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 2021  ottobre 29 Venerdì calendario

Biografia di Linus (Pasquale Di Molfetta)

Linus (Pasquale Di Molfetta), nato a Foligno (Perugia) il 30 ottobre 1957 (64 anni). Disc-jockey. Direttore artistico di Radio Deejay (dal 1994), la prima radio privata italiana (dove lavora dall’84 e dal 1991 ogni mattina alle 10 conduce con Nicola Savino Deejay chiama Italia), di Radio Capital (dal 2007), di m2o e di Deejay Tv. Fratello di Albertino. «Il dj diventa tale proprio per non ballare».
Vita «Vengo da una famiglia pugliese molto modesta, che si è trasferita a Milano negli Anni 60. Ci ho messo anni a superare la vergogna. Nome: Pasquale, in una città di Ambrogio. Cognome: Di Molfetta, nella terra dei Brambilla» (a Maria Elena Barnabi) • «Mio padre Michele era un operaio immigrato dal Sud negli anni Cinquanta. Stavamo in cinque in una casetta di due stanze. Mia sorella dormiva sul divano, io su un mobile apribile e Albertino in camera con i nostri genitori. Però la ricordo come un’infanzia bellissima, fatta di periferie, di caccia alle lucertole» • «Mio padre era un musicista dilettante con una grande passione, mia madre Maria era affascinata dai rotocalchi, dal varietà televisivo, dal mondo della moda. Sono cresciuto a pane e Alberto Lupo, e mio padre che solfeggiava le canzoni sentite in tv. Quando sono nate le prime radio private per me è stato automatico avvicinarmi» (ad Aldo Nove) • «A scuola ero la sintesi della famosa definizione: “È bravo ma non si impegna”. Capivo le cose velocemente ma in tredici anni di scuola dell’obbligo avrò studiato una settimana a essere ottimisti. Mi sono rimaste tre cose: la passione per la lettura, una discreta attitudine per l’inglese e l’italiano... sapevo fare solo i temi: li barattavo in cambio degli altri compiti» (a Chiara Maffioletti) • «Speravo di diventare pittore, illustratore, disegnatore, grafico. Sicuramente non avevo in mente la radio» • «Io, che in casa ero cresciuto a pane e radio e avevo ereditato la passione per la musica da mio padre, ho iniziato a Radio Milano 2 di Cinisello Balsamo, con Gerry Scotti, che ancora oggi considero uno dei 2-3 fuoriclasse di questo mestiere. Ero all’ultimo anno di liceo e per 2-3 anni la radio è rimasta un hobby. In fondo ci veniva chiesto solo di “legare” insieme due dischi. Facevo praticamente tutto, il dj, il magazziniere, il regista, e quando nell’84 sono arrivato a Radio Deejay, dove c’era uno che schiacciava i bottoni per me, mi sono sentito perduto» (a Marcello Prilli) • «“Quando non sono stato ammesso agli esami della quinta superiore, i miei mi hanno spedito in fabbrica. Ci sono stato per due anni, da 19 a 21 anni. Otto ore in catena, poi tre ore ai corsi di scuola serale, poi in radio fino a mezzanotte”. Anni formativi? “Fondamentali. La fabbrica nel 1977 mi ha insegnato il lavoro vero, la fatica. Per anni sono andato avanti con la radio facendo la fame. Arrivato alla mitica Radio Milano International, ero in stallo. Così nel 1984 partii per le vacanze dicendo: a settembre torno e mi cerco un lavoro vero”. Invece arrivò la chiamata di Claudio Cecchetto.
“Sì. Mi volle a Radio Deejay, la sua radio, che era già la migliore. Sono andato in onda il primo ottobre, e dopo un mese ero già in tv su Italia 1 a Deejay Television con Gerry. Uno sliding door pazzesco”. Peccato che dieci anni dopo i rapporti siano finiti malissimo. “Cecchetto vendette la sua radio, e poi cercò di riprendersela. Non ci riuscì e la proprietà la affidò a me e a mio fratello Albertino. Gli venne un rancore ingiustificato, non mi parlò per quindici anni, finché lo invitai alla festa per i trent’anni della radio. Non eravamo intimi, comunque, né lo siamo tuttora”» (a Maria Elena Barnabi) • «Il primo disco comprato? “Per noi ragazzini comprare un Lp era già un piccolo investimento. Così abbiamo fatto una colletta tra tre amici e ci siamo comprati Wish you were here dei Pink Floyd, Rimmel di De Gregori, una raccolta di Cat Stevens e Harvest di Neil Young. Li ascoltavamo a casa dell’unico dei tre che aveva un giradischi”. E il primo trasmesso in radio? “Wake up everybody di Harold Melvin. Ricordo anche giorno e ora: mercoledì 14 aprile, anno 1976, alle sei di pomeriggio. Sono stato fortunato a debuttare con un disco così bello perché in quegli anni si mandavano in onda anche tante stupidaggini. Fosse stato Ramaya di Afric Simone forse me ne vanterei meno”» (a Massimo M. Veronese) • «Io sono cambiato tantissimo. Lo switch è avvenuto nel ’94-95 quando sono diventato direttore. Fino ad allora ero un soldatino, facevo la radio in maniera molto basica anche perché nei primi anni ‘90 si faceva così, le radio private alla fine erano un po’ acqua fresca, non era che ci fosse molto contenuto. Poi da direttore è quasi come mi fossi liberato. Il Linus dei primi venti anni è un buon professionista ma tutto sommato abbastanza