26 ottobre 2021
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Biografia di Margaret Mazzantini
Margaret Mazzantini, nata a Dublino (Irlanda) il 27 ottobre 1961 (60 anni). Scrittrice. Sceneggiatrice. Ex attrice. Sposata al regista Sergio Castellitto, con cui abita ai Parioli e a cui ha dato quattro figli • «È sempre uguale negli anni: snellissima, niente trucco» (Paolo Conti, Corriere della Sera, 22/7/2009) • «Viso di un’eleganza classica, quattrocentesca» (Bruno Quaranta, La Stampa, 2/4/1994) • «Scrittura densa e barocca» (Marisa Fumagalli, Corriere della Sera, 6/9/2009) • «Sapiente narratrice di sentimenti» (Isabella Bossi Fedrigotti, Corriere della Sera, 9/4/2011) • Tra le sue interpretazioni teatrali si ricordano i ruoli sostenuti in Le tre sorelle (1984-85), Antigone (1986) e Colpi bassi (1994). Vista al cinema in numerosi film, tra cui: L’assassina (Beat Kuert, 1989), Il sogno della farfalla (Marco Bellocchio, 1992), Festival (Pupi Avati, 1996), Il barbiere di Rio (Giovanni Veronesi, 1996), Libero Burro (Sergio Castellitto, 1999) • Dagli anni Novanta si è cimentata nella narrativa. Tra i suoi libri: Il catino di zinco (1994, premio Selezione Campiello); Non ti muovere (2001, premio Strega); Zorro (2002); Venuto al mondo (2008), Nessuno si salva da solo (2011), Mare splendido (2011), Splendore (2013) • «Ogni volta una fetta di fan che giura che gli hanno cambiato la vita e una fetta di arcigni col sopracciglio alzato che le conta metafore e aggettivi. In mezzo, il vasto silenzio assenso di chi legge e ricompra» (Maurizio Bono, la Repubblica, 6/12/2013) • Con il marito ha uno strettissimo sodalizio artistico: puntualmente lui trae un film dai suoi libri affidando a lei la sceneggiatura. Lei ha adattato per il teatro il testo de Il dubbio nel quale lui ha diretto Stefano Accorsi. Nel 2017 ha scritto la sceneggiatura del film diretto da lui Fortunata. «Insieme fanno la coppia più invidiata del nostro panorama cultural-mondano». «I due fanno notizia nei rispettivi lavori e, in modo complementare, nella moltiplicazione del loro binomio. Con un gioco di rimando dove pubblico e privato si mescolano sino a coincidere, sfumando i confini. Mirabilmente. Eccessivamente, dicono i maligni: “Rendono più separati che in coppia”. Su ogni romanzo di lei nasce ormai un film di lui, è vero; ma quella che può sembrare una premiata ditta è, verosimilmente, un sodalizio, autentico proprio perché globale. Margaret e Sergio alla fine vivono per raccontarsela, parafrasando Márquez: insieme» (Goffredo Buccini, Corriere della Sera, 26/07/2013) • «Vi si rinfaccia spesso di essere una fabbrichetta familiare. Tu scrivi, lui corregge le bozze. Tu sceneggi, lui gira il film. “Ma perché questa cosa della coppia dà così fastidio?”» (Vittorio Zincone, Sette, 3/2011).
Titoli di testa «“Cerca Margaret?”. La domanda arriva alle spalle, una domenica mattina quieta fino alla sonnolenza ai Parioli, Roma, edicole e bar tutti chiusi, mentre leggi il biglietto che dice “citofoni guasti” sul cancello della palazzina. Ti giri e Castellitto, che sta rientrando, nel frattempo ha già aperto con la chiave, chiamato a mezza voce “Maargaret!”, fatto un sorriso schivo, salutato ed è sparito dietro l’angolo» (Bono).
