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 2021  ottobre 29 Venerdì calendario

Una sola azienda cinese inquina più del Pakistan

Prendiamo la China Baowu, il più grande produttore di acciaio al mondo, capace di sputare nell’atmosfera più CO2 di un’intera nazione come il Pakistan (211 milioni di tonnellate). O la China Petroleum & Chemical, controllata dal colosso petrolifero Sinopec, che ha contribuito al riscaldamento globale più di quanto abbiano fatto Canada e Spagna insieme (733 milioni). O, ancora, la Saic Motor: 158 milioni, come l’Argentina. L’elenco è sterminato: Huaneng (317 milioni, tanto quanto il Regno Unito), Shagang (77 milioni, praticamente la stessa quantità di metropoli come Chicago e New Delhi messe assieme).
Nonostante il singolo cittadino cinese inquini la metà dell’americano medio, la Cina è responsabile di oltre un quarto (il 27,9%) di tutte le emissioni di CO2 del Pianeta. Il Dragone, da solo, ne produce tante quante Giappone, Russia, India e Stati Uniti insieme. Nel 2019 le emissioni di gas come anidride carbonica, protossido di azoto e metano sono arrivate all’equivalente di 14,09 miliardi di tonnellate di CO2, secondo i dati del Rhodium Group. Con decine di mastodontiche compagnie di Stato che inquinano più di intere metropoli, e addirittura interi Paesi. A rivelare i dati di questi titani dell’industria cinese, è stata una lunga inchiesta di Bloomberg condotta utilizzando le stime del Centre for Research on Energy and Clean Air che ha analizzato i dati pubblici delle compagnie in settori come quello automobilistico, dell’acciaio, petrolchimico e delle costruzioni.Pechino, medaglia d’oro nelle emissioni, è dunque l’osservato speciale alla Cop26 di Glasgow che si apre domenica. E proprio alla vigilia del vertice, dopo lunga attesa – il premier Li Keqiang lo aveva promesso già a marzo – il governo ha pubblicato il nuovo “libro bianco” su come la Cina intende agire negli anni a venire. Un documento che non altera i principi cardine già annunciati (picco delle emissioni da raggiungere entro il 2030 e neutralità carbonica 30 anni più tardi), ma dà qualche dettaglio in più su come il gigante asiatico vuole affrontare questa ambiziosa – e per alcuni molto ardua – sfida.
Ieri, inoltre, Pechino ha presentato ufficialmente i propri impegni sul clima alle Nazioni Unite. Ribadito l’obiettivo del picco delle emissioni prima del 2030, con la quota di combustibili non fossili che aumenterà al 25%; così come rimane la data del 2060 per raggiungere la neutralità carbonica. Ancora: riduzione delle emissioni di CO2 per unità di Pil di oltre il 65% rispetto al livello del 2005; portare la capacità totale installata di energia eolica e solare a oltre 1,2 miliardi di kilowatt entro il 2030. Questi, invece, gli obiettivi principali del libro bianco: tra cinque anni tutti i nuovi edifici saranno costruiti secondo standard “verdi”, con i pannelli solari che installati nella metà degli edifici pubblici. Entro il 2030 il 40% dei nuovi veicoli viaggerà grazie all’energia pulita. I trasporti ecologici raggiungeranno quota 70% nelle città con più di un milione di abitanti.
Non tutti gli analisti sono però ottimisti visto che gli obiettivi presentati all’Onu non spiegano quale sarà la traiettoria delle emissioni in questo decennio. «Alla luce delle incertezze economiche interne, il Paese sembra riluttante ad abbracciare obiettivi più forti a breve termine e ha perso l’opportunità di dimostrare la propria ambizione», ha commentato su Twitter Li Shuo, di Greenpeace East Asia. «Pechino deve elaborare piani più sostanziosi per garantire un picco di emissioni prima del 2025. Il pianeta non può permettersi che questa sia l’ultima parola».
Con Xi che resterà a casa, a rappresentare il Paese al vertice in Scozia ci saranno l’inviato per il clima del presidente, Xie Zhenhua, e il viceministro dell’ambiente Zhao Yingmin. Ma la transizione sarà tutt’altro che facile: per le preoccupazioni sulla sicurezza energetica, per la stabilità economica, per i potenti interessi locali e delle gigantesche imprese statali che spingono la Cina dalla parte opposta. Come quei colossi che inquinano come intere nazioni.