andò bene, anche se non vinsi. Però, tornato a Roma, iniziai a lavorare in una radio locale. Poi, a 20 anni, mandai un provino a Rds». «Rds era la radio più forte a Roma: mi ricordo che mandai una cassetta non con il solito provino, mi divertivo a fare delle voci caratteristiche, un po’ sull’onda di Alto gradimento. […] La mandai a Faber Cucchetti, a cui piacque talmente tanto che mi trovai in onda senza saperlo». «Dopo la laurea in Economia ho fatto radio per 14 anni, stavo a Rds. E poi anche tanta tv locale. Tra l’altro, in radio facevo parodie: che so, impersonavo la maga, l’uomo ignorante, e così via. I testi erano scritti da me: mamma da casa registrava tutto, poi io sbobinavo e mandavo alla Siae. Papà si stupì del fatto che a 27 anni avessi già i soldi per accendere un mutuo per la casa. “Ma davvero ti pagano?”, mi chiese». «Per anni sono stato un ghostwriter: non si può dire per chi, ma diciamo che ho scritto venti libri con il nome mio ma il totale è più alto. Prima di tutto sono autore. Il nostro primo approccio ai tempi era con le radio private o con la tv dei ragazzi, quella che su Rai 1 iniziava alle 17: da lì sono passati tutti i conduttori che oggi sono i volti delle prime serate. Da Bonolis a Conti a Frizzi: io facevo Big con Carlo e per Bonolis ho scritto in radio. Il mio debutto televisivo è stato curioso: quando ho lasciato la radio tutti mi dicevano che ero un pazzo. Andava molto bene, avevo avuto offerte economiche importanti per un lavoro che durava un’ora al giorno. Volevo crescere». «Lei è stato per anni autore tv di trasmissioni per bambini, per famiglie e di cronaca: come è nata la passione per il mistero? “Giovanni Minoli – siamo negli anni Novanta – mi chiese di fare l’autore per una trasmissione di Rai 2 condotta da Lorenza Foschini, che si chiamava appunto Misteri. Da lì ho cominciato, e poi per caso sono diventato anche conduttore”» (Alessandro Pirina). «Un’ospitata al Maurizio Costanzo Show ha cambiato la sua carriera. “Avevo scritto con Riccardo Luna un libro sull’Egitto, pubblicato inizialmente con i nostri soldi per le prime 500 copie. Fu un successo, e ci chiamò Costanzo. Avevo quattro minuti di tempo: mi fece parlare venti minuti dell’Egitto. Dopo tre giorni mi telefonò il responsabile di Telemontecarlo e mi disse: ‘Vorremmo fare un programma sull’antico Egitto’; ‘Bene, chi lo conduce?’. Mi avevano visto al Costanzo Show e volevano puntare su di me anche come conduttore. E così sono arrivato in video”» (Candela). Nacque allora Stargate – Linea di confine (Tmc poi La7, 1999-2003), programma da lui ideato insieme alla moglie Irene Bellini. Nel 2003 il passaggio alla Rai, con Voyager – Ai confini della conoscenza (Rai 2, 2003-2018), il cui successo gli garantì presto la collocazione in prima serata. «“Anche Voyager è nato per caso. Su Rai 2 una puntata di Destinazione Sanremo, condotto da Cecchetto, andò molto male: per la prima volta nella storia Telemontecarlo riuscì a superare Rai 2 con Stargate. Fece notizia. Dopo tre giorni mi telefonò il direttore generale della Rai Saccà: pensavo a uno scherzo di Fiorello. Era lui: mi offriva un ritorno in Rai, con cui avevo già collaborato. Chiesi un contratto a tempo indeterminato: la spuntai dopo le difficoltà iniziali. Entrai come dirigente all’ultimo livello”. […] Saccà la volle come alternativa alla divulgazione classica degli Angela. “Su Rai 3 c’era Alberto Angela, su Rai 1 Piero Angela, mentre Rai 2 era scoperta. Una