Vita «Sono nata Dublino, l’Irlanda è una terra di scrittori, piena di echi letterari, e gli irlandesi sono tenaci, si dice che siano i napoletani del Nord» (Fulvia Caprara, La Stampa, 13/5/2017). Figlia di Carlo Mazzantini, scrittore, ex volontario della Repubblica sociale italiana, e Anna Anne Donnelly, pittrice irlandese, «diversissima da lui, con un senso straordinario della luce e della vita». Si sono incontrati a Parigi, sposati in Spagna e hanno vissuto a Tangeri. «Si sono amati moltissimo» • Margaret è la terza di quattro sorelle: le altre sono Giselda (ora attrice col cognome d’arte Volodi), Moira (agente di cinema), Cristina (giornalista). «Eravamo quattro figlie, non avevamo tanti soldi». La loro casa per molto tempo è un furgoncino Volkswagen. «Siamo andati su e giù per l’Europa e oltre prima di fermarci: nella Toscana paterna e a Roma» (Quaranta). «Sono cresciuta fuori città, vicino a Tivoli, avevamo una sola macchina e mio padre se la prendeva per andare a lavorare alla Treccani. Noi stavamo là, isolate e facevamo i lavori della campagna. Per questo io sono un fenomeno nelle cose pratiche. Ho una manualità pazzesca». «So spennare i polli, togliere i vermi dai cavoli… A parte gli amori, possono togliermi tutto, e saprei ricominciare» (Zincone). «Avessi aperto un negozio di panini, li avrei fatti squisiti, in effetti cucino benissimo per la famiglia ogni sera» (Bono). «È vero che tu da ragazza non amavi la scrittura? “Vedevo mio padre…”. …Carlo, autore di A cercar la bella morte… “…ha lavorato quarant’anni allo stesso libro. Soffriva. Si sentiva un reietto. Era un trauma per me. Pensavo: col cavolo che mi infilo in un’attività così dolorosa”» (Zincone). «Avevo come un istinto, un olfatto, sentivo che da qualche parte qualcosa stava arrivando. Hillman, grande scrittore, pensatore, filosofo e psicologo che ho apprezzato tanto, racconta la metafora di Manolete: Manolete era il grande torero che da piccolo viveva attaccato alle gonne della madre. La moderna psicoanalisi direbbe che è diventato un grande torero probabilmente per reazione al fatto che fosse un bambino timido e spaventato. Un’interpretazione più magica potrebbe essere semplicemente che lui intuisse il suo destino e quindi lo rifuggiva. Io credo di aver intuito il mio destino fin da sempre, ma di averlo rifuggito, quindi per me questa vocazione nasce quasi come una negazione. Non era un mestiere che avrei voluto fare perché sentivo che sarebbe stato un percorso molto forte, intenso, probabilmente molto faticoso, perché in realtà scrivere è un po’ come tirarti via dal mondo per cercare di restituire qualcosa al mondo» (a Tra i Leoni, giornale degli studenti dell’Università Bocconi, 17/5/2014) • Così, dopo il liceo classico a Tivoli, decide di iscriversi all’Accademia nazionale di arte drammatica. Andrea Camilleri, che le è maestro, racconta: «Margaret per due anni non ha spiccicato parola» • «Il tuo esordio da attrice? “In Antropophagus, un horror B-movie diretto da Joe D’Amato. Poi ho recitato soprattutto in teatro”» (Zincone) • Nel 1982, con il debutto nell’Ifigenia di Goethe, viene definita dalla critica «la rivelazione del teatro italiano». «Il più bel complimento ricevuto in questi mesi? Lungo silenzio prima di rispondere. “Qualcuno ha detto che quando recito faccio tremare anche le sedie: mi è sembrato bellissimo...”» (La Stampa, 16/2/1983) • «Come è cominciata la sua storia con Sergio Castellitto? “Ci siamo incontrati allo Stabile di Genova, lavoravamo entrambi nelle Tre sorelle di Cechov. E infatti Genova è la nostra città del cuore”» (Caprara) • «Molto più belli di Celentano e Claudia Mori quand’erano la coppia più bella del mondo, molto più felici di Al Bano e Romina sulle note di Felicità, Margaret e Sergio sembrano starsi debitamente sulle scatole al