Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  ottobre 25 Lunedì calendario

Biografia di Miranda Martino

Miranda Martino, nata a Moggio Udinese (Udine) il 26 ottobre 1933 (88 anni). Cantante. Attrice. «In fondo, ho scelto di fare l’attrice perché è una carriera che dura di più» (a Maria Pia Fusco) • Seconda delle tre figlie di un professore di economia e diritto alle scuole superiori e di una pianista, entrambi originari di Aversa. «Ho cambiato spesso città per via di mio padre. Era insegnante di economia e diritto, e quindi per il suo lavoro doveva spostarsi spesso». «Nata a Moggio Udinese, dove ha trascorso i primi sette anni di vita e dove è ritornata più volte. […] “Ricordo con grande vividezza un viale lungo, bianco, fiancheggiato da alberi, e in fondo una curva, dove c’era la mia casa: sembrava un quadro di Rosai. Ricordo l’asilo, le suore e il minestrone, di cui mettevo in tasca i fagioli per mangiarmeli dopo, senza il brodo. L’odore di quel minestrone, ce l’ho ancora nelle narici”» (Mario Brandolin). «Ero una figlia molto remissiva e obbediente, al punto tale che mio padre mi diceva sempre: “Ah, se avessi avuto una moglie con il tuo carattere dolce!”» (a Emiliano Reali). Durante la Seconda guerra mondiale, in fuga dai bombardamenti, la famiglia si trasferì più volte, stabilendosi infine a Roma. «Io non volevo fare la cantante: da ragazza avrei voluto fare la suora missionaria o la maestra elementare, infatti ho studiato alle magistrali. L’artefice del mio successo è stata mia sorella Adriana, che all’epoca cantava nel coro sinfonico della Rai, diretto dal maestro Nino Antonellini. Lei mi sentiva cantare in casa, perché a me piacevano i cori alpini e mi divertivo un sacco a fare le seconde voci e i controcanti. Nel 1955 è venuta a sapere che la Rai aveva bandito un concorso per voci nuove, e, a mia insaputa, mi ha iscritta. Alla Rai sono arrivate settemila iscrizioni. Un giorno è giunta la comunicazione, e, con mia mamma, senza il permesso di papà, mi sono presentata all’audizione» (a Stefano Paggioro). «Mi presentai piena di paura, con la convinzione di non essere adatta a quel tipo di mestiere, di non avere le qualità vocali e soprattutto di non avere nessuna esperienza. Cantai con la voce tremolante, ma intonata: riuscii ad arrivare alle semifinali, ma non alle finali. Quando lo seppi, tornai a casa delusa, sconsolata. Come facevo sempre, quando mi sentivo triste e scoraggiata, me ne andai al cinema: solo nel buio di una sala cinematografica le mie angosce, le mie inquietudini riuscivano a dileguarsi. Ricordo che al Cinema delle Terrazze di Roma davano Duello al sole. Ma quel diavolo di Adriana si dette tanto da fare con la commissione (tra cui i maestri Bruno Canfora, Armando Fragna, Pippo Barzizza) che questa ci ripensò, e fui ripescata. Mia sorella e mamma vennero di corsa al cinema per dirmelo. Arrivai in via Asiago e rifeci il provino: non avevo più paura e cantai con disinvoltura Mi specchio nel ciel, un successo di Doris Day. Fu la mia fortuna: dopo il concorso, andai a Torino per due mesi con gli altri vincitori, tra cui Tonina Torrielli e Marisa Del Frate, a studiare canto con i maestri Gian Stellari e Gianni Armand. Il gruppo delle quindici voci avrebbe dovuto sostenere un altro esame e tre sarebbero state eliminate: io come al solito entrai per il rotto della cuffia, Marisa Del Frate purtroppo fu esclusa: proprio lei, che poi sarebbe diventata una famosa cantante e soubrette». «Il tutto era finalizzato alla partecipazione al Festival di Sanremo, che, nel 1956, sarebbe stato riservato a sei nuove voci della canzone italiana. Le altre sei venivano destinate alle varie sedi Rai, in base alla città di provenienza, per cantare alla radio. Io non sono stata scelta per il Festival, e mi hanno mandata alla Rai di Roma e affidata all’orchestra di Bruno Canfora». «Da lì è iniziato tutto. Sono entrata dalla porta principale della Rai, senza avere nessun tipo di preparazione. Ho cominciato a lavorare molto e a diventare improvvisamente una cantante famosa» (a Francesca Monti). «A partire dal 1956 incide 78 e 45 giri, soprattutto di brani napoletani, finché nel 1959 va a Sanremo, al Festival di Napoli (con Solitudine) e ottiene la prima