scommessa da vincere. Io dissi che doveva essere una cosa diversa, perché non aveva senso copiare chi faceva già benissimo”» (Candela). «Con Voyager – Ai confini della conoscenza […] ha conquistato i giovanissimi. […] Dall’Impero romano agli extraterrestri, dai ponti sospesi ai misteri dei Maya, Giacobbo esplora miti e leggende, spiega, lancia ipotesi e trascina il pubblico. Maurizio Crozza nella sua imitazione l’ha ribattezzato Kazzenger. Il primo a ridere è lui, “l’anti-Alberto Angela”, come lo definiscono in tanti» (Silvia Fumarola). Nonostante dal 2009 fosse anche vicedirettore di Rai 2 (con responsabilità per i programmi di divulgazione e per ragazzi), nel 2018 Giacobbo abbandonò la televisione pubblica per Mediaset, sulle cui reti da allora conduce Freedom – Oltre il confine (Rete 4, 2018-2019; Italia 1, dal 2020). «Dopo Stargate – Linea di confine e Voyager – Ai confini della conoscenza, volevo rendere ancora omaggio allo spazio, in questo caso alla prima stazione voluta da Ronald Reagan, e alla parola “confine”, come sempre». «“Mi sono messo in gioco e mi ha dato grandi stimoli: in Rai da vicedirettore mi occupavo molto anche della parte burocratica, volevo occuparmi solo del prodotto. […] Mediaset ha sposato proprio questo mio desiderio di mettermi in gioco e di progettare insieme una cosa nuova”. […] La produttrice del programma è Irene Bellini, sua moglie. Com’è lavorare insieme? “Mia moglie lavorava come programmista regista quando sono entrato in Rai: per evitare ogni associazione o accusa di favoritismo ha lasciato l’azienda. Aveva aperto una società di produzione che faceva documentari e spot pubblicitari, tutto lontano dalla Rai. Quando sono arrivato a Mediaset hanno scelto di esternalizzare la produzione, e a quel punto è stata coinvolta mia moglie”» (Candela). Tra marzo e aprile 2020 il Covid-19 lo condusse alle soglie della morte. «Sono finito in rianimazione: sulla mia cartella clinica c’era scritto “situazione gravemente compromessa”. […] Il Covid è una malattia bastarda: […] anche chi ce l’ha non si rende conto quanto è grave. […] Io l’ho attaccata alla mia famiglia: sono andato a comprare delle uova al supermercato sotto casa, era il 5 marzo, probabilmente in fila c’era qualche asintomatico. È una malattia variabile, l’ho attaccata alle mie figlie e a mia moglie. Ho rischiato di morire, in quella mezz’ora ci è mancato niente, un capello. Ho pensato “Me ne sto andando”, mi hanno tolto anche la fede, in rianimazione stavano tentando l’ultima cosa, mentre l’ultima delle mie figlie non ha avuto nemmeno un mal di testa. È una roulette russa, ma quando ne parliamo pensiamo sempre che a noi tocchi la parte in cui non c’è la pallottola». «Il primo giorno in cui sei tornato a lavorare, invece, com’è stato? “Era il 20 maggio e dovevamo fare dei lanci in studio a Roma. Ho videochiamato il primario di rianimazione, Antonelli, e gli ho mostrato la squadra di Freedom attorno a me mentre io ero seduto a fare i lanci. Ci siamo commossi tutti. Stavamo ricominciando a vivere. Erano passati solo 20 giorni dalle dimissioni, ero dimagrito 15 chili, ma mi sentivo un toro pronto a combattere”. Questa vicenda ti ha cambiato? “Ora è tutto più bello: il sole, il mare, il volto di chi amo. Sento la vita in modo più intenso. È come se fossi passato dal bianco e nero a vedere a colori e in alta definizione”» (Savagnone). «A fine novembre inizieremo a girare la nuova serie di Freedom, incentrata