primo incontro, come da copione. Recitano Tre Sorelle di Cechov allo Stabile di Genova, metà anni Ottanta. Lei fa Irina ed è più che una promessa: 22 anni, la chiamano “la nuova Duse”. Lui, quasi trenta, fa Tuzenbach, ed è sfuggito a un destino da ragioniere con un atto di coraggio (“lasciai il posto fisso, ero infelice, mia madre pensò fossi pazzo”). Lei, svezzata da un’infanzia appresso a un papà geniale e “maledetto” […], gli rompe le scatole a ogni passo sulla scena, un po’ maestrina e un po’ chioccia. Lui, scappato anche all’Accademia, scavezzacollo naturale, ha voglia di mandarla al diavolo. Non può che essere amore, ovviamente. Galeotta è la gloriosa A112 di Sergio, dove cominciano da buoni amici a dividere le spese della benzina. Prove tecniche di bilancio familiare. La passionaccia s’accende dopo pochi incroci» (Buccini) • Racconta lui: «Incontro questa donna a poco più di trent’anni, maschio tradizionale, a teatro. Una Dersu Uzala, non so se ricorda chi era, una creatura che esce dal bosco e che si sa mettere a rischio, un giardino in continua fioritura, perché un giardino finito è un giardino morto. Colpito dalla sua intelligenza del sentire, appunto, del saper guardare fuori, dell’affrontare il bene e il male intrecciati nelle persone e nell’umanità». Racconta lei: «“Ho seguito Sergio a Parigi, doveva fare una serie con Delon, ho rinunciato a una scrittura teatrale, e ho iniziato a scrivere. Avevo debuttato in palcoscenico giovanissima, ma sentivo che dentro di me c‘era qualcosa di censurato”. Mai stata gelosa? “Non si può essere gelosi di un uomo che ti chiama dieci volte al giorno. Ci siamo sempre fidati, nella massima libertà, ci teniamo per mano, ci facciamo una carezza”» (Caprara) • «Un prete irlandese li sposa, Sergio inanella quattro papere in pochi minuti di cerimonia. Senza scivolare nella psicanalisi d’accatto, è probabile che, come in ogni coppia che resiste, il segreto stia nella compensazione delle nevrosi. Lei, che deve avere vissuto l’infanzia con un ipertrofico superego appollaiato sulla spalla, si sente dire per la prima volta dal gattone: “Puoi stare tranquilla, ti devi rilassare”. Lui, che strappata dal suo karma la vita da ragioniere tenderebbe tuttavia a cedere a quella pigrizia che è il lato B della bonomia romanesca, ammette di amarla per mancanza, di adorare quella sua “meravigliosa qualità di migliorare sempre la giornata”, pur temendone la deriva “...di assolutismo islamico”. Le regalò un quadernone con Indiana Jones in copertina, “la diga si ruppe”, e lei ci mise cinque anni a scrivere il primo romanzo» (Buccini).
Famiglia Margaret e Castellitto hanno avuto quattro figli, ognuno dei quali ha per secondo nome Contento: Pietro Contento, Maria Contenta, Anna Contenta, Cesare Contento, nati rispettivamente nel 1991, 1997, 2001 e 2006. «Li abbiamo lasciati liberi di esprimersi, casa nostra è un circo Barnum». «Che tipo di madre è? “Una madre molto madre, metto sempre i figli prima del marito, anche troppo. Sergio si è adattato”» (Caprara). «Margaret, in casa, è soprannominata Mosè perché “tiene insieme tutta la baracca”, tosta come un patriarca. Sergio, morbido e sornione come un gattaccio del Colosseo, rovescia i luoghi comuni delle comuni famiglie con zampate lievi: “I silenzi di lei sono molto più interessanti delle mie parole”, “volevo un figlio che m’insegnasse qualcosa di importante”, “l’amore è roba da professionisti. E tanti c... Ma tanti!”, e così via» (Buccini).
Casa In una palazzina affacciata sui pini di villa Ada Savoia, in via Adelaide Ristori, a Roma. Prima, per tanti anni, hanno vissuto nel quartiere Prati.
Soldi «Se uno pensa che si facciano i film per diventare ricchi, è fuori strada. Ci sono le spese degli esterni, il cachet degli attori. La spinta è creativa, non venale» (Bono).