affermazione con Stasera tornerò, a cui seguono titoli come Just Say I Love Him (versione americana di Dicitencello vuje), Calda estate d’amore (di Renato Rascel) e Stringiti alla mia mano e Gaston (di Nico Fidenco)» (Enrico Deregibus). «Cosa ricordi […] del Festival di Sanremo? “La mia prima partecipazione è stata nel 1959, con una canzone scritta da Marcello De Martino intitolata La vita mi ha dato solo te. Ero in coppia con Jula de Palma: […] questa canzone non mi piaceva volto, però devo dire che mi ha dato, in soli tre minuti, la celebrità, incredibile a pensarci. Poi mi hanno invitata nel 1960, e ho cantato, senza entrare in finale, Invoco te e Vento, pioggia, scarpe rotte, entrambe in coppia con Gino Latilla. Sicuramente, le due canzoni migliori di Sanremo, le ho cantate nel 1961: Non mi dire chi sei, scritta da Umberto Bindi e cantata in coppia con lui, e Lady Luna del maestro Trovajoli, ripetuta da Jimmy Fontana”. Quali sono i motivi per cui, da un certo punto in poi, non hai più partecipato ai Festival? “Ho chiesto io alla mia casa discografica di non mandarmi più, perché preferivo fare le mie serate estive, e in inverno recitare in teatro. Nel 1961 mi ha chiamata Erminio Macario per far parte della commedia musicale Masaniello, coi testi di Corbucci e Grimaldi e le coreografie di Gisa Geert, assieme a Nino Taranto, e lì posso dire di aver iniziato a vivere. Sei mesi di teatro girando l’Italia con questi grandi attori, e in più, oltre che cantare, recitavo e ballavo. Questo per tre anni: poi per altri tre sono stata nella compagnia di Carlo Dapporto per un’altra commedia musicale, e poi sono passata alla prosa, stanca di fare la soubrette”» (Paggioro). «Nel 1963 c’è una svolta con Napoli, dodici classici partenopei arrangiati e diretti da Ennio Morricone. L’lp ottiene consensi di pubblico e di critica ed è seguito, l’anno successivo, da Le canzoni di sempre, su melodie italiane della prima metà del XX secolo. Nel 1965 la Martino intraprende l’attività di attrice in teatro e in tv e pubblica il secondo volume di Napoli, di livello ancora più alto del precedente. Due anni dopo è la volta di Operetta primo amore. Da quel momento accumula impegni teatrali di rilievo, tornando di tanto in tanto alla canzone» (Deregibus). «Cantante di successo (“Negli anni Sessanta guadagnavo 200 mila lire al giorno”), […] improvvisamente […] decise di fare l’attrice, cominciando con Les bonnes di Genet. “Scesi immediatamente a 20 mila lire al giorno, ma è una scelta che non rinnego. Ho avuto apprezzamenti molto incoraggianti”» (Fusco). «Mi sono dedicata al teatro perché volevo diventare un’attrice e ci sono riuscita. Ho lavorato con tanti grandi personaggi, come Totò, Michele Galdieri, Macario, Nino Taranto, Carlo Dapporto, Luigi Squarzina, Garinei e Giovannini. Ho recitato molto a teatro, e proprio perché ero sempre in tournée non ho potuto prendere parte a diverse trasmissioni tv. Ecco perché poi sono un po’ sparita. Cantavo e andavo a fare le serate. Fino al 1967 ho registrato i testi: l’ultimo è stato Se io fossi come te. Quando Mina l’ha sentito, mi ha chiesto di entrare nella sua scuderia. Poi non se n’è fatto nulla, perché lei non voleva far sapere la notizia alla stampa, invece è uscita sui giornali prima che si concretizzasse il progetto». «Ho fatto anche molto teatro serio, drammatico, di quello tosto, impegnato: da Le serve di Genet al Woyzeck di Büchner, da Delitto all’isola delle capre di Betti al Don Giovanni involontario di Brancati. Persino teatro delle donne, in tempi di giusto e condiviso femminismo». «Quali spettacoli teatrali ricordi con maggiore affetto? “Li ricordo tutti, ma, essendo tantissimi, te ne cito solo alcuni. Nel 1991 ho fatto la prosa, recitando in Liolà di Luigi Pirandello, esperienza indimenticabile, poi nel 1993 con mia sorella Adriana abbiamo fatto lo spettacolo So’ le sorbe e le nespole amare, e lo abbiamo portato anche in Australia, a New York e in Francia. Poi, sempre con Adriana, abbiamo fatto uno spettacolo dedicato a Sarah Bernhardt. Nel 1999 ho presentato Napoli senza tempo, dove cantavo canzoni napoletane antiche, recitavo il café chantant, la guerra, l’emigrazione e la sceneggiata, poi I miei anni Sessanta e Le donne