su ricerca e avventura, per essere pronti in primavera» • Vari libri all’attivo (tra cui, editi da Rai-Eri con Mondadori: 2012. La fine del mondo?, 2009; Templari. Dov’è il tesoro?, 2010; Aldilà. La vita continua? Un’indagine sorprendente, 2011). Da ultimo, Storia alternativa del mondo. Un viaggio pieno di sorprese nel cammino dell’uomo (Mondadori, 2020), «una rilettura di alcuni episodi della storia estremamente curiosi che potrebbero essere andati in un’altra maniera» • Tre figlie (ormai tutte maggiorenni) dalla moglie Irene Bellini. «“Ho conosciuto mia moglie Irene nell’88, avevo 27 anni e lei 26”. Dove? “A una cena di amici, un gruppo di giovani della Rai. Una di quelle cene dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere. Irene arrivò in ritardo, andai io ad aprire la porta. Ricordo perfettamente il primo fotogramma di quando la vidi”. Colpo di fulmine? “Otto mesi di corte. Ho fatto ricca la fioraia sotto casa”. […] Giacobbo sultano in mezzo a quattro donne: come si sente? “Abbiamo scelto due bassotti maschi. E nani. Giusto per compensare”» (Berbenni). «Quando finiamo una puntata la mia squadra sa già che deve prenotarmi un aereo per tornare a casa: non voglio perdere nemmeno un’ora libera senza la mia famiglia» • «Sono cristiano cattolico. E, finché non trovo uno scienziato che mi dica cosa c’è un metro dopo l’infinito, continuerò a credere» • «Quali i valori di casa Giacobbo, ereditati e praticati? “Il rispetto sia della famiglia sia della singola persona. Credo nella buonafede altrui, non mi piace pensare male. Sono convinto che i vortici di positività contagino”» (Berbenni) • «Ha una passione per le piante grasse: ha costruito una serra con 1.500 piante. “Sì, è una passione. I miei genitori hanno un piccolo terreno in Sabina. Era uno dei tanti lavoretti che mi ero inventato per arrivare al budget mensile quando avevo vent’anni”» (Candela) • In quanto alla passione per i viaggi, «“tutto è cominciato nel 1994, quando mi sono sposato. Chiesi ai miei genitori di regalarci un viaggio intorno al mondo perché pensavo che sarebbe stata l’unica occasione per viaggiare: sono stati 40 giorni bellissimi. Ho ancora i filmini in video8, anche se non li ho mai visti”. Poi che cosa è successo? “A me e a mia moglie Irene è venuto in mente di fare Stargate, un programma che fondesse misteri e scienza. La prima puntata è andata in onda il 19/9/1999, e da quel giorno non mi sono più fermato. Ho viaggiato così tanto che ho dovuto cambiare diversi passaporti solo perché avevo finito le pagine dove mettere i timbri”. […] Come resiste lontano dai suoi affetti? “La tecnologia mi aiuta. Con WhatsApp e Skype vedo costantemente mia moglie e le nostre tre figlie. Una di loro, Angelica, mi ha detto una cosa bellissima: ‘Non so come fai, però sei riuscito a starci vicino come se fossi stato sempre dentro casa. Da piccola facevo quello che tu mi dicevi, adesso faccio quello che tu fai’”» (Savagnone) • «Il posto più bello che ha visto? “Le piramidi d’Egitto: le adoro. Se si potesse, tornerei ai tempi del cantiere di Cheope”. Il peggiore? “Angkor Wat, in Cambogia. Bella, ma c’è troppa povertà, decadenza, disperazione. Terribile”» (Scarpa) • «Gigante buono della divulgazione (è alto due metri)» (Fumarola). «L’aria rassicurante e pacifica nasconde la capacità di rischiare e uno spirito avventuriero» (Candela). «Ha un umorismo allegro, ama i giochi di parole» (Scorranese). «Roberto Giacobbo è pronto a tutto. Quando era in Rai l’abbiamo conosciuto in versione Kazzenger (rincorreva leggende metropolitane e “balle spaziali”), in versione Osvaldo Bevilacqua, in versione Piero Angela. A Mediaset, con Freedom, è l’uomo del sottosuolo: non c’è buco dove non si infili (a volte ci resta pure incastrato), non c’è cunicolo dove le sue telecamere non gettino un fascio di luce pieno di misteri» (Aldo Grasso) • «Da sempre attira molte critiche: perché? “Forse perché affronto tutti i temi, nessuno escluso. Il pilota ha visto in volo un oggetto non identificato? Io lo intervisto: perché non dovrei? A buttarmi giù, comunque, ci hanno provato soprattutto all’inizio. Ma non ce l’hanno fatta, e ormai hanno smesso”» (Scarpa). «Le rimproverano di dar voce alle opinioni dell’uomo qualunque. […] “È un’opinione: basta non spacciarla per quello che non è. Dico chi sta parlando, cosa dice, qual è la sua esperienza, lo ascolto, ma poi contrappongo quella di un esperto. Questo aspetto è un po’ scemato nel tempo. Ho imparato che anche la persona che ha studiato meno può darti l’intuizione che il grande professore, magari distratto da mille nozioni, si è dimenticato. Nei miei programmi ho contattato negli anni più di 400 professori e 150 università, che ci hanno aiutato a fare i testi e controllarli: non diciamo mai nulla che non sia verificato”» (Candela) • «L’hanno massacrata in tanti, a partire da Maurizio Crozza, che si è inventato Kazzenger. Mai offeso? “Se sei un personaggio pubblico, fa parte del gioco. Per 14 anni ho fatto satira in radio: davo voce a 34 personaggi. Insomma, ci sta la presa in giro. Però ho dovuto calmare i miei autori e qualche istituto di ricerca con il quale collaboriamo”. Ha mai parlato con Crozza? “Ci siamo incontrati una volta in un hotel a Milano. ‘Ma sei così alto?’. ‘Sì, e dico cose sorprendenti ma assolutamente vere’”» (Berbenni) • «Quali sono i suoi trucchi per tenere legati a sé lettori e spettatori? “Non sono trucchi. Studio bene la materia, cerco di renderla comprensibile e di stimolare un approfondimento. Se vogliamo che i giovani rimangano attaccati ai contenuti, dobbiamo fare in modo che questi contenuti abbiano appeal quanto un talent show”» (Berbenni). «Provo a fare tutto in prima persona. Mi piace stupirmi. Seguo una mia regola: non vado mai prima nei luoghi che devo raccontare. Studio tutto a tavolino, certo, specie se devo introdurmi in una caverna controllo le mappe con lo speleologo. Non sono un attore, sono un narratore. Ma le telecamere entrano con me in quel momento: lo stupore e le emozioni che trasmetto allo spettatore sono autentiche» • «La gente la riconosce? “Cerco di non mettermi in mostra, ma se mi riconoscono non mi tiro mai indietro, chiacchiero e faccio foto. Quando avevo otto anni mentre ero a passeggio con mia mamma ho incrociato Pippo Baudo. Lo salutai, ma lui non mi rispose. Così mi staccai da mia madre e andai a… ‘sgridarlo’. Si scusò e mi fece una carezza. Molti anni dopo gli ho raccontato questo episodio, ed è stato così carino da fingere di ricordarselo”» (Savagnone) • «Un progetto speciale non ce l’ha? Andiamo… “Mi piacerebbe fare un film”. Un film? “Sì. Una storia itinerante in cui succedono tante cose. Nasce tutto dalla mia esperienza di grande viaggiatore”» (Scarpa) • «Il mio aforisma è: “Solo chi sa ridere sa essere serio”» • «Ho sempre fatto una tv di contenuti mai noiosa. Per me l’unica possibile per fare divulgazione in maniera seria. Finora è andata bene».