trasparente, quello di adesso ha una sua dignità e una sua personalità» (a Stefano Baldolini) • Dice che i successi gli fecero vivere «il periodo più brutto nel 2000 quando passammo in poco tempo da 4 a 6 milioni di ascoltatori. Che cosa fare di meglio? Un peso talmente grande che mi venne la depressione» (Roberto Pavanello) • «In radio faccio un programma semplice: parlo quasi esclusivamente dei fatti miei... Ma è proprio questo il punto: la gente apprezza il linguaggio diretto, senza fronzoli. Molto più che i commenti sull’attualità» (ad Alessandro Di Lecce) • Ha fama di «cattivo, cattivissimo» (Antonio Dipollina): «Su questa rappresentazione di me stesso ci ho sempre giocato, in realtà, e chi mi conosce bene lo sa. Dopodiché ho un ruolo da allenatore e devo fare delle scelte. A quel punto scatta la sindrome da fidanzata delusa, e quelli che rimangono bocciati hanno solo due alternative: una è quella di dire che se ne sono andati loro. L’altra di dire che sono uno stronzo» • «Con Fabio si favoleggia di scenate con urla. “Tutte leggende. A lui piace fare la vittima perché da bambino il padre gli dava poche attenzioni. È vero che ogni tanto gli faccio un’osservazione, ma sono il capo. Magari un paio di volte possiamo aver alzato la voce. Nell’ultimo anno, però, con la sua crisi matrimoniale ci siamo avvicinati, roba da uomini di esperienza”» (a Maria Elena Barnabi) • Nel 2001 è stato tra gli autori dello show tv di Celentano 125 milioni di cazz...te. Nel settembre 2021, ospite del Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani, ha detto che lavorare con Celentano è stato «umanamente utile, ma lavorativamente inutile: alla fine fa quello che vuole lui e ti senti un po’ frustrato» • Nella stagione 2013/2014 ha condotto in seconda serata su Raidue Il grande cocomero. «Fa il suo mestiere sottovoce, con esemplare professionalità. Ogni puntata intervista quattro personaggi appartenenti a mondi diversi. Porge le sue domande con garbo, mettendo a proprio agio gli ospiti. Non li aggredisce, né li prevarica. Se tutto questo vi sembra poco» (Massimo Tosti) • «Il suo errore più grande? “Non aver insistito con la tv. Tanti amici hanno fatto una bella carriera, io no. Di fatto con la radio mi sono rinchiuso in un ufficio. A volte, però, mi chiedo: adesso sarei più felice? Mi rispondo di no. È difficilissimo fare il loro lavoro”» (ad Andrea Scarpa) • Ha pubblicato il romanzo Qualcuno con cui giocare (Mondadori, 2007), storia di un ragazzino che nell’estate del ’69 scopre il sesso e l’amicizia, e Parli sempre di corsa (Mondadori, 2010), racconto su come la sua passione per la corsa gli abbia cambiato la vita • Un film, scritto e interpretato: Natale a casa Deejay (2004) con i volti della radio impegnati in una recita di sapore dickensiano: 200 mila copie prenotate in edicola prima dell’uscita • Fino a pochi anni fa non sapeva nuotare.
Politica Pro Veltroni: partecipò alla manifestazione milanese del Pd in piazza Duomo alla vigilia delle elezioni 2008. «Detesto l’attitudine italiana di non prendere posizione». Ha poi appoggiato il sindaco di Milano Beppe Sala.
Famiglia «Ho vissuto con i miei genitori fino ai 29 anni, quando mi sono sposato la prima volta. Fino ad allora il mio letto era una poltrona che aprivo la sera. Forse il mio primo matrimonio c’è stato più per la voglia di avere una casa che una moglie. Ero più attirato dall’idea di avere uno spazio mio che non dalla storia d’amore, che pure c’era. Ora il mio ufficio è la mia cameretta e anche la mia casa: non è da rivista, come quelle dei vicini. Ma mia moglie mi vieta di esporre troppe foto» (a Chiara Maffioletti) • «Che cosa non rifarebbe? “Eviterei di far soffrire la mia prima moglie”. La frequenta ancora? “Mai più vista dal ’92”» (ad Andrea Scarpa) • Sposato dal 2001 in seconde nozze con Carlotta Medas, grafica. Due figli, Michele e Filippo • Nel libro Fino a quando (Mondadori, 2020) ha raccontato della momentanea separazione con la moglie nel settembre 2010: «I nostri due figli erano ancora piccoli. Poteva essere l’inizio della fine. Invece ci siamo ritrovati e adesso stiamo molto meglio di prima. Ci ha salvato il sesso. È una cosa che ci fa sorridere: stiamo assieme da trent’anni, ma è come se fossero pochi mesi» • «Per i due anni in cui sono stato fuori di casa, sono riuscito a non far venir fuori niente. Siamo stati bravi a superarla insieme, ma tra i due quella brava è stata soprattutto lei. Le donne, si sa, sono più pazienti» (ad Andrea Frateff-Gianni).
Passioni Tifa per la Juventus • Ha corso molte maratone, specie a New York, e nel 2009 è diventato presidente onorario della Milano City Marathon. Nel 2005, inoltre, da questa passione è nata la “Deejay Ten”, corsa sui 5 e 10 chilometri. Nel 2007 battuto da Gianni Morandi, «ma siamo rimasti lo stesso amicissimi». Da qualche anno, a causa di diversi problemi fisici (tendini e schiena), va soprattutto in bicicletta.