di Brecht, di Viviani e le altre, altri due spettacoli meravigliosi, […] Arsenico e vecchi merletti per tre anni con Viviana Toniolo e Parenti serpenti”» (Paggioro). Ancora nell’autunno 2019, prima della deflagrazione della pandemia da Covid-19, era impegnata in un ciclo di concerti in cui interpretava canzoni tradizionali napoletane • Nel 2018 diede alle stampe l’autobiografia Caduta in un gorgo di torbide passioni (Iacobelli), in cui, tra l’altro, racconta di essere stata vittima di violenza sessuale da giovanissima, e di aver inoltre scoperto, all’inizio della sua carriera, che quello che considerava il suo fidato maestro artistico aveva diffuso fotografie scattatele a sua insaputa durante una sorta di orgia, cui la Martino avrebbe preso parte inconsapevolmente perché stordita dall’alcol. «“Ne venni a conoscenza tardi, anche se il linciaggio morale era cominciato presto e io non me ne ero accorta. Lo seppi da un amico molto stretto del ‘maestro’, che tempo dopo ebbe pietà di me e mi raccontò che nell’ambiente giravano alcune mie fotografie molto compromettenti, che il ‘maestro’ aveva avuto il coraggio di stampare e di consegnare a due cantanti famosi che io conoscevo bene”. Miranda bruciò i negativi che le furono consegnati, ma questo non l’aiutò più di tanto: era sicura che circolassero copie delle immagini di quella maledetta sera. Il terrore di vederle di nuovo l’atterriva e l’atterrisce tuttora. Un incubo che l’ha costretta a una carriera meno luminosa delle altre dive di quegli anni, e che l’ha obbligata a sperimentare altre forme d’arte oltre al canto. “Nel 2005 al Bagaglino, dove ero in scena con una commedia in cui impersonavo una gattara, mi arrivò una cartolina: ‘Abbiamo le tue luride foto: le metteremo su internet’. La persecuzione continua: devo ancora pagare il mio peccato!”» (Massimo Filipponi). In proposito, vale la pena rilevare che il 3 ottobre 1984 la Repubblica riferiva che «foto “osée” della cantante Miranda Martino sono state rubate dalla sua abitazione. La cantante ne ha dato l’annuncio, preoccupata che i ladri cerchino di vendere le sue immagini a qualche giornale. “Erano foto Polaroid che mi aveva scattato, nell’intimità, tre anni fa, mio marito Claudio Rossini”, ha detto la cantante. “Le conservavo in una busta di pelle che è sparita dopo l’irruzione dei ladri nella mia abitazione. Mi auguro che nessuno acquisti le foto per farne un uso illecito”» • Nel 1977 posò nuda per Playmen, a suo dire senza percepire alcun compenso, in quanto nella sua ottica la pubblicazione di quel servizio sarebbe stato un gesto di rivalsa rispetto alla diffusione clandestina delle sue foto intime • Rescisso il primo matrimonio col giornalista e attore Ivano Davoli (1931-2010), che l’avrebbe ripetutamente tradita, ebbe un figlio, Fiodor (in onore di Dostoevskij, autore da lei particolarmente amato), dal secondo marito, l’attore e sceneggiatore Gino Lavagetto (1938), dal quale pure divorziò, ma col quale è tuttora in buoni rapporti. «Per me è stato difficile vivere immediatamente il ruolo di madre, perché troppo coinvolta e responsabilizzata dai contratti firmati. Solo successivamente ho compreso l’importanza di questo legame unico e ho cercato di recuperare gli spazi persi, ma non con ottimi risultati» • Nel febbraio 1992, nel corso della trasmissione televisiva Lezioni d’amore di Giuliano Ferrara (Italia 1), dichiarò che, pur avendo già cinquantotto anni, intendeva sottoporsi a un’intensa terapia ormonale per poter poi ricorrere alla fecondazione eterologa, allo scopo di avere un figlio dal suo fidanzato diciottenne: «È un modo per sentirsi giovani di nuovo. Mi sento rinata accanto all’uomo che mi ha proposto di mettere al mondo una creatura». Due anni dopo, però, la donna dichiarò di non aver dato seguito a tale proposito. «Lo avrei fatto, lo avrei proprio fatto: un figlio a 58 anni. Una pazzia. Per fortuna, all’ultimo momento ho rinunciato. Mi sentivo bene, ma avevo un problema al fegato e i medici mi hanno sconsigliata. Adesso capisco che, anche se allora mi sentivo in forma perfetta, non avevo abbastanza energia per affrontare un’esperienza del genere. Anzi, l’idea mi era venuta proprio perché ero in un momento di grande difficoltà psicologica: attraversavo una crisi profonda, totale, e mi ero aggrappata a quella speranza, all’idea di ritrovare la gioia allevando un bambino» (ad Antonio Cianciullo) • «Non ho purtroppo mai avuto la sicurezza della mia faccia: lineamenti asimmetrici, naso troppo lungo… Ecco che sono ricorsa al chirurgo estetico. Ho sempre avuto il terrore che fotografi e operatori mi riprendessero dal lato sbagliato» (a Rossana Bartolozzi) • «Militante prima nel Partito radicale, poi nel Pci» (Fusco). «Non faccio televisione dal ’76/77, da quando arrivò Giovanni Salvi ho smesso di lavorare in tv. Forse è perché sono di sinistra, mi dicevo per giustificare l’esclusione. Poi sono arrivati i socialisti e non è successo niente, e anche lì trovavo la ragione nel fatto che io ero del Pci. Poi sono arrivati i miei compagni, e non è cambiato niente. […] Il fatto è che non ho mai avuto agganci, sono una isolata, ho sempre lavorato da indipendente. Invece gli agganci servono sempre, chiunque sia al governo». «Fui la prima cantante ad apparire nuda su Playmen: il Pci, il Partito radicale e il movimento femminista non me l’hanno mai perdonato» (a Giuseppe Videtti) • Impegnata anche in ambito sociale (tra l’altro, si esibì varie volte nelle carceri), nel 1990 pubblicò con Pino Bianco Uomini e droga. Interviste esemplari e mini-storia della droga (Ila Palma), «un libro-documento […] che nasce dall’esperienza vissuta […] lavorando con la comunità di tossicodipendenti di Brusciano. “Sono interviste ai ragazzi, e anche a uomini della politica e della cultura. Quello che viene fuori, pur se ogni opinione è diversa, è che una delle cause più comunemente riconosciute come colpevoli della tossicodipendenza è la desolata mancanza di valori in cui credere”» (Fusco) • «Una delle voci femminili più interessanti della canzone partenopea» (Deregibus). «Grande chanteuse» (Felice Liperi). «Udinese per caso, napoletana nell’anima. […] Un’artista che alla canzone italiana ha dato molto» (Videtti) • «La sua carriera è legata a doppio filo con Napoli e le canzoni napoletane. Qual è quella che ama maggiormente interpretare? “Quasi tutte le canzoni di Di Giacomo, ma la prima in classifica è Era de maggio, una poesia sia musicale che testuale, e poi c’è un pezzo che conoscono in pochi, che ha partecipato al Festival di Napoli del 1960, in cui anch’io ero in gara, cantata da Mario Abbate e Marino Marini: si chiama ’E stelle cadente, ha un arrangiamento strepitoso con un’atmosfera celestiale, stellare. Io l’ho ripresa, l’ho ricantata, con l’arrangiamento di Morricone che è di una bellezza da far venire i brividi. Tra quelle in italiano invece la mia preferita è Meravigliose labbra, che ho fatto in un take solo, con il testo di Sabel e Usuelli. […] Adesso invece va tanto di moda la mia canzone Meglio stasera, dal film La pantera rosa: non amo i computer, ma so che su internet questo pezzo piace molto”» (Monti). «A Napoli e alla canzone napoletana devo le più belle soddisfazioni della mia carriera» • «Ho pagato certe leggerezze, certi comportamenti superficiali che mi permettevo quando avevo molto successo e vivevo quasi distratta, senza contatto vero con la realtà». «Ho anche perso tanti treni. Oggi ci rido sopra, ma sono riuscita a rifiutare canzoni come Il cielo in una stanza, e ho rescisso il contratto con la Rca: arrivavo sempre ultima nei festival, volevo cambiare» (a Maria Antonietta Izza) • «Mi muove la passione. Sarà un luogo comune, ma senza passione non si arriva a cinquant’anni di questo mestiere [dichiarazione del 2006 – ndr]. Io ci sono arrivata, da sola con le mie forze: non ho avuto qualcuno che mi proteggesse o mi sostenesse. E questo è un rimpianto, nel senso che magari avrei faticato di meno, ma è anche grande motivo di orgoglio profondo, che mi fa stare in pace con me stessa e con il pubblico. Il che è cosa essenziale, assai importante per un artista di teatro» • «Ho fatto molta fatica a levarmi dalla pelle “la cantante della mossa”, ma quando sono diventata attrice ce l’ho fatta. Ho sofferto della prevenzione da parte di molti registi teatrali importanti perché ero considerata la cantante con i lustrini. Ma in teatro mi sono sempre divertita, e il pubblico mi ha sempre sostenuta e continua a farlo».