Politica «Sei considerata una scrittrice progressista. Firmi appelli e tutto il resto. Ti imbarazza scrivere per la Mondadori, casa editrice della famiglia Berlusconi? “No. La Mondadori è fatta da persone. Io con queste persone ho ottimi rapporti da più di dieci anni. Se qualcuno provasse a interferire col mio lavoro, non avrei esitazioni a lasciare. Ma non è mai successo”» (Zincone).
Religione Lei e il marito vanno a messa nella piccola chiesa di San Luigi Gonzaga di via di Villa Emiliani, nella parte più nobile dei Parioli.
Critiche/1 «I tre italiani più scarsi e sopravvalutati? “Umberto Eco, Dario Fo, Margaret Mazzantini”» (Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici, a Alessandro Rivali, Libero, 6/2/2011).
Critiche/2 Nel giugno 2013 blog e siti si sono riempiti della voce di un grande party finito a fescennino: aragoste e champagne bordo vasca, poi cori con chitarra e canzoni di Battisti, quasi all’alba urla dalle finestre intorno («E basta fa’ casino, siete i soliti comunisti!»), insulti rimbalzati nella pace interrotta della collina delle Muse (Bono).
Curiosità È alta 1 metro e 68 • A casa cucina lei • Non ha mai preso un anticoncezionale in vita sua • Le capita spesso di piangere mentre scrive i suoi libri. Si commuove pure il marito Castellitto: «Diventiamo due psicolabili» • Quando scrive prende in affitto un appartamento dove va solo per lavorare: «Mi assicuro che ognuno abbia le proprie cose, metto in moto la giornata e poi vado a scrivere» (a Pietrangelo Buttafuoco, First 6/2009) • Rituale seguito da Margaret Mazzantini ogni volta che decide di mettersi a scrivere: «Pulisco lo studio per un’oretta, spolvero, metto in ordine, lavo le tazze, parlo al computer, lo accarezzo e lo prego di non fare scherzi» • La prima versione di Venuto al mondo era lunga più di mille pagine («Io costruisco cattedrali di parole»), Castellitto l’ha aiutata a tagliarlo • Ha una brutta calligrafia • «L’unica cosa che mi può terrorizzare è la sofferenza degli altri» • Autori preferiti: Dostoevskij, Faulkner, Heinrich Böll, Marguerite Duras • Le sceneggiature che avrebbe voluto scrivere: Otto e mezzo di Fellini o Parla con lei di Almodóvar • Canzone preferite: Everybody hurts dei Rem • «Sai che cos’è Twitter? “Ancora? Non lo so. Con i computer mi faccio aiutare. Ma rispondo a tutte le email dei lettori”.
Te ne arrivano tante? “Sì. Competenti e appassionate. In Italia c’è un esercito di persone meravigliose”» (Zincone) • «Una volta te ne sei andata da una trasmissione di Raidue, perché stavano stroncando un tuo libro. “Quella era proprio un’imboscata. Lo sport nazionale è rosicare. Perché ce l’hanno con me? Perché vendo troppo? Spesso arrivano critiche personali da gente che non mi conosce. Olga D’Antona ha detto una cosa stupenda sull’odio e la conoscenza: ‘Hanno ammazzato mio marito perché non lo conoscevano’. Non voglio certo fare paragoni, ma è così”.
Vuoi dire che chi ti conosce poi non ti critica? “Chi conosce me e Sergio sa che non siamo la coppietta perfettina. Siamo devastati, stanchi. Precari. Il lavoro, i quattro figli… Non usciamo praticamente mai. Io cucino tutte le sere per tutti. Siamo una coppia normale. In un tempo pieno di zoccole dovrebbe essere una cosa positiva. O no?”» (ibidem).
Titoli di coda «Tempo fa, incontrai due signore che parlottavano, davanti alle casse di una libreria, attendendo il loro turno. Una delle due esibiva vari volumi di Margaret Mazzantini, stretti contro il corpo, e l’altra gli fece: “Ah, ti piace la Mazzantini?”. E lei: “Guarda, mi piace tutto, a me! L’importante è leggere!”. Spaventato, mi limitai ad assistere, passivamente, a trasmissioni radiofoniche e televisive, per una settimana, e le bollette da pagare me le feci leggere da un amico» (Paolo Bonari, Il Foglio, 